Tiziana Gambicorti è il coordinatore del Dipartimento di Ricerca sulle Tecnologie di Processo della SSIP, oltre che responsabile della sezione di S. Croce sull’Arno e dell’Ufficio Normazione. La laurea in chimica pura, conseguita all’ Università di Pisa con 107/110 e la lunga esperienza che ha maturato nei vari ambiti di attività della Stazione Sperimentale, dove lavora dal 2003, le permettono di avere una visione a tutto campo.

 

Come cambia il ruolo della SSIP negli anni e quali le funzioni del Dipartimento?

La Stazione Sperimentale Pelli è stata istituita, come noto, per Regio Decreto nel 1885 a Napoli, per affiancarsi alla manifattura locale, rispondendo, così come le altre Stazioni Sperimentali nate successivamente per supportare settori merceologici fondamentali per l’industria italiana, al Ministero dell’Industria. Nel corso del tempo l’attività della SSIP si è ampliata, andando a supportare tutto il settore conciario italiano, contemplando sia gli aspetti del controllo di qualità delle pelli e dei prodotti utilizzati per conciarle, sia la ricerca e l’innovazione di processo e di prodotto, ovviamente con le modalità dell’epoca. Il supporto ai distretti industriali in cui la realtà italiana è organizzata, si è articolato anche creando delle sedi locali, come avvenuto nel 1983, istituendo la Sezione di S. Croce s/Arno e più recentemente le sedi di Arzignano e di Solofra, rispondendo così modo più specifico alle diverse esigenze distrettuali.

All’attenzione alle realtà locale si è sempre affiancata l’autorevolezza riconosciuta, a livello internazionale, della SSIP come ente di ricerca del settore pelle, con la nostra presenza nei congressi e nei vari comitati scientifici che riguardano il settore.

 

E come si trasforma? Come cresce ?

Negli ultimi anni la SSIP si è profondamente rinnovata e strutturata in modo da cogliere le opportunità offerte dalla collaborazione con le Università e con le nuove realtà delle start-up e degli spin-off innovativi. In quest’ottica si deve leggere anche la recente articolazione dell’attività di Ricerca in dipartimenti; ciò risponde all’esigenza di razionalizzazione delle attività, ma certamente i dipartimenti non devono essere intesi come compartimenti stagni, anzi, la forza di questa organizzazione va proprio ricercata nell’intersecazione e sovrapposizione tra di loro, in modo che le competenze dipartimentali rafforzino lo sviluppo delle idee progettuali in modo sinergico. Nello specifico, il Dipartimento Tecnologie di Processo, di cui sono coordinatore, approfondisce, analizza e sperimenta strumenti innovativi dei diversi processi di concia, con l’obiettivo di ottimizzare l’uso di risorse primarie riducendo contestualmente i costi e l’impatto ambientale derivante dalla loro lavorazione.

 

Quale il peso della Ricerca, dell’Innovazione rispetto al settore in oggetto?

Fondamentale, ancor più alla luce del fatto che l’industria conciaria italiana, oltre ad essere leader nella produzione, lo è anche dal punto di vista qualitativo, e soprattutto antesignana nello sviluppare soluzioni ambientalmente migliorative, e per mantenere questa posizione l’apporto della ricerca e dell’innovazione risulta cruciale, a fronte di una concorrenza sempre più temibile, soprattutto da parte di paesi dove l’attenzione alla sostenibilità ambientale non ha un peso comparabile al nostro.

 

In concreto ?

Questo significa approcciare la tematica delle tecnologie di Processo attraverso punti di vista diversi e complementari. Al momento tra i progetti attivi del dipartimento la tematica delle pelli metal-free è centrale ed affrontata sotto diversi aspetti: ad esempio stiamo approfondendo le caratteristiche delle pelli metal-free, ricerca che ci ha dato l’opportunità di essere presenti al congresso Internazionale IULTCS di Dresda nel 2019 con un lavoro dedicato ai SOV (Sostanze Organiche Volatili) rilasciate dalle pelli metal-free. Nel contempo, sempre riguardo questo tipo di pellami, ne stiamo valutando la biodegradabilità, comparandola con quella delle pelli conciate con metodi più tradizionali, come la pelle al vegetale o al cromo. Altro progetto che riguarda le pelli wet-white è il progetto Ri-leather, che si occupa di nuove tecnologie di reimpiego degli scarti solidi. Infine, abbiamo in cantiere un progetto che riguarda l’up-cycling degli scarti metal-free.

 

Una considerazione sullo sviluppo sostenibile

Lo sviluppo sostenibile deve essere considerato il faro che ci dovrà guidare nella ricerca ed innovazione nel futuro, ancor più di quanto fatto finora. Stiamo già lavorando con questa ottica: infatti la focalizzazione del Dipartimento Tecnologie di Processo sul metal-free, di cui parlavo poc’anzi, è il frutto da un lato dal grosso interesse sviluppato dal mercato per questo tipo di concia(cominciato anni fa dal settore automotive fino al più recente dal settore moda), dall’altro dal nostro interesse scientifico di avere dati a supporto per valutare se questo tipo di concia (considerando che sotto questa etichetta ricadono processi anche molto diversi tra di loro) può realmente vantare caratteristiche più eco-friendly delle altre.

Ma per fare ciò servono dati robusti, e non semplice “narrazione”: a questo proposito abbiamo appena concluso la prima parte del progetto Faibenelapelle: si tratta di uno strumento per fare la Valutazione del Ciclo di Vita (LCA) del prodotto pelle attraverso l’Impronta Ambientale di Prodotto (PEF) (Product EnvironmentalFootprint), che è il metodo raccomandato dall’Unione Europea per misurare e comunicare l’impatto ambientale, calcolato sulla base di 16 “categorie di impatto”.

Lo studio PEF ottenuto tramite Faibenelapelle, oltre alla comunicazione ambientale, permetterà anche di accedere alle certificazioni quali il marchio Made Green in Italy (MGI) e la Dichiarazione Ambientale di Prodotto (EDP). Ma FAIBENELAPELLE va oltre, infatti ha la peculiare caratteristica di consentire un livello di dettaglio molto spinto, permettendo di analizzare i singoli step della produzione in conceria. Questo ovviamente apre il campo allo sviluppo sostenibile, inteso nel senso di poter fare eco-innovazione, apportando modifiche di processo nel rispetto dell’ambiente, avendo sotto controllo tutto il ciclo di vita del prodotto. La progettazione sostenibile, infatti, coinvolge principi quali riduzione, riuso e riciclo, montaggio/smontaggio/autocostruzione, utilizzo di energie rinnovabili, riduzione delle emissioni nocive, scelta dei materiali, analisi, certificazione e dematerializzazione del prodotto-servizi, in una valutazione olistica del ciclo di vita.

 

 

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