MODA: PRONTI A RIPARTIRE – Pubblicato su CPMC 1/2021
Il nostro know-how è un patrimonio unico.
Intervista a: Cirillo Marcolin, Presidente Confindustria Moda
La sfida delle sostenibilità è intrinseca alla filiera della moda made in Italy. Secondo Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria
Moda, non solo è pronto alla sfida, ma è pronto a rilanciare. Ma prima occorre fare di tutto in questa fase emergenziale “per salvare il know-how che ci rende unici al mondo, che non sarà possibile né replicare né ricostruire una volta perduto”. Il numero uno delle imprese della moda indica poi un’altra emergenza: la crescita dimensionale delle aziende. “Bisogna superare il concetto di una “Moda unita” per approdare a quello di una “Moda unica”.
La transizione ecologica di una filiera complessa e articolata come quella della moda richiede senz’altro massicci investimenti in ricerca e sviluppo. Si aspetta delle misure specifiche di sostegno dal Piano nazionale di ripresa?
La sostenibilità può diventare uno dei fattori di competitività della Moda Made in Italy. Partiamo infatti già da un vantaggio strategico, che è quello di essere l’unico Paese al mondo oltre la Cina ad avere una filiera integrata a monte e a valle, quindi a poter garantire elevati standard qualitativi in ogni fase di elaborazione del prodotto finale. La grande attenzione che consumatori prestano al tema potrà quindi spingere le aziende ad avvalersi sempre di più del nostro know-how, stimolando anche il fenomeno del reshoring, che dovrà tuttavia essere incentivato da riforme nelle normative che rendano appetibile per le aziende tornare a produrre in Italia. Il presupposto per il verificarsi di questo scenario è tuttavia la possibilità delle nostre PMI di innovarsi si e, appunto, investire in ricerca e sviluppo. Perché questo possa realizzarsi è necessario introdurre strumenti che favoriscano e incentivino la crescita dimensionale delle imprese, attraverso fusioni, aggregazioni o associazioni, in modo che le nostre aziende possano accrescere il proprio patrimonio finanziario ed essere maggiormente in grado di gestire opportunità e sfide.
L’industria italiana della moda ha perso 25 miliardi di euro nel 2020 rispetto al 2019. Quali sono le misure che si attende dal Governo per rilanciare il settore?
La verità è che ogni azione per il rilancio del settore viene dopo il successo della campagna vaccinale. La Moda infatti vive di fiere, eventi, movimento e persone, prima riusciremo a rimuovere le limitazioni agli spostamenti, prima sarà possibile per noi ripartire. Per questo per la ripartenza è fondamentale che la diffusione del vaccino sia più veloce e capillare possibile. Detto questo, le aziende che compongono il nostro settore tendono ad essere di piccole dimensioni, e sono le maggiormente colpite dalla crisi, dopo quelle del turismo. La sfida è tutelare l’eccellenza del Made in Italy e salvare il know-how che ci rende unici al mondo, che non sarà possibile né replicare né ricostruire una volta perduto. A tal proposito sarà fondamentale prevedere ristori e indennizzi anche a fondo perduto che permettano alle aziende di riorganizzarsi e ristrutturarsi, salvando così le competenze.
Il passaggio “forzato” agli store digitali determinerà, secondo molti osservatori, un cambiamento strutturale nelle abitudini di acquisto dei consumatori. È così?
Il mutamento che stiamo riscontrando nelle abitudini dei consumatori segue diverse direttrici, e la digitalizzazione è solo una di queste. Sicuramente l’e-commerce in questo ultimo anno ha visto un’importante accelerazione ed è stato una vera e propria ancora di salvezza per il mondo del Fashion, che altrimenti avrebbe accusato la crisi in maniera ancora più dura. Tuttavia è troppo limitativo pensare che la trasformazione ruoti solo attorno a questo punto. È infatti possibile notare come ci sia stata un’importante crescita del ruolo dei negozi di prossimità, complici anche le limitazioni agli spostamenti che hanno coinvolto tutti. Infine è importante notare che questi ragionamenti vengono fatti senza considerare una componente fondamentale per il nostro comparto, che è quella del turismo internazionale. Per questo mercato infatti rimarranno centrali i poli dello shopping dei centri città.
Confindustria Moda riunisce circa 67mila imprese, in gran parte imprese uniche, che spesso per generazioni hanno elaborato e messo a punto un know-how irripetibile. Come possono sopravvivere a questo cambiamento epocale?
Le sfide che il mondo e il nostro tempo storico ci stanno mettendo davanti stanno evidenziando come uno dei principi che per anni ha guidato il nostro settore in Italia non sia più valido. “Piccolo e bello” infatti non è più sufficiente per far fronte alle necessità di un mercato ormai globale. Dalle nuove sfide in termini di sostenibilità, digitalizzazione e presenza sui mercati internazionali, è necessario che le nostre PMI consolidino le loro strutture conglomerandosi in realtà più ampie e forti. Inoltre, per riuscire ad affrontare questo momento e uscirne più forti di prima, tutto il settore del Fashion in generale dovrà sempre di più agire in maniera sinergica, superando addirittura il concetto di una “Moda unita” per approdare ad una “Moda unica”.
A cura di Gaetano Amatruda, Ufficio Stampa SSIP
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