Trattamenti fotocatalitici di acque reflue industriali attraverso fotocatalizzatori strutturati

Pubblicato su CPMC 1/2021

 

A cura di

Daniela Caracciolo, Coordinatore tecnico-scientifico Dipartimento Tecnologie per l’Ambiente SSIP

 

Le acque reflue, prima di poter essere riversate nelle acque superficiali, devono essere sottoposte a trattamenti. A seconda delle condizioni economiche locali e della loro ubicazione, le concerie possono trattare le acque reflue in loco, scaricare direttamente in fognatura previo trattamento parziale che permetta il raggiungimento dei requisiti necessari per lo scarico stesso o usare una combinazione di queste opzioni. Spesso nei luoghi in cui esistono concentrazioni di attività conciarie, sono attivi impianti consortili di trattamento acque, collegati alle concerie mediante reti fognarie.

I parametri più comunemente monitorati per stabilire i requisiti degli effluenti degli scarichi idrici sono il COD, i solidi sospesi, l’azoto totale, i grassi, il cromo totale, i cloruri e i solfati. Tra i trattamenti alternativi ai sistemi tradizionali ad oggi sono annoverati i trattamenti fotocatalitici in cui attraverso l’impiego di un fotocatalizzatore, si accelerano le reazioni di degradazione delle sostanze organiche ossidabili e trasformabili in CO2 e H2O. La fotocatalisi è il processo che permette, in presenza di un catalizzatore, di aumentare la velocità di una fotoreazione. La fotocatalisi eterogenea, in particolare, permette di accelerare reazioni di ossidazione radicalica di sostanze organiche sfruttando le caratteristiche di alcuni solidi semiconduttori denominati fotocatalizzatori.

 

Gli elettroni nella banda di conduzione sono chiamati “elettroni liberi”, anche se spesso li si chiama semplicemente “elettroni”; gli stati energetici liberi nella banda di valenza sono chiamati “lacune” (o “holes”). I semiconduttori, dunque, se opportunamente sollecitati ad esempio con radiazioni luminose, possono divenire materiali conduttori: l’assorbimento di un fotone di energia uguale o superiore al band gap del semiconduttore promuove un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione, generando una lacuna nella banda di valenza e il passaggio di un elettrone nella banda di conduzione. I due portatori di carica sono chimicamente molto reattivi in quanto la lacuna è un forte ossidante, mentre l’elettrone è un forte riducente. Le proprietà ottiche di un semiconduttore sono determinate da due bande: una a più bassa energia, la banda di valenza e una a più elevata energia, la banda di conduzione. Il “band gap” o la banda proibita è la differenza di energia tra il bordo inferiore della banda di conduzione e il bordo superiore della banda di valenza.

 

ZnO in polvere, il semiconduttore utilizzato nello studio, è stato immobilizzato su pellets di polistirene. La polvere di ZnO è stata dispersa in acetone ottenendo una dispersione omogenea di particelle di fotocatalizzatore. Alla dispersione si aggiungono i pellets di polistirene. Dopo la completa evaporazione dell’acetone, si effettuano dei lavaggi in bagno ad ultrasuoni per poter allontanare l’ossido di zinco non legato. Sono state effettuate analisi di spettroscopia RAMAN sull’ossido di zinco in polvere, sui pellets di polistirene e sui pellets trattati con ZnO. Gli spettri Raman sono stati ottenuti impiegando una radiazione luminosa monocromatica di eccitazione con lunghezza d’onda pari a 514 nm. In figura 1 sono mostrati gli spettri relativi al solo supporto, allo ZnO commerciale in polvere ed allo spettro relativo al catalizzatore immobilizzato sul supporto polistirene nell’intervallo 100-1900 cm-1. Dal confronto degli spettri si evince come in quello relativo al supporto con il catalizzatore 2% ZnO (Figura 1) si notano le bande corrispondenti al solo polistirene (618, 999, 1029 e 1153 cm-1). È inoltre presente la banda principale relativa all’ossido di zinco a 438 cm-1 come riportato nello spettro del solo catalizzatore in polvere.

In figura 2 si vede come i pellets trattati con ZnO sono stati alloggiati all’interno di un reattore cilindrico in pyrex. L’impianto sperimentale dedicato all’esecuzione delle prove risulta costituito da:

• un reattore cilindrico in pyrex;
• una linea per l’ingresso ed una di uscita del gas in testa al reattore;
• una pompa peristaltica tale da garantire la continua circolazione della soluzione nel reattore;
• un erogatore di aria regolato tramite Mass Flow Controller (MFC);
• 4 lampade UV che circondano il reattore ad uguale distanza al fine di irradiare il volume della soluzione nella maniera più
uniforme possibile.

 

Riassumendo i risultati ottenuti dal trattamento fotocatalitico dei campioni di acque di scarico provenienti da impianti di depurazione consortili conciari, si può affermare che si sono ottenuti valori di rimozione di COD in percentuale variabile da 28,7% fino a 80,0%; per il TOC i valori di rimozione in percentuale hanno mostrato variazioni da 38,0% fino a 80,0%. La figura 3 rappresenta la rimozione in termini di COD e di TOC; inoltre, mostra la totale decolorazione del campione di acque di scarico
trattato con reattore fotocatalitico.

 

 

 

 

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