Sostenibilità per una maggiore competitività: le opportunità dei programmi nazionali ed europei di finanziamento alla ricerca e innovazione

Intervento di Lucia Gardossi,  Coordinatrice del Comitato Tecnico Scientifico del Cluster Tecnologico Nazionale SPRING

Pubblicato sulla rivista CPMC n.3 (2021)

 

La Bioeconomia, vale a dire il meta settore che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, per la produzione di beni ed energia, rappresenta circa il 10% dell’economia italiana (2020: 316.974 milioni €). All’interno della Bioeconomia, nel 2020 il valore della produzione del Sistema moda bio-based (tessile, abbigliamento e pelletteria/calzature bio-based) è stato pari a 25 miliardi di euro, in calo del 27,7% rispetto al 2019. Questo è il quadro descritto dal Rapporto 2021 “ La Bioeconomia in Europa” realizzato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con Studi e Ricerche per il Mezzogiorno-SRM e il Cluster Nazionale per la bioeconomia circolare SPRING, che tuttavia evidenzia come in Italia la bioeconomia circolare abbia perso nel complesso il 6,5% del valore della produzione, un calo inferiore rispetto a quanto segnato dall’intera economia (-8,8%). Il Sistema moda è risultato tra i settori più colpiti dalla pandemia all’interno del panorama del manifatturiero italiano a causa della diminuzione dei consumi e anche per il comparto della concia e pelletteria bio-based si è osservata una contrazione del 28%. Tale comparto rappresenta l’8% della Bioeconomia italiana, con una produzione nel 2020 di 11,6
miliardi € e più di 77.000 occupati.

 

In questo momento l’intero sistema Italia è chiamato ad intraprendere azioni propulsive per una ripresa rigenerativa che assicuri resilienza e sostenibilità sociale, ambientale ed economica. Il tutto all’interno di un quadro di agende strategiche e programmazioni nazionali, fortemente allineate con le agende europee. Nel dicembre 2019, la Commissione europea, ha presentato l’ European Green Deal che intende rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, attraverso l’implementazione del Piano di Azione per l’Economia Circolare (PAEC) e della Bioeconomia.

 

In seguito alla crisi economica conseguente alla pandemia, l’UE ha lanciato nel maggio 2020 il programma Next Generation EU (NGEU) che prevede complessivi stanziamenti per un totale di 2 018 miliardi di € (a prezzi correnti). L’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del NGEU: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il REACT-EU. Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. Il rilancio dell’Italia delineato dal Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) si sviluppa intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale, declinate secondo 6 missioni. (Figura 1)

E’ evidente che la transizione ecologica e digitale sono al centro di tutte le agende europee e nazionali, e questo condurrà a sostanziali modifiche delle normative e politiche relative a numerosi settori. Pertanto la ricerca e l’innovazione assumono importanza strategica non solo per garantire il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi già citati, ma anche per assicurare la competitività dell’industria di fronte a quadri normativi in rapida evoluzione e, in ultima analisi, per migliorare la resilienza del nostro Paese e di tutti i comparti produttivi. Per meglio comprendere quale ruolo possa giocare il comparto concia e pelli nel quadro dell’innovazione sostenibile, val la pena di ricordare come esso sia citato dalla nuova Strategia Italiana per la Bioeconomia (2019) ma anche dalla Strategia nazionale per l’economia circolare (2021). Quest’ultimo documento sottolinea come la trasformazione delle pelli sono il prodotto ad alto valore aggiunto di un processo di trasformazione di uno scarto, le spoglie degli animali allevati a scopo alimentare che, se non recuperate, andrebbero smaltite entro breve tempo.

 

In aggiunta, parte degli ausiliari chimici impiegati (tannini, ingrassi, caseine per citarne alcuni) derivano da frazioni di recupero di altre filiere industriali. Per le restanti materie prime impiegate nei processi di lavorazione (acqua, energia, chemicals in generale), dal 2003 al 2019 si registra un –9% di consumi di chemicals, un –30% di consumi energetici e un –18% di consumi idrici. Per quanto riguarda la produzione di rifiuti, il 75,4% è avviato al recupero. Vale la pena di sottolineare come un’analisi
condotta da Federchimica, relativamente all’industria chimica ausiliaristica al servizio del comparto pelli, indichi come il settore è già orientato verso l’esclusivo utilizzo di quei prodotti che, a parità di resa tecnica, siano maggiormente sostenibili, nonché compatibili con l’odierna tecnologia della depurazione delle acque.

 

La figura 1 riassume i principali programmi di finanziamento alla ricerca nazionali ed europei che possono fornire opportunità per l’innovazione di prodotto e di processo del comparto concia e pelli, priorità che può essere affrontata anche in sinergia con i nuovi strumenti digitali. In tal senso, il Programma nazionale per la ricerca (PNR 2021-27) è il documento previsto dal D.Lgs. 204/1998 che fornisce l’architettura strategica per interventi coerenti del Paese sulla ricerca, facendo in modo che interagiscano in modo sinergico con i fondi europei assegnati su base competitiva attraverso Horizon Europe (Programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione 2021-2027), i fondi strutturali e d’investimento nazionali e regionali (PON e POR), i fondi di competenza del MUR (FFO, FOE, FIRST, FISR ecc.) e le iniziative in ricerca degli altri Ministeri ed enti. Il documento PNR 2021-27 presenta nella sua introduzione un’analisi dei punti di forza e debolezza del sistema ricerca e innovazione italiano. Il documento European Innovation Scoreboard 2020 attribuisce all’Italia una “moderata” propensione all’innovazione
sebbene la capacità di proporre innovazione delle PMI italiane sia molto elevata (130,7% della media EU) e il nostro sistema R&I presenta una buona capacità di produrre patrimonio intellettuale in termini di marchi, disegni o modelli (141,1% della media EU). Tuttavia, tutti gli indicatori che qualificano le collaborazioni e il trasferimento di competenze a favore dell’innovazione collocano il nostro Paese nella metà inferiore dei Paesi dell’OCSE (67,1% del valore medio degli altri Paesi). Sono tre gli indicatori che misurano le capacità di innovazione: numero di collaborazioni tra imprese innovatrici (56,0%), pubblicazioni
prodotte in collaborazione tra il settore pubblico e privato (80,5%) e cofinanziamento del settore privato alle attività pubbliche di
ricerca e sviluppo (67,0%).

 

Il PNR 2021-27 sottolinea come per superare queste fragilità sistemiche l’innovazione debba coinvolgere lo scambio di conoscenza e tecnologia tra alta formazione e ricerca, industria, governo e cittadini. L’intervento pubblico è altresì necessario per favorire l’innesco di questa contaminazione, permettendo così di realizzare progetti sempre più inclusivi, ambiziosi e capital
intensive. Va spostata l’attenzione dai soli brevetti e spin-off ai meccanismi di valorizzazione delle scoperte che nascono
nelle università e necessitano di risorse ad hoc per realizzare proof of concept e prototipi. Allo stesso tempo, le idee innovative devono essere accompagnate sul mercato attraverso processi di trasferimento tecnologico dedicati, condotti anche in sinergia con enti privati.

 

Risulta quindi essenziale favorire la creazione di reti di collaborazione tra sistema pubblico e privato, consolidando le esperienze positive di cooperazione e scambio di conoscenze maturate negli ultimi anni quali i Centri di competenza ad alta specializzazione ed i Cluster tecnologici nazionali. A tal riguardo, va ricordato l’attività del Cluster tecnologico nazionale per la Bioeconomia circolare SPRING, che opera per favorire un dialogo costruttivo tra tutti gli attori delle filiere circolari della bioeconomia, vale a dire ricerca, formazione, industria e istituzioni.

 

 

(Figura 1)

 

 

 

 

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