Caratterizzazione di prodotti chimici conciari in polvere: caso studio le zeoliti. 

 

Disporre del maggior numero possibile di informazioni sulle particelle di un composto chimico in polvere, consente di prevedere al meglio le prestazioni del materiale.

I parametri necessari per eseguire analisi di questo tipo includono: dimensioni delle particelle, dimensioni dei pori, forma delle particelle, struttura interna, potenziale zeta, area superficiale, area reattiva, densità, proprietà di scorrimento della polvere, ecc.  Nello specifico si può parlare di analisi granulometrica per la caratterizzazione dimensionale delle particelle della polvere, e della caratterizzazione elementare per i metalli che caratterizzano la zeolite. 

 

Alcune delle tecniche maggiormente utilizzate per la caratterizzazione di una zeolite in polvere sono di seguito elencate: 

 

  • Analisi granulometrica attraverso setacci 
  • Determinazione della superficie specifica 
  • Analisi termogravimetrica 
  • Analisi diffrattometrica ai raggi X 
  • Diffusione dinamica della luce 
  • Analisi d’immagine dinamica 
  • Analisi d’immagine statica 

Le differenti tecniche sono utilizzate per effettuare misure di particelle di dimensione e geometria variabile; partendo dall’analisi granulometrica con setacci che dà la possibilità di misurare particelle comprese nel range tra 20 µm – 125 mm, si arriva alla misura di particelle di dimensioni molto minori comprese nel range tra 0,8 nm 6500 nm grazie al Dynamic Light Scattering. 

L’analisi granulometrica per setacciatura viene eseguita con una serie di setacci, sovrapposti con apertura via via decrescente dall’ alto verso il basso, fatti vibrare in modo che i granuli vengano separati in frazioni pressoché uguali e trattenuti nei setacci col diametro corrispondente 

Così come i comuni setacci vengono classificati in base al numero delle maglie contenuto in un pollice lineare (mesh), allo stesso modo si possono classificare le dimensioni delle particelle che costituiscono le polveri; in pratica si contano gli spazi fra le particelle poste lungo un pollice lineare 

Il setaccio è un vaglio costituito da un recipiente che per fondo ha generalmente un retino metallico, che serve ad eseguire una cernita in base alle dimensioni, più in dettaglio a filtrare materiale avente dimensioni superiori a quelle della maglia e stabilire, convenzionalmente, la dimensione granulometrica del materiale trattenuto. 

È possibile disporre più setacci uno sopra l’altro, in modo da suddividere rapidamente un materiale eterogeneo come il terreno, e ricavarne la composizione granulometrica e la curva granulometrica. 

 

Determinazione della superficie specifica: per ricavare la superficie specifica di una particella porosa si esegue una determinazione attraverso dei metodi chimico-fisici. Viene misurata la quantità di gas adsorbito e desorbito sul campione a temperatura costante al variare della pressione in modo tale da ottenere le isoterme di adsorbimento da cui ricavare il valore desiderato. 

Le isoterme di adsorbimento sono delle curve in cui si riporta la quantità adsorbita, o una grandezza equivalente, al variare della pressione parziale del gas a temperatura costante. Esistono diverse curve di adsorbimento ottenute ipotizzando sistemi più o meno semplici dal punto di vista dell’interazione gas-solido. 

  • L’isoterma del primo tipo è quella di Langmuir e riguarda soltanto i sistemi rari in cui l’adsorbimento si limita al monostrato. 
  • L’isoterma del secondo tipo è detta isoterma BET e indica la formazione di un numero indefinito di strati, dopo la formazione del monostrato che si dovrebbe avere circa nel flesso. 
  • L’isoterma del terzo tipo prevede sin da subito la formazione di più strati. Le molecole adsorbenti hanno più affinità per molecole uguali piuttosto che per la superficie del solido. 
  • Le isoterme del quarto e quinto tipo sono simili rispettivamente a quelle del secondo e del terzo tipo ma presentano una isteresi. Questa isteresi è dovuta al fenomeno della condensazione capillare. 

 

Figura 1: Classificazione isoterme di adsorbimento 

 

I metodi di misurazione tipici dell’isoterma di adsorbimento sono il metodo volumetrico, gravimetrico, di adsorbimento a impulsi e dinamico. Il metodo volumetrico viene utilizzato principalmente per misurare l’area superficiale e la porosità. 

I due metodi sperimentali che si possono utilizzare per la determinazione dell’area superficiale sono il metodo dinamico e il metodo statico volumetrico.  

  • Il metodo dinamico consiste nel far adsorbire azoto sulle particelle di un solido attraverso il flusso di una corrente di azoto ed elio sulle particelle di solido. 
  • Il metodo statistico volumetrico, a differenza di quello dinamico, non prevede il flusso di gas sul solido ma piuttosto consiste nel far entrare il gas in una buretta dove è contenuto il solido a diverse pressioni e lasciarlo il tempo necessario per raggiungere l’equilibrio.

La caratterizzazione delle polveri avviene attraverso l’immissione di gas (di solito azoto) all’interno del volume noto Vc fino al raggiungimento della pressione desiderata. Successivamente queste moli di gas sono inviate nel portacampioni e si misura la pressione nel tempo fino al raggiungimento di una condizione di equilibrio che corrisponderà al volume massimo che si può adsorbire alla pressione finale. Questa operazione viene ripetuta più volte per tutti i valori di pressione che si vogliono studiare. Alla fine, otterremo una serie di coppie di dati pressione-volume adsorbito da cui è possibile ricavare la superficie specifica applicando l’equazione BET per solidi microporosi o l’equazione di Dubinin e Radushkevitch per solidi microporosi. 

 

Figura 2: isoterma di adsorbimento-desorbimento di azoto per la zeolite MCM-22 

Analisi termogravimetrica  

La termogravimetria è una tecnica classica che consente un’analisi termica quantitativa di un campione, senza però identificare la natura dei componenti, ma solo misurando quanto peso viene perso dal campione ad una certa temperatura. Da questa analisi si ottengono dei grafici (massa in funzione della temperatura) detti curve termogravimetriche. Le analisi termogravimetriche, o TGA, prevedono la misurazione continua del peso del campione in un ambiente in cui la temperatura è controllata e segue una rampa crescente programmata.  I gas utilizzati comunemente per il condizionamento dell’atmosfera all’interno della fornace possono essere suddivisi in due principali categorie: 

Gas inerti: comunemente vengono utilizzati azoto, elio e argon in differenti gradi di purezza commercialmente disponibili. 

Gas reattivi: ossigeno, anidride carbonica, monossido di azoto e molti altri. Spesso vengono anche utilizzate miscele in differenti proporzioni a seconda della specifica applicazione. 

 

Da quanto appena detto, l’analisi può essere effettuata in ambiente inerte, in ambiente ossidante o in ambiente riducente, e dunque dare luogo a diverse analisi del tipo Temperature Programmed Desorption (TPD), Temperature Programmed Oxidation (TPO), Temperature Programmed Reduction (TPR). Quello che si ottiene da queste analisi tipicamente è un grafico in cui si riporta la massa del campione nel tempo. Un tipico grafico risultante da questa analisi presenta un andamento della massa del campione più o meno a gradini, e ad ogni gradino che si osserva corrisponde una perdita di massa. Dallo strumento è possibile ricavare anche l’andamento della derivata della massa nel tempo e quindi ottenere la velocità di perdita di peso del campione che presenterà dei picchi in corrispondenza delle perdite di peso. L’analisi termogravimetrica può accoppiata a uno spettrometro di massa che permette di fare un’analisi simultanea con la quale determinare la specie che causa ogni perdita di peso. 

L’accoppiamento con uno spettrometro di massa permette di analizzare quello che è presente nel flusso di gas che proviene dalla TGA. Lo spettrometro analizza la presenza di ioni attraverso il rapporto caratteristico M/z, dove M è la massa molecolare e z è la carica dello ione. 

Figura 3: TGA di zeoliti con diverso rapporto SiO2:Al2O3 

 

 

 

Articolo a cura dell’Ing. Daniela Caracciolo

Coordinatore tecnico-scientifico Dipartimento Tecnologie per l’Ambiente SSIP

 

Minimum 4 characters