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Gambicorti: “Il settore normazione è strategico. I metodi standardizzati sono una garanzia di affidabilità”
Gambicorti: “Il settore normazione è strategico. I metodi standardizzati sono una garanzia di affidabilità”

Tiziana Gambicorti, una laurea in chimica indirizzo organico-biologico voto, alla Università di Pisa è, oggi, la responsabile e Ufficio Normazione SSIP, all’interno della Stazione ha maturato diverse competenze dopo significative esperienze nelle multinazionali di settore.

Con le nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini “cuoio”, “pelle” e “pelliccia” e di quelli da essi derivati o loro sinonimi e la relativa disciplina sanzionatoria ai sensi dell’articolo 7 della legge 3 maggio 2019, n. 37 – Legge europea 2018, come cambia il ruolo della SSIP?

 

In realtà la Stazione Sperimentale è stata sempre considerata un’autorità nel campo dell’identificazione del materiale cuoio, così come nell’attribuire l’origine del pelo animale, e Il Decreto 68/2020 ufficializza questo espertise. L’avere questa specifica esperienza si riflette anche sul contribuire ad avere metodi standardizzati adeguati ed aggiornati. Ad esempio, nel maggio del 2020 si è conclusa la revisione del metodo UNI EN ISO 17131, che utilizza il microscopio per identificare il cuoio e distinguerlo da altri materiali. Questa revisione è stata proposta dal nostro laboratorio di microscopia ottica ed elettronica allo scopo di ampliare il tipo di microscopi con cui fare questa importante determinazione ed il nostro ufficio normazione ne ha curato l’iter nelle varie fasi della revisione all’interno della commissione CEN/TC289, dove siamo presenti come esperti italiani.

 

In questo contesto ed alla luce delle attività di sempre, quali le sfide del settore ‘normazione’

 

Il settore della normazione è strategico per la filiera conciaria perché contare su metodi standardizzati è una garanzia di affidabilità sui risultati delle analisi effettuate. Al settore conciario viene richiesto sia per la legislazione cogente, il Reach innanzitutto, ma anche da capitolati privati ed etichette ecologiche, un controllo stringente sulla eco-sostenibilità del prodotto e del processo.

 

Infatti, alle concerie vengono sottoposti sempre più frequentemente MRSL (Manufacturing Restricted Substances List) da rispettare, ovvero viene richiesto che all’interno della catena produttiva certe sostanze o non vengano utilizzate o che vengano utilizzate al di sotto di una certa concentrazione massima. Quindi ciò sposta il controllo analitico dal Product (pellame) a tutti i prodotti utilizzati per conciarlo, ed alle acque di scarico: mentre per il pellame sono molti i metodi che nel corso del tempo sono stati normati e rappresentano ad oggi una sicurezza, per quanto riguarda i chemicals utilizzati in produzione, e quindi le MRSL, esistono pochissimi metodi di analisi ufficiali (ISO/EN) e specifici, qualche metodo del cuoio utilizzabile ufficialmente per i prodotti e tutto il resto dei metodi ancora non normato. Quindi una delle sfide principali della normazione è andare a colmare questo gap: è a tale scopo che come sistema Italia guidato da UNI, abbiamo chiesto alla commissione CEN/TC 289 Leather di attivare un nuovo gruppo di lavoro dedicato proprio alla standardizzazione dei metodi analitici per i prodotti chimici per il settore conciario. Sono stata incaricata, attraverso la creazione di un Ad Hoc Group, di verificare se sussistono le condizioni e sto lavorando attivamente su questo.

 

Un settore in continua evoluzione?

 

A livello di legislazione europea non dobbiamo dimenticare che il Reach è un regolamento in continua evoluzione e che nuove restrizioni che coinvolgono il settore pelle devono essere affrontate anche con lo sviluppo di metodi analitici adeguati. Mi riferisco specificatamente alla proposta franco-svedese di restrizione sulle sostanze sensibilizzanti cutanei nel settore abbigliamento (quindi tessile e pelle) presentata nel 2019. Al momento la richiesta ha superato tutti gli step previsti e si attende, a brevissimo, la decisione finale della commissione europea. Se la richiesta verrà approvata, come si suppone, dovranno essere messi a punto, e standardizzati, una grande quantità di metodi analitici per andare a verificarne, e quantificarne, l’eventuale presenza. Di questo compito sarà investita la commissione CEN/TC 289 Leather, di cui faccio parte: un enorme lavoro, senza dubbio, ma che servirà comunque a tutelare e qualificare il prodotto made in Italy, considerando che più del 60% del pellame prodotto in Europa è fatto in Italia.

 

 

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