Il campionamento delle acque di scarico: aspetti normativi e tecnici  

Il Decreto Legislativo 152/2006 e s.m. e ii. Parte Terza riguarda le norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche.  

 

Prelievi ed analisi dei campioni costituiscono un aspetto nevralgico nel campo dell’applicazione del D. Lgs. 152/06 in materia di inquinamento idrico. 

 

Per la misurazione ed il controllo degli scarichi valgono le regole base stabilite dall’art. 101, c. 3: “tutti gli scarichi ad eccezione di quelli domestici e di quelli assimilati ai sensi del comma 7, lett. e) devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell’autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall’art. 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo”. 

 

Sussiste tuttavia un’eccezione alla regola sul punto di prelievo stabilita dall’art. 108, c. 5, che prevede in deroga al principio-base così espresso che “per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della tabella 5 dell’allegato 5 alla Parte III del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale di cui al D.L.vo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo”. 

Coloro che si trovano ad operare sul territorio per eseguire campionamenti ai sensi del D. Lgs. 152/06 Parte terza, spesso si trovano ad affrontare delle difficoltà operative ed interpretative. 

 

A supporto dell’attività di campionamento esistono le metodiche APAT-IRSA e altri documenti redatti dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) che forniscono sia indicazioni generali per il campionamento, che indicazioni specifiche per il campionamento e la conservazione del campione per determinati parametri da analizzare. 

Nella sezione generale delle IRSA-CNR 1000, vengono fornite informazioni circa le strutture, attrezzature e reattivi di laboratorio ritenuti indispensabili per la buona pratica di laboratorio; nella sezione 1030 si trovano cenni sulle modalità di campionamento e conservazione del campione. 

Gli studi disponibili mettono in evidenza che l’incertezza associata al campionamento può contribuire anche per il 30-50% all’incertezza associata al risultato analitico finale ed è di gran lunga più elevata rispetto all’incertezza associata alla fase analitica (circa il 5%). 

Il prelievo di un campione di acqua di scarico è pertanto un momento fondamentale nell’accertamento al fine di valutare la qualità dello scarico. Occorre infatti ricordare come la qualità del risultato della analisi sia fortemente influenzata, fino ad essere compromessa, da una esecuzione non corretta delle fasi di campionamento, confezionamento, trasporto e conservazione del campione. 

 

L’accessibilità al sito di campionamento e la posizione dell’operatore giocano un ruolo importante sulla scelta delle attrezzature e dell’equipaggiamento adatto a seconda della tipologia di corpo idrico e della richiesta dell’attività. Se possibile, si preferisce procedere al campionamento immergendo direttamente il contenitore nel corpo idrico da campionare oppure si ricorre all’ausilio di attrezzature e al successivo trasferimento nel contenitore di raccolta; durante quest’ultima operazione è molto importante assicurarsi che il dispositivo non venga a contatto con i contenitori di campioni. In entrambi i casi i contenitori devono essere opportunamente etichettati. 

Possono essere utilizzati una varietà di metodi e strumentazioni, tra i quali: 

  • immersione del contenitore del campione;  
  • pompa peristaltica;  
  • campionatori discreti di profondità;  
  • bailers;  
  • pompe sommerse;  
  • campionatori automatici. 

 

Data la grande varietà di situazioni, in cui si effettuano i campionamenti di acqua, non è possibile elaborare un protocollo di prelievo unico per tutte le situazioni. In genere, i sistemi di campionamento attualmente disponibili possono essere raggruppati in due categorie:  

  1. sistemi per la raccolta di piccoli volumi di acqua; 
  1. sistemi per la raccolta e filtrazione “in situ” di grossi volumi di acqua (da 20 a 2000 L), funzionali ad indagini sul particolato. 

Il prelievo del campione di acqua può essere effettuato con sistemi di campionamento costituiti da bottiglie verticali (bottiglia di Niskin e di Kemmerer) o orizzontali (Van Dorn), o con l’ausilio di secchi, campionatori DIP, Bacon bomb o, infine, tramite un campionatore automatico. 

 

 

Le bottiglie Niskin, Kemmerer e Van Dorn sono costituite da cilindri le cui estremità sono aperte nella fase iniziale del campionamento e che vengono chiuse alla profondità prestabilita del corpo idrico in esame, tramite l’invio di un messaggero che attiva un meccanismo che ne consente la chiusura. La capacità di queste bottiglie è molto variabile (in genere da 1 dm3 fino a 30 dm3). Terminato il prelievo il contenuto viene trasferito negli appositi contenitori.  

Questi sistemi forniscono un campione istantaneo e non prelievi integrati nel tempo che sono quindi rappresentativi solo della qualità dell’acqua al momento e nel sito puntuale in cui il campione di acqua è prelevato.  

 

 

Un ultimo apparato impiegato per il prelievo di acqua è il bailers che consiste in una grossa colonna di plastica, che può essere chiusa ad una estremità tramite una valvola; questo dispositivo si riempie man mano che viene immerso in una colonna d’acqua, fino al raggiungimento della profondità desiderata. 

Il campionatore automatico permette, invece, il prelievo contemporaneo di più campioni di acqua e particolato a diverse profondità e/o in diverse posizioni. Questo sistema, a differenza di quanto avviene per le bottiglie Niskin o Van Dorn, permette di effettuare anche prelievi integrati in un periodo temporale abbastanza lungo. Esistono due tipi principali di campionatori automatici, uno dipendente dal tempo e l’altro dal volume. I campionatori dipendenti dal tempo prelevano campioni discreti, compositi e continui ignorando le variazioni di flusso del corpo idrico in esame, mentre i campionatori dipendenti dal volume prelevano campioni discreti, compositi o continui, ma in modo dipendente dalle variazioni di flusso. La scelta dipende dall’obiettivo dell’indagine. I campionatori automatici richiedono un’alimentazione elettrica che può essere fornita da batterie ricaricabili o da un motogeneratore. 

Il volume del campione dipende dalle determinazioni da eseguire e dal metodo di analisi impiegato. Si consiglia di prelevare in ogni caso quantità di campione in eccesso e di distribuirlo in più contenitori, in modo da premunirsi dalla possibilità di perdita del campione per eventuali incidenti ed avere la possibilità di compiere ulteriori accertamenti se ritenuti in seguito necessari. Tale aspetto è fondamentale, ad esempio, nel settore delle analisi forensi.  

Se non diversamente specificato, i contenitori devono essere riempiti fino all’orlo. Evitare di riempire completamente i contenitori contenenti campioni che devono essere congelati o mescolati e, in generale, di far tracimare l’acqua dal contenitore di raccolta durante il prelievo. Se nel contenitore non è contenuto un agente preservante, è buona norma procedere a sciacquare il recipiente con il campione prima di riempirlo. 

I contenitori utilizzati per la raccolta e il trasporto dei campioni non devono alterare il valore di quei parametri dei quali deve essere effettuata la determinazione, in particolare: 

  1. non devono cedere o adsorbire sostanze, alterando la composizione del campione; 
  1. devono essere resistenti ai vari costituenti presenti nel campione; 
  1. devono garantire la perfetta tenuta, anche per i gas disciolti e per i composti volatili, ove questi siano oggetto di determinazioni analitiche. 

 

I materiali più usati per i contenitori sono generalmente il vetro e la plastica. Riguardo al vetro, che rimane il materiale da preferire, esistono in commercio diverse tipologie che si differenziano per la composizione e per la resistenza agli agenti fisici e chimici. Tra questi i più indicati sono il vetro Pyrex (boro-silicato) e il Vycor (ad alto contenuto di silicio) che è di qualità migliore ma ha costi molto elevati. 

 

Nel caso in cui non sia richiesta una particolare impermeabilità ai gas o qualora non vi siano interferenze dovute agli additivi organici (per esempio i plastificanti), si può ricorrere all’uso di materiale plastico il quale presenta il vantaggio di essere leggero, resistente all’urto ed economico. In questi casi, il polietilene (PE) ha la prerogativa di essere più resistente agli agenti chimici e alle variazioni termiche e, inoltre, assicura una buona resistenza meccanica agli urti. Sono utilizzati anche contenitori costituiti da altro materiale polimerico come il perfluoro(etilene/propilene) (FEP), il polietilene ad alta densità (PE-HD), perfluoroalcossipolimero (PFA), il polipropilene (PP), il politetrafluoroetilene (PTFE, noto anche come Teflon®), il polietilene tereftalato (PET), il polivinilcloruro (PVC), il polimetilpentene (TPX) e il policarbonato, adatto soprattutto per campioni contenenti metalli. Esistono, infine, contenitori in metallo, per esempio acciaio inox, usati per alcuni campionamenti particolari, anche se il loro impiego non è molto diffuso. 

 

Il PE e il polimetilpentene TPX sono, tra i materiali plastici impiegati, quelli che mediamente cedono meno impurezze e pertanto sono consigliabili quando è necessario determinare concentrazioni dell’ordine di 10-9 parti (m/m o m/v). 

 

Se i campioni devono essere congelati si consiglia di adottare contenitori in PE o in PTFE per evitare l’eventuale rottura dei recipienti. In generale, è preferibile l’impiego di contenitori monouso (alcuni produttori forniscono insieme ai contenitori certificati di pulizia e, in questi casi, non è necessario lavare i recipienti prima del loro utilizzo). Di solito per il campionamento convenzionale di acque destinate alla determinazione di parametri fisici e chimici sono impiegate bottiglie in polietilene o in vetro borosilicato a discapito dei contenitori in PTFE che, seppur preferibili grazie alla loro elevata inerzia chimica, non sono solitamente adottati per le analisi di routine a causa del loro costo elevato.  

Grande attenzione deve essere, infine, rivolta ai tappi di questi contenitori che devono sigillare la bottiglia ed evitare le contaminazioni incrociate. 

In tabella 2 della IRSA-CNR 1030 sono elencati i contenitori adatti per ciascuna determinazione analitica e il tempo massimo di conservazione del campione. 

 

In conclusione, per quanto finora detto risulta necessario che la fase di prelievo dei campioni sia in grado di garantire: 

  1. a) l’assenza di contaminazioni esterne o da parte degli strumenti utilizzati per il prelievo
  2. b) l’assenza di cessione o assorbimento da parte dei contenitori
  3. c) l’assenza di perdite di sostanze volatili
  4. d) l’assenza di reazioni tali da modificare chimicamente o fisicamente il campione
  5. e) la quantità minima di cui deve essere costituita ogni aliquota per effettuare l’analisi
  6. f) un’idonea conservazione del campione

 

 

 

 

 

Articolo a cura dell’Ing. Daniela Caracciolo

Coordinatore tecnico-scientifico Dipartimento Tecnologie per l’Ambiente SSIP

 

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