Economia circolare e Additive Manufacturing: riuso dei sottoprodotti del cuoio

 

A cura di Luca Giorleo, Gruppo di Tecnologie e Sistemi di Lavorazione – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale
Università degli Studi di Brescia

Pubblicato su CPMC 1/2022

 

Sotto la spinta dei grandi gruppi della moda e dell’automotive il mondo conciario sta rivoluzionando il proprio paradigma produttivo attuando nuovi modelli di business basati sul concetto di economia circolare e sviluppo sostenibile mediante l’efficientamento energetico, la riduzione delle emissioni di carbonio ed il riuso di scarti derivanti dalla produzione industriale. Ciò risponde anche agli impegni fissati nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile che, se da un lato prevede l’ottimizzazione della gestione delle risorse naturali in ingresso ai processi, dall’altro lato richiede la minimizzazione dello smaltimento degli scarti di lavorazione, che devono essere reintrodotti quanto più è possibile nel sistema industriale
per la produzione, ad esempio, di nuovi materiali.

 

L’enorme produzione di scarti solidi da parte delle concerie sta determinando una transizione delle imprese che, in molti casi, si stanno riconfigurando non più esclusivamente come produttori di un’unica materia prima (il cuoio), ma anche come fornitori di sottoprodotti dai rifiuti generati. Con particolare riferimento agli scarti solidi della lavorazione conciaria, che rappresentano più del 30% dei rifiuti prodotti, il loro recupero e riutilizzo è già largamente sviluppato soprattutto in settori come quello farmaceutico, chimico (produzione adesivi, collanti), della cosmetica e agricolo (fertilizzanti e mangimi). In particolare, gli scarti derivanti dalle prime fasi di lavorazione della pelle, ovvero prima della stabilizzazione della concia (grezzo), sono principalmente il collagene e le proteine che vengono destinati a prodotti farmaceutici e cosmetici oppure per i fertilizzanti in agricoltura. Se ci focalizziamo sugli aspetti della scienza ed ingegneria dei materiali, per quanto riguarda gli scarti di pelli già
processate, i residui solidi conciati come le rasature hanno già trovato mercato come riempitivo di polimeri per la produzione di altri materiali come il rigenerato di fibre di cuoio (materiale da rivestimento, rif. EN 15987:2015); altri scarti, come quelli di rifilatura, che possono quindi contenere chemicals delle fasi di riconcia, tintura, ingrasso e rifinizione, invece, hanno trovato il proprio riutilizzo in articoli di piccola pelletteria o calzature dopo riassemblaggio in patchworks. In generale, nell’ottica della
circolarità, il riciclo ed il riuso degli scarti solidi di lavorazione possono trovare uno sbocco di mercato nella progettazione di
nuovi materiali come rinforzo o riempitivo di matrici polimeriche; ciò sia a partire dall’uso diretto previa polverizzazione che a seguito di idrolisi, con o senza funzionalizzazioni ad hoc per migliorarne l’interazione. In letteratura sono noti studi di progettazione di materiali compositi con matrici termoplastiche (PS, PP, PE e PVA’s) caricate con fibre di cuoio anche mediante polimerizzazioni in situ con altri polimeri al fine di aumentare la compatibilità con le matrici. In particolare, è stata rivolta grande attenzione su polimeri termoplastici biodegradabili come PHB, PHBV e PLLA per la costituzione di materiali sempre più eco-compatibili.

 

A tale scopo tra le tecnologie che consentono ad oggi di testare queste nuove tipologie di materiali in maniera rapida e sostenibile c’è la stampa additiva. A tale proposito, le aziende hanno iniziato ad integrare una serie di tecnologie emergenti/
abilitanti che cambieranno radicalmente il modo di progettare, produrre e utilizzare i prodotti. La manifattura additiva (Additive
Manufacturing), meglio nota come stampa 3D, rappresenta una delle tecnologie abilitanti in grado di alimentare la transizione verso la cosiddetta quarta rivoluzione industriale che si basa su tre punti fondamentali: personalizzazione del prodotto, rapidità e sostenibilità del processo. Tali fattori sono strettamente correlati tra loro in quanto l’aumento della complessità geometrica
riduce il tempo di produzione ed il consumo di materiali fino al 40% con una conseguente riduzione del peso del prodotto e, quindi, del consumo di energia ad esso collegato. Grazie all’accordo stipulato dalla Stazione Sperimentale con il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Brescia, che ha previsto anche l’attivazione di un dottorato di ricerca specifico, sono state avviate sperimentazioni ad hoc finalizzate all’utilizzo di tecnologie additive con ink costituiti da polimeri biodegradabili caricati con scarti conciari. Tra le differenti tecnologie additive disponibili, in una prima fase, ci si focalizzerà sulla “Material Extrusion”. Tale tecnica si basa sull’estrusione di materiale attraverso un ugello di dimensioni variabili da 0,4 a 0,1 millimetri e, ad oggi, rappresenta uno dei processi più promettenti data la sua versatilità nella lavorazione di materiali complessi. Nello specifico, l’apparecchiatura disponibile consente una elevata customizzazione dei parametri di processo (pressione applicata, velocità di deposizione, temperatura sull’ugello e temperatura sul piano distampa), rendendo possibile l’accurata progettazione del materiale da stampa anche rinforzato con elementi differenti quali fibre sintetiche, vegetali piuttosto che da materiale organico terziario derivanti da altri processi di lavorazione. In tale ambito il Laboratorio di Prototipazione Avanzata dell’Università degli Studi di Brescia sviluppa da anni attività di ricerca inerente alla stampa 3D di materiali innovativi, a basso costo, biocompatibili e sostenibili. Le principali ricerche riguardano la possibilità sia di riprogettare la geometria di partenza del materiale sfruttando tutte le tecniche ad oggi disponibili del design for additive, sia la possibilità di realizzare nuovi materiali stampabili ottenuti da prodotti scarto di altri processi di lavorazione nell’ottica del tema dell’economia circolare. In figura si riporta il Bioplotter 3D della Envisiontec installato presso il Laboratorio di prototipazione avanzata, un esempio del processo di lavorazione e un componente ottenibile. Rispondendo ai requisiti di sostenibilità in termini di riuso di scarti e di progettazione
di materiali sostenibili con l’uso di una delle tecnologie abilitanti di Industria 4.0, quindi, l’obiettivo è progettare nuovi ink bio da
utilizzare non solo in fase prototipale, ma anche nella produzione industriale diretta attraverso le più moderne tecnologie di
Additive Manufacturing.

 

 

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