Ricerca e innovazione: Enzimi di una nuova politica industriale

SCENARI & STRATEGIE GREENPubblicato su CPMC 1/2021

 

Intervista a: Luigi Nicolais, Consigliere scientifico Stazione Sperimentale Pelli

 

“La chimica italiana sta rinascendo e lo sta facendo nel segno del verde”, Luigi Nicolais, emerito di scienza e tecnologia dei materiali all’Università Federico II di Napoli, Consigliere per le Politiche della Ricerca del Ministro Maria Cristina Messa, è tra i più autorevoli esperti al
mondo di innovazione legata alla ricerca applicata. Il suo giudizio sulle potenzialità della bioeconomia è di quelli che pesano. E proprio per questo inducono a spingere sull’acceleratore di una transizione che proprio perché ecologica sarà anche conveniente dal punto vista economico.

 

Sull’esempio di Francia e Spagna anche l’Italia si è dotata di un Ministero specifico dedicato alla “Transizione ecologica”. Come può incidere questa scelta nel percorso avviato dal sistema produttivo verso un’economia più sostenibile?

Se non c’è una spinta politica non si fa molta strada e quindi plaudo senz’altro all’iniziativa del Governo. Sapere che c’è un forte interesse politico su un settore vuol dire far sentire più sicure le aziende che, altrimenti, non si sentirebbero mai pronte a investire anche solo un centesimo in più in nuovi materiali e nuove tecnologie verdi. Ne ho un’esperienza diretta.

 

Quale?

Qualche anno fa ho brevettato un materiale assorbente in cellulosa totalmente biodegradabile. Era, ed è, adatto alla produzione di pannolini, quindi parliamo di un mercato molto grande e di conseguenza di un prodotto ad alto impatto ambientale. Bene, quel prodotto non venne usato perché non c’era un chiaro vantaggio economico. Ecco, non c’era una direzione politica. Oggi invece, con i governi nazionale ed europeo impegnati a creare condizioni di vantaggio per chi investe nel settore, le cose possono cambiare e in fretta.

 

A proposito di mercati, quello della moda è un altro settore molto importante che sta investendo sulla sostenibilità.

Sì e in questo quadro la filiera conciaria ha maturato un’esperienza molto significativa. Un lavoro di ricerca molto approfondito si sta facendo con il supporto della SSIP anche sull’eliminazione integrale dei metalli pesanti dal ciclo produttivo. Oltre agli interventi di recupero degli scarti, la svolta sta infatti nell’eliminare completamente questi prodotti dal ciclo. Una cosa impensabile fino a pochi anni fa e che invece la ricerca rende possibile. E non è un caso che molti di questi passi in avanti vengano dalla filiera conciaria, che per vocazione trasforma un rifiuto non utilizzabile in un prodotto utilizzabile e ad alto valore aggiunto.

 

La bioeconomia può considerarsi al centro di una nuova politica industriale?

Lo dovrebbe. Nel 2017, il totale delle attività ad essa riconducibili hanno generato un output in Italia di circa 328 miliardi di euro, occupando oltre due milioni di persone, vale a dire un decimo circa del totale dell’economia del nostro Paese. Ma non è solo questo, le faccio un esempio.

 

Prego.

Quando parliamo di polimeri biodegradabili possono generarsi delle ambiguità. Non tutti i polimeri sono biodegradabili in ogni condizione, molto lo sono a condizione controllata, e cioè a certe temperature, in presenza di acqua, e così via. Una biodegradabilità per sé è difficile accoppiata a una buona resa meccanica. Questo vuol dire che vanno create le aree di compost in grado di processare materiali biodegradabili a condizioni controllate, c’è un pezzo di filiera di economia circolare su cui investire e che promette grandi ritorni, economici e ecologici.

 

A cura di Gaetano Amatruda, Ufficio Stampa SSIP 

 

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