Impiego di scarti di cuoio e nanocellulosa per lo sviluppo di materiali compositi leggeri e ritardati alla fiamma

A cura di L. Abbà, A. Fina e F. Carosio – Politecnico di Torino

Apparso su CPMC 1/2024

L’industria conciaria è uno dei settori manufatturieri più antichi al mondo che ad oggi presenta alcune sfide a livello scientifico e tecnologico al fine migliorarne la sostenibilità ambientale. La lavorazione e produzione della pelle è un processo basato su diversi step che, oltre a richiedere l’utilizzo di grandi quantità di acqua e sostanze chimiche produce anche grandi quantità di
scarti sia liquidi che solidi. Attualmente la maggior parte dei rifiuti solidi prodotti dopo la fase di concia viene smaltita all’interno
di discariche o bruciata con conseguente contaminazione del suolo e delle acque limitrofe (Muralidharan et al., 2022). Il riutilizzo e riciclo di questo tipo di rifiuti rappresenta una grande sfida nell’ottica di ridurre l’impatto ambientale e dirigersi verso lo sviluppo di un’economia più sostenibile. Gli scarti della rasatura della pelle si presentano sottoforma di fibre eterogenee ricche di proteine, in particolare di collagene. Diversi studi propongono quindi l’utilizzo di queste fibre per estrarre sostanze chimiche, quali cromo o idrolizzati proteici, oppure utilizzarle per la produzione di materiali assorbenti o come filler in materiali compositi (Pati et al., 2014). Il campo dei materiali a bassa densità rappresenta un’ottima possibilità per la valorizzazione delle fibre animali. Attualmente lo stato dell’arte si basa sull’utilizzo di materiali sintetici come le schiume di poliuretano o di polistirene che presentano diversi problemi di sostenibilità e di infiammabilità (Gama et al., 2018). In un contesto di continua crescita di tematiche legate alla tutela dell’ambiente e riutilizzo delle risorse, la produzione di materiali a bassa densità a base di fibre naturali si inserisce come una valida alternativa ai prodotti sintetici. L’utilizzo delle fibre per la produzione di network porosi leggeri e stabili nel tempo rappresenta tutt’oggi una sfida in ambito scientifico. L’utilizzo di complessi di polielettroliti (PECs) a base naturale in combinazione con processi di schiumatura  a base acquosa rappresenta una possibile soluzione. Nell’ambito del progetto Solaris, il gruppo di ricerca del Politecnico di Torino in collaborazione con la Stazione Sperimentale
per l’industria delle Pelli e delle Materie Concianti ha focalizzato il proprio lavoro sull’utilizzo degli scarti della rasatura come
agente rinforzante all’interno dei PECs per la produzione di materiali compositi resistenti alla fiamma. La complessazione elettrostatica di componenti bio-based è considerata un approccio green per lo sviluppo di materiali (Otoni et al., 2020). Infatti, la produzione di PECs viene normalmente realizzata in ambiente acquoso senza l’impiego di reagenti tossici ed è facilmente scalabile a grossi volumi di produzione. La formazione dei complessi di polielettroliti avviene mescolando soluzioni acquose di policationi e polianioni ed è principalmente guidata da processi entropici. A livello macroscopico la complessazione può portare ad una separazione della fase liquida in una fase surnatante molto diluita e una fase densa ricca di polimero. La fase densa può essere sottoforma di complesso solido o di coacervato liquido a seconda delle interazioni tra le catene polimeriche.
La temperatura, il tipo di polimeri utilizzati, il pH e la forza ionica rappresentano parametri che possono essere controllati in modo da influenzare il processo di formazione dei PECs (Meka et al., 2017). Grazie alla formazione di legami ionici a livello molecolare, i PECs presentano proprietà uniche come ad esempio elevata resistenza meccanica, eccellente stabilità termica e ritardo alla fiamma. Queste caratteristiche li rendono dei candidati ideali per la produzione di compositi ibridi basati su scarti dell’industria conciaria. Per questa ragione la gelatina e le nanofibre di cellulosa carbossimetilate sono state selezionate come componenti naturali per la preparazione di gel concentrati di PECs. Le fibre di collagene sono in seguito state disperse all’interno del gel e liofilizzate in modo da ottenere un materiale poroso con densità di circa 120 kg/m3. La morfologia e la composizione sono state analizzate mediante analisi al microscopio elettronico (SEM). Le proprietà meccaniche e di ritardo
alla fiamma sono state esaminate tramite test a compressione e di infiammabilità. Le analisi al SEM hanno evidenziato la formazione di un reticolo tridimensionale in cui le fibre sono immerse e tenute insieme dalla matrice costituita dal complesso di polielettroliti. I test a compressione hanno mostrato un buon comportamento meccanico con un modulo a compressione di 0.7 ± 0.1 MPa dovuto alla buona all’interazione tra le fibre e la matrice. Inoltre, durante le prove di infiammabilità, effettuate sia in configurazione orizzontale che in quella verticale, non si è osservato innesco e propagazione della fiamma lungo il campione evidenziando dunque ottime proprietà di reazione al fuoco. Questo comportamento può essere attribuito alle fibre di collagene che presentano proprietà di ritardo alla fiamma intrinseche. L’approccio proposto rappresenta dunque una strategia promettente per la valorizzazione di scarti il cui smaltimento sarebbe altrimenti complesso. In un’ottica futura, la versatilità dei PECs permetterà di controllare le proprietà dei materiali prodotti ottenendo un bilanciamento ottimale tra performance e sostenibilità.

 

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