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FOCUS SCIENTIFICO: Metal Free o Heavy Metal Free, un problema di definizione?
FOCUS SCIENTIFICO: Metal Free o Heavy Metal Free, un problema di definizione?

La concia metallica rappresenta la tecnica di stabilizzazione del collagene più diffusa; sebbene il Solfato di Cromo Basico sia il sale più utilizzato, solo il 5 % del Cromo industriale è utilizzato nel settore della concia, in quanto la maggior parte di esso è impiegato per la produzione di acciaio inox; il Cromo III è un elemento fondamentale per la nutrizione umana; normalmente il contenuto di Cr III nel suolo è 3-5 ppm; pure i tatuaggi di pigmento verde possono contenere Cromo III senza rilevare alcun rischio per la salute; tuttavia, eventuali criticità connesse alla sua possibile trasformazione in Cromo esavalente, nei pellami, rappresenta una questione non trascurabile.

Il Cromo esavalente è comunque facilmente riconvertibile a Cromo trivalente; la natura stessa, le piante, gli organismi viventi sanno adottare sistemi per la riduzione del Cr VI in piccole quantità. Il Cromo ridotto tende poi a stabilizzarsi irreversibilmente precipitando come ossido. In aggiunta, se consideriamo ad esempio, il pellame nelle tomaie o sottopiedi delle calzature, il pH acido e i microorganismi del sudore umano sono un perfetto ambiente per la riduzione dell’eventuale Cr esavalente presente, in cromo trivalente innocuo.

Anche altri matalli concianti possono avere complicazioni e vantaggi, ma siamo certi di conoscere la classificazione e distinzione fra un pellame metal free, Chrome free o Heavy metal free?

La definizione di pellame Metal-free è riportata nel punto 4.2.2.3 della norma UNI EN 15987:2015 recante le definizioni chiave per il commercio del cuoio; essa prevede che la concentrazione totale, quindi la somma delle concentrazioni di tutti i metalli concianti, Alluminio, Cromo, Ferro, Titanio e Zirconio, deve essere rilevata minore o uguale allo 0,1%, ovvero a 1.000 mg/Kg, espresso come peso sulla sostanza secca.

Ciò implica, in primis, che, nell’effettuare indagini analitiche finalizzate a verificare se un pellame sia o meno definibile quale Metal-free, è necessario procedere a determinare sia il contenuto di metalli concianti, che il contenuto d’acqua, al fine di poter calcolare la concentrazione secondo quanto richiesto dalla norma. A tal riguardo, si sottolinea la necessità di verificare che nel Rapporto di Prova emesso dal Laboratorio, i risultati siano riportati in termini di peso sulla sostanza secca, ma in tal senso aiuta la norma ufficiale per la determinazione del contenuto di metalli nel cuoio, UNI EN ISO 17072-2:2019, che stabilisce che i risultati del contenuto di metalli siano espressi unicamente in termini di concentrazione sulla sostanza secca.

Heavy Metal Free “HMF”

Non esiste una definizione di metallo pesante basata su criteri ampiamente condivisi. Si possono attribuire definizioni diverse, a seconda del contesto. In metallurgia, ad esempio, un metallo pesante può essere definito sulla base della sua densità, ovvero si definisce heavy metal coloro che hanno una densità maggiore di 5 grammi/cm3, mentre in fisica il criterio distintivo potrebbe essere il numero atomico, mentre dal punto di vista chimico o biologico sarebbe probabilmente più interessante il comportamento chimico o, appunto, biologico.

Sulla base della densità si includerebbe, nell’elenco dei metalli pesanti anche quegli elementi, come il Selenio e l’Arsenico, che non sono metalli, sebbene siano dotati di proprietà fisiche e chimiche simili a quelle dei metalli in senso stretto. Altri metalli, invece, considerati pesanti, per alcune proprietà, come il Berillio (density 1.8 g/cm3), Alluminio (2.7 g/cm3), Calcio (1.55 g/cm3) Bario (3.6 g/cm3) sono considerati leggeri.

Su queste indicazioni i metalli pesanti sono molti (vedi sotto), ma i metalli utilizzati in concia che possono considerarsi Heavy sono sostanzialmente i tre:

Cromo = 7,2 g/cm3

Ferro = 7.9 g/cm3

Zirconio 6.5 g/cm3

Non lo sono l’Alluminio (2.7 g/cm3), il Titanio (4.5 g/cm3) che hanno appunto densità inferiore a 5 grammi/cm3.

Perciò possiamo definire sostanzialmente una concia HMF come una concia Chrome Free..

Elenco dei metalli pesanti secondo la definizione della densità:

Antimony, Arsenic, Bismuth, Cadmium, Cerium, Chromium, Cobalt, Copper, Erbium, Europium, Gadolinium, Gallium, Germanium, Hafnium, Holmium, Indium, Iridium, Iron, Lanthanum, Lead, Lutetium, Manganese, Mercury, Molybdenum, Neodymium, Nickel, Niobium, Osmium, Palladium, Platinum, Praseodymium, Rhenium, Rhodium, Ruthenium, Samarium, Selenium, Tantalum, Tellurium, Terbium, Thallium, Thorium, Thulium, Tin, Tungsten, Uranium, Vanadium, Ytterbium, Zinc, Zirconium

 

A cura del Dr. Marco Nogarole

12 settembre 2024

FOCUS SCIENTIFICO: ASPETTI DI SICUREZZA CONNESSI ALL’IMPIEGO DI NANOPARTICELLE IN AMBITO CONCIARIO
FOCUS SCIENTIFICO: ASPETTI DI SICUREZZA CONNESSI ALL’IMPIEGO DI NANOPARTICELLE IN AMBITO CONCIARIO

Il crescente fabbisogno di implementazione delle caratteristiche di qualità e prestazioni tecniche dei cuoi, ha trovato in tempi recenti risposte efficaci attraverso l’impiego delle nanotecnologie; numerose sono le soluzioni sperimentate  in tal senso, a fine di conferire proprietà aggiunte al cuoio, mediante la dispersione di nanoparticelle in rifinizione, nell’ambito del Progetto SINAPSI, cofinanziato dal (ex) Ministero dello Sviluppo Economico, a valere sul Fondo per la Crescita Sostenibile – Sportello “Fabbrica intelligente”; il progetto, coordinato scientificamente dalla SSIP, ha visto in qualità di partner aziende altamente rappresentative nel campo della produzione di pelli ovi-caprine per calzature e pelletteria, come DMD SpA, capofila del progetto, nonché di aziende virtuose nella produzione pelli bovine per automotive, come LEVI Italia srl; il progetto, ha inoltre potuto contare sulla partecipazione di altri primari partner tecnici, come Assomac, Centro Ricerche Fiat e Centro di Ricerca Interdipartimentale NANO_MATES dell’Università di Salerno.

È stato particolarmente sperimentato l’impiego di NPs (nanoparticelle) di Ag, TiO2 e SiO2 in rifinizione ed è stata verificata l’efficacia di tali agenti nel migliorare significativamente diverse caratteristiche prestazionali della pelle, come evidenziato nell’ambito di precedenti lavori [1,2,3,4,6]; considerato il significativo potenziale emerso, dall’impiego ti tali approcci in rifinizione, sono stati per completezza valutati, nel contempo, gli aspetti di sicurezza connessi al loro impiego; in un recente lavoro [5], sono stati nello specifico esaminati i potenziali rischi associati all’utilizzo delle nanoparticelle per i sistemi biologici e negli ecosistemi; sono stati quindi svolti studi di approfondimento sui fattori che influenzano la tossicità e la citotossicità delle nanoparticelle comunemente adottate nella fase di rifinizione della pelle, con particolare attenzione alle nanoparticelle di Ag, TiO2 e SiO2, al fine di valutare gli effetti di queste sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori. Sono stati presi in esame, allo scopo, sia fattori come l’esposizione professionale alle nanoparticelle derivanti dall’uso di nanomateriali, che le emissioni accidentali di nanoparticelle con elevato contenuto di metalli, che possono impattare sulla salute dell’operatore, attraverso inalazione, ingestione, iniezione e assorbimento cutaneo (incluso l’ingresso oculare) e in misura più o meno significativa a seconda delle caratteristiche della fase di processo; sono stati presi in considerazione, inoltre, i parametri in grado di influire sul comportamento delle nanoparticelle, e pertanto di influenzarne la tossicità/citotossicità, tra cui dimensioni, forma, stato di aggregazione, rivestimenti, funzionalizzazione superficiale, carica superficiale, struttura, composizione del materiale, dosaggio e concentrazione. Lo studio ha evidenziato, in particolare, una attenuazione della tossicità per nanoparticelle di Ag, TiO2 e SiO2 funzionalizzate con sostanze come acido citrico, acido oleico, polietilenglicole; è stata altresì riscontrato che un altro fattore cruciale che controlla l’interazione delle nanoparticelle con i sistemi biologici è la loro carica superficiale, che può essere alterata innestando polimeri con cariche diverse; in linea generale, un potenziale zeta positivo (potenziale ζ) è spesso correlato a una maggiore tossicità delle nanoparticelle rispetto a un potenziale negativo. Rispetto agli aspetti di stabilità i quantitativi di NPs impiegati nell’ambito del progetto sopra menzionato, è degno di nota che la loro incorporazione nella matrice di rifinizione e le basse concentrazioni per singola pelle (ad titolo esemplificativo, circa 6 mg di Ag NP per circa 0,6 m2 di pelle) garantiscono la conformità ai limiti tossicologici anche nell’improbabile caso di esposizione a tutte le nanoparticelle contenute in uno strato di rifinizione.

Il lavoro evidenzia in definitiva la possibilità di impiegare in sicurezza le NPs per migliorare la qualità e la  prestazione dei cuoi, fornendo spunti per la ricerca di soluzioni puntuali per migliorare la sicurezza e sostenibilità dei prodotti.

Per approfondimenti, si rimanda all’articolo completo, pubblicato sulla rivista ACS Chemical Health & Safety:

https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acs.chas.4c00006#:~:text=Nanoparticles%20can%20become%20potential%20hazards,substance%20can%20enter%20the%20body.

References:

  1. Florio C., Favazzi A., Trigila F., Maffei G., Loi A., Nogarole M, Lambertini V. G., Sarno M., Enabling technologies for novel generations of sustainable and smart leathers, III IULTCS EuroCongress 2022 “Rinascimento: The Next Leather Generation”, Vicenza, Italy, 18th – 20th September 2022.
  2. Florio C., Mascolo R., Cirillo C., Maffei G., Loi A., Sarno M., Zero chemical treatment of leather waste for highly performing, circular and sustainable finishings – Conference Paper – 37th WORLD CONGRESS of the International Union of Leather Technologists and Chemists Society (IULTCS), Chengdu, China, from October 17 to 20, 2023.
  3. Fierro F., Iuliano M., Cirillo C., Florio C., Maffei G., Loi A., Batakliev T., Adami R., Sarno M. – Multifunctional leather finishing vs. applications, through the addition of welldispersed flowerlike nanoparticles – Scientific
    Reports – Nature portfolio | (2024) 14:2163 | https://lnkd.in/dyTF_4Sq IF 5.516 Q1.
  4. Mariagrazia Iuliano, Claudia Cirillo, Francesca Fierro, Claudia Florio, Gaetano Maffei, Andrea Loi, Todor Batakliev, Renata Adami, Maria Sarno    Titania nanoparticles finishing for smart leather surface Progress in Organic Coatings Volume 192, July 2024, 108457, https://lnkd.in/d9hBp28r IF 6.6 Q1.
  5. Claudia Cirillo, Mariagrazia Iuliano, Davide Scarpa, Luca Gallucci, Claudia Florio, Gaetano Maffei, Andrea Loi, Maria Sarno – Nanoparticles usage in leather processing: workers safety and health ACS Chemical Health & Safety May 6, 2024, https://lnkd.in/dHXyPZ9i IF 3.0 Q1.
  6. “MULTIFUNCTIONAL PARTICLE INCLUDING TITANIUM DIOXIDE, SILVER, SILICON DIOXIDE”, Patent application n.102022000026556 – 12/22/2022, PTC/IB2023/063019/20/12/2023, OWNER: ITALIAN LEATHER RESEARCH INSTITUTE /INVENTORS: Claudia Florio, Claudia Cirillo, Eleonora Ponticorvo, Mariagrazia Iuliano, Maria Sarno.

5 settembre 2024

A cura della Dr. ssa Claudia Florio

FOCUS SCIENTIFICO: DECALCINAZIONE DELLE PELLI: OBIETTIVI ED ASPETTI TECNOLOGICI
FOCUS SCIENTIFICO: DECALCINAZIONE DELLE PELLI: OBIETTIVI ED ASPETTI TECNOLOGICI

La decalcinazione è una delle operazioni necessarie alla fase di riviera, che porta con sé una serie di criticità che posso rilevarsi come difetto nella pelle finita. Lo scopo principale è quello di eliminare i residui di calce ancora presenti nelle fibre, ed abbassare i valori di pH della pelle fino ad arrivare ad un valore ottimale per i processi successivi..

Dopo il calcinaio, la calce o gli altri alcali presenti nella pelle non sono più necessari e nella maggior parte dei casi hanno effetti dannosi sulle successive fasi di concia; ad esempio, in caso di concia al cromo la calce rende la pelle verde, dura e rigida, impedendo la corretta penetrazione del conciante.

Il modo più semplice per rimuovere la calce trattare le pelli con un flusso continuo di acqua fredda e pulita. Il lavaggio rimuove facilmente la calce non disciolta dalla superficie, tuttavia una parte della calce o di altri alcali come la soda caustica, è trattenuta chimicamente dalle fibre (circa lo 0,4% sul peso della pelle) e viene rimossa solo molto lentamente. Il processo diventa progressivamente sempre più lento man mano che la calce viene rimossa.

Inoltre, nel caso di utilizzo di acqua dura si possono in questa fase formare depositi di calcio in quanto i bicarbonati solubili di Ca o Mg o l’acido carbonico reagiscono con la calce con precipitazione di carbonato di calcio. CaCO3. Se il lavaggio si prolunga troppo si può provocare un’ulteriore decomposizione alcalina della pelle, rendendo la pelle flaccida, in particolare se l’acqua è troppo calda. L’acqua tiepida (max 38°C) ridurrà il rigonfiamento della struttura fibrosa, consentendo così un più facile accesso all’acqua per eliminare le proteine interfibrillari ed il calcare.

Per quanto sopra nella pratica conciaria si effettua una vera e propria decalcinazione chimica, ovvero dopo una prima fase di lavaggio, il flusso d’acqua viene interrotta e sono vengono aggiunte quantità controllate di acidi o sali che producono acidi che neutralizzano gli alcali.

Poiché troppa acidità danneggia la pelle provocando violenti gonfiori e dissoluzione di proteine con conseguenti danni al fiore e poiché è impossibile stimare con precisione la quantità di alcali presenti in un bottale di pelli calcinate, di solito si utilizzano gli acidi organici deboli – borico (o acido borico), lattico, acetico – o sali acidi come il bisolfito di sodio, oppure sali debolmente alcalini quali cloruro di ammonio, solfato di ammonio. Tutti questi danno meno pericolo di decalcinazione eccessiva con conseguente rigonfiamento dell’acido rispetto agli acidi minerali forti ed economici, acido cloridrico e solforico. Alcuni moderni sistemi di decalcinazione utilizzano acidi non rigonfianti. Questi possono essere acidi piuttosto forti ma a causa dei potenziali dipoli nella loro struttura non gonfiano la proteina. Esempi di tali tipologie di composti sono alcuni derivati dell’acido ftalico o metafosfati complessi.

L’entità della decalcinazione controllando il pH in sezione ed il grado di delimitazione desiderato dipende dal processo che seguirà. Gli acidi deboli (e le basi deboli) e i loro sali danno origine a sistemi tampone. Se è necessario regolare il pH della pelle ad un certo valore, è pratico scegliere un acido (o una base) debole con un valore pKa vicino al pH richiesto (Acido formico pKa = 3.7, Acido acetico pKa = 4.7, Ammoniaca pKa = 8.6)

Nel caso di successivo processo di macerazione effettuato a pH 8 è quindi particolarmente indicato l’utilizzo di sali di ammonio.

Nel caso di molte conce vegetali per pelli pesanti, il pH desiderato si ottiene dall’acidità dei liquori di concia stessi. Per la concia al vegetale, concia con olio o con formaldeide di pelli più leggere, come pecore o capre, un’ulteriore decalcinazione o acidificazione è data mediante inacidimento con acidi organici deboli. Per le conce minerali, come cromo o allume, il pH di inizio concia viene regolato nel piclaggio.

Le pelli decalcinate devono essere portate immediatamente al processo successivo, poiché gli alcali sono stati rimossi e i batteri si trovano in una condizione ideale per causare putrefazione danneggiando la struttura ed il fiore della pelle.

 

29 Agosto 2024

A cura del dott. Gianluigi Calvanese

Focus Scientifico – Esame microscopico: uno studio comparativo delle pelli bovine
Focus Scientifico – Esame microscopico: uno studio comparativo delle pelli bovine

 

Il laboratorio di microscopia della SSIP oltre ad offrire un supporto specialistico finalizzato alla verifica e certificazione di autenticità di pelle, cuoio e pellicce nell’ambito del Decreto Legislativo n. 68/2020, consente anche di studiare la morfologia di varie zone della stessa pelle e come si configura l’orientamento delle fibre sulla pelle, ciò risulta utile sia per la caratterizzazione delle varie specie animali più in uso, sia per effettuare valutazioni merceologiche della pelle favorendone un migliore utilizzo per le varie applicazioni a cui essa è destinata.

Le tipologie di pelli bovine più utilizzate nell’industria conciaria sono principalmente vitelli, vitelloni, vacche e bufali. 

Ogni tipologia presenta caratteristiche merceologiche differenti, quindi è importante poterle distinguere tra loro sulla base delle esigenze specifiche richieste per il prodotto finale. 

I primi requisiti distintivi si basano sul peso, lo spessore e la superficie totale ma tali valutazioni sono fattibili quando si ha a disposizione il pellame intero, altrimenti si ricorre ad altri metodi diagnostici come la microscopia.

Il vitello è un bovino maschio/femmina, con un’età inferiore agli 8 mesi quando viene macellato. Il vitellone è un bovino più grande, con un’età inferiore ai 24 mesi al momento della macellazione. La vacca è la femmina adulta dei bovini. 

Le pelli di vitellone e vacca a parte la differenza di peso per il resto presentano caratteristiche strutturali assimilabili ad un generico bovino adulto:

  • lo strato papillare (fiore) è allentato ed è circa il 10-20% del derma.
  • lo strato reticolare è compatto ed è circa il 70-80% del derma.

L’aspetto del fiore al microscopio si presenta con follicoli distribuiti uniformemente sulla superficie del fiore con dimensione e profondità differenti a seconda dell’età (foto 1)

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Foto 1 – superficie pelle bovino adulto 

In molti casi le pelli sono rivestite da uno strato polimerico che ricrea il tipico disegno del fiore della pelle. Con una semplice prova, utilizzando un batuffolo di ovatta imbibito con alcol etilico o acetone, è possibile asportare lo strato polimerico e quindi osservare la superficie naturale della pelle.

Tali prove merceologiche permettono di poter valutare anche ulteriori caratteristiche del pellame che consentono anche di classificare il prodotto sulla base della norma UNI EN 15987:2015 “Leather – Key definitions for leather trade” che fornisce alcune definizioni chiave per il commercio del cuoio. La norma classifica i “termini” in: termini chiave, qualificanti, termini specifici ed altri.

La foto 2 mostra l’immagine ottenuta al microscopio di una pelle bovina NUBUCK – Cuoio abraso dal lato fiore in modo da ottenere un effetto vellutato e con grana ancora visibile

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Foto 2 – pelle bovina nubuck

La pelle di vitello ha una struttura che si distingue da quella dei bovini adulti

Lo strato papillare è circa il 25-30% della pelle

Lo strato reticolare è compatto ed è circa il 50-60% della pelle

Le pelli di vitello proprio per le caratteristiche uniche del fiore sono i pellami più pregiati e preferiti nella produzione di articoli di qualità; infatti, vengono molto utilizzate nell’industria della moda anche per la morbidezza, la resistenza e la flessibilità che le rendono ideali per la produzione di borse, portafogli, giacche, calzature e abbigliamento. La pelle di vitello nonostante sia costituita da fibre molto sottili mostra una notevole pienezza che ne conferisce una buona resistenza anche alle abrasioni oltre ad una buona capacità di mantenere inalterate le sue caratteristiche nel tempo. 

L’aspetto del fiore al microscopio si presenta con follicoli molto fitti ed una grana molto fine (foto 3)