Innovazione sostenibile e circolare dei prodotti per il Made in Italy

Intervista al Presidente della Camera di Commercio di Vicenza Giorgio Xoccato

Apparso su CPMC 1/2024

 

Il Made in Italy è da sempre sinonimo di
qualità e creatività, ma oggi queste qualità
non bastano più per essere competitivi sui
mercati internazionali, che considerano
la sostenibilità un requisito sempre più
essenziale, unitamente ad un fabbisogno
sempre maggiore di innovazione e circolarità
dei prodotti. Delle possibili ricadute per le
filiere produttive nazionali – e in particolare
per quella della concia – parliamo con
Giorgio Xoccato, Presidente della Camera di
Commercio di Vicenza.

 

Questo cambio di paradigma rappresenta
più un rischio o un’opportunità per le imprese
italiane?

 

Sicuramente si tratta di un riposizionamento
importante e come tale rappresenta una
nuova sfida per le aziende. Allo stesso tempo,
però, ritengo che possa essere soprattutto
un’opportunità da cogliere per mantenere o costruire un posizionamento più elevato
rispetto ai competitors internazionali meno
qualificati. Le nostre aziende, infatti, possono
contare su un patrimonio di esperienza
e tecnologia tale da poter affrontare con
successo anche la transizione green. Nei
prossimi anni il Made in Italy dovrà diventare
sempre più simbolo di prodotti e processi
produttivi sostenibili, oltre che di innovazione
e creatività. Del resto, pensando alle tante
attrazioni del nostro Paese, naturali in primis
ma non solo, si tratta di un posizionamento
che ci è affine e ritengo che questa affinità
venga istintivamente riconosciuta all’estero:
il “Paese del bello” non può non essere anche
un Paese modello di sostenibilità.

 

Quali aziende della filiera sono coinvolte in
questo cambiamento?

 

La transizione green è un tema che riguarda
l’intera filiera: questo è un aspetto che accomuna
un po’ tutti i settori produttivi e naturalmente
anche quello della concia. A valle i consumatori
chiedono prodotti sostenibili, ma le aziende
che vendono direttamente sul mercato per
rispettare questo requisito hanno la necessità
di utilizzare materie prime e processi a ridotto
impatto ambientale, coinvolgendo così in
questa ricerca tutta la rete dei propri fornitori,
i quali a loro volta devono applicare la stessa
metrica ai subfornitori. Questo vale soprattutto
per le aziende che ottengono – o intendono
conseguire – una certificazione di sostenibilità,
o che hanno un marchio particolarmente
riconoscibile sul mercato. In quest’ultimo caso
assicurarsi che la filiera sia al 100% virtuosa
rispetto alla tutela ambientale diventa anche
una strategia di protezione rispetto a possibili
danni di immagine.

 

Non c’è il rischio di cadere nel greenwashing?

 

Questo è proprio il rischio da evitare ma
ritengo che questo non sia un pericolo per
le imprese italiane della concia e vicentine in
particolare. Ricordo che il settore della concia
è stato tra i primi a porsi la questione della
sostenibilità, prima che questo diventasse
un concetto di tendenza, e soprattutto
ad affrontarlo a livello di filiera, con una
riflessione, progetti e investimenti condivisi
e una visione a lungo termine. Un esempio
virtuoso in questo senso è rappresentato
certamente dal Distretto Vicentino della
Concia, che ha dato vita al progetto “Concia
verso l’impatto ambientale zero”. La migliore
garanzia che non si tratta di una banale
operazione di greenwashing deriva proprio
dai grandi investimenti che sono stati fatti in
questi anni e dai risultati che hanno consentito
di ottenere in termini di progressi tecnologici.
Il tutto grazie ad un supporto di “sistema” che
ha pochi eguali al mondo. Voglio sottolineare
a questo riguardo proprio il ruolo di SSIP: la
sua presenza nel Vicentino, tramite l’Azienda
Speciale camerale Made in Vicenza, assicura
un indispensabile collegamento con le più
avanzate linee di sviluppo della ricerca,
a beneficio dell’intera filiera vicentina
della concia. Tutto questo ci consente di
differenziarci dai competitors internazionali
e fa sì che la sostenibilità possa diventare
un ulteriore elemento di competitività per le
nostre imprese, un altro fattore distintivo del Made in Italy.

 

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