Con il PNRR avviare un processo radicale di cambiamento culturale
Intervista a Luigi Nicolais, Consigliere Scientifico SSIP a cura di Gaetano Amatruda, Ufficio Stampa SSIP
Pubblicato su CPMC 1/2022
Il PNRR, sarà opportunità per il Paese?
Il PNRR vorrei chiarirlo da subito, non è la soluzione ma uno strumento fondamentale per la crescita e l’ammodernamento del Sistema Italia. Dei 191, 5 miliardi che stanno arrivando solo una parte è a fondo perduto, la restante parte sarà erogata sotto forma di prestito. Questa è l’idea alla base del PNRR, avviare un processo radicale di cambiamento culturale che passi attraverso la semplificazione della Pubblica Amministrazione, l’ammodernamento della giustizia e una trasformazione anche nel modo di pensare e fare impresa passando attraverso la formazione. Si tratta di un paradigma umanistico che ancora oggi è legato ad un retaggio culturale: fino a quando vivremo in un mondo in cui esistono due tecnologie che si fanno concorrenza, la nuova tecnologia avrà sempre più difficoltà della vecchia ad affermarsi ed essere quella che viene sviluppata maggiormente. Vivere in un mondo con due tecnologie, una a cui si è molto affezionati (quella della carta e della penna con si è vissuto per molti anni) ed un’altra che non si riesce a comprendere fino in fondo, genera resistenza. Si tratta di un cambiamento particolarmente difficile perché riguarda non solo aspetti meramente pratici, ma soprattutto di carattere psicologico e sociale, rilevando la necessità di limitare l’uso della vecchia tecnologia per poter avviare una reale transizione chiara, rapida, che permetta di allinearci al resto del mondo. In questa prospettiva si inserisce la Missione1 che racchiude la digitalizzazione, l’innovazione, la competitività e la cultura, discipline accorpate in un unico capitolo del PNRR per sottolineare l’interdipendenza e la connessione strategica tra i diversi ambiti.
Il settore conciario ha dovuto, negli ultimi decenni, lavorare duramente per superare i pregiudizi dei consumatori riguardo agli spetti di sostenibilità delle produzioni in cuoio; un esercizio che a Suo avviso potrà, per contro, costituire un vantaggio per la filiera, che ha operato e opera in maniera progressivamente crescente per promuovere quella svolta green, che ad oggi rappresenta uno degli obiettivi primari del PNRR?
È necessario evidenziare come si sia registrata negli ultimi anni una crescita evidente delle aspettative del mercato di consumo per i prodotti “bio”, di bio-ispirazione e per lo sviluppo di nuovi materiali per sostituire o integrare le materie prime ad alto sfruttamento.
Si tratta di creare materiali a partire dagli elementi costituitivi della natura, sviluppando nuove funzionalità e proprietà, ad esempio l’uso del lievito per far crescere il collagene, la più importante proteina che si trova nella pelle. Questi sono nuovi materiali, la massima espressione del paradigma degli smart materials, che generati in laboratorio possono essere facilmente manipolabili dai nostri ricercatori partendo da un livello molecolare, attraverso la creazione di alternative eco-friendly definite “pelli vegane”.
Un altro esempio di particolare rilevanza che sta emergendo sul mercato, è la pelle prodotta facendo crescere le cellule del micelio – la radice dei funghi – nutrite con segatura. In questo modo si ottengono ampi fogli di schiuma morbida, che viene poi processata e tinta, trasformandosi in un materiale simile al cuoio. L’uscita sul mercato dei primi prodotti di cuoio creato in laboratorio è un enorme primo passo. La domanda di questi nuovi materiali è in crescita, ma come ogni innovazione veramente rivoluzionaria, ci vorrà un po’ perché l’industria la adotti su larga scala.
Oggi l’Italia rappresenta un esempio virtuoso in ambito di ricerca e innovazione con la sua posizione di leadership internazionale di settore in termini di qualità e fatturato (incidenza pari al 65% del totale UE e al 22% del totale mondiale).
Per queste ragioni, la prospettiva di produrre materiali green che non solo hanno un minore impatto, ma possono davvero giovare all’ambiente, è enormemente significativa, per la filiera perché in questo settore l’Italia è tradizione, ma soprattutto futuro.
Transazione ecologica, ma anche digitalizzazione e in generale adozione di soluzioni tecnologiche sfidanti: il settore è nel complesso pronto per beneficiare delle opportunità derivanti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Ci sono preoccupazioni?
Sostenibilità e innovazione, da sempre considerati due elementi in contrapposizione paradigmatica, oggi, sono accomunati da un legame profondo che permea tutti i processi di governace e le operations delle imprese. La crisi globale causata dalla pandemia di covid-19 ha accelerato la transizione verso un’economia circolare, provocando cambiamenti che avranno effetti duraturi e che rischiano di lasciare indietro le società che non sono pronte ad abbracciare un’esistenza più tecnologica e sostenibile. Ritengo che le imprese nel settore conciario stiano avviando già da tempo una vera rivoluzione, ma non tutte sono pronte al cambiamento ed è facile incorrere in fenomeni di Greenwashing, perché non sono ancora chiari i benefici reali della sostenibilità e le azioni in tal senso risultano mere attività di marketing.
Solo da qualche anno nel nostro Paese si sta affrontando la tematica a livello politico, un esempio è la recente istituzione del Ministero della Transizione ecologica. L’innovazione, quindi non è solo tecnologica, ma soprattutto sociale, di processo, ‘disruptive’ nel rispetto dei paradigmi di Etica, Responsabilità Sociale e Sostenibilità, capace di minimizzare le esternalità negative e mettere in circolo tecnologie innovative, esperienze culturali, sociali e di business e capaci di soddisfare tutte le categorie di stakeholder. In questa prospettiva, il processo di transizione green e digitale è fondamentale al fine di raccontare a tutti gli stakeholder la dimensione strategica e gestionale che dovrebbe identificare e contraddistinguere il business model delle nostre imprese in linea con i Global Goals delle Nazioni Unite.
Per restare in tema di tecnologie evolute come boost per lo sviluppo di un settore “tradizionale” come quello conciario, ritiene che vi siano attualmente le competenze necessarie tra gli operatori e tecnologi del comparto cuoio? Sarà necessario prevedere contestualmente un impegno sul fronte della valorizzazione del capitale umano? la partita del PNRR c’e’ spazio, e quale, per questa opzione?
Nel Secondo l’ultimo rapporto OCSE “Going for Growth 2021” la fase post pandemica, sta offrendo all’Italia una straordinaria occasione per affrontare gli ostacoli che hanno condotto al lungo periodo di stagnazione economica. In questa prospettiva nell’ambito del PNRR diventa cruciale per un settore tradizionale come quello conciario, il tema del reclutamento al fine di ridisegnarne le modalità di selezione in tempi brevi dei nostri giovani più meritevoli, importando le migliori menti e attingendo anche al serbatoio di competenze, sulla base di modelli che consentano di attrarre e trattenere le professionalità maggiormente qualificate e contrastare il ricorrente fenomeno dello human capital flight.
Perché quando si parla di Industria’ 4.0 significa riportare al centro di tutti i processi la persona, si deve parlare di innovazione umana, laddove si incontrano professionalità, passione, creatività e capacità di innovazione sociale.
Vuoi ricevere la copia di CPMC? Iscriviti QUI per leggere la rivista ufficiale della Stazione Pelli e non perderti i prossimi numeri.