Sebbene la produzione conciaria sia orientata a soddisfare un’ampia fascia di mercato, è soprattutto nelle categorie “high end” e “premium luxury” che le proprietà qualitative del materiale si esprimono maggiormente; ed è proprio su questo segmento di mercato che si sono concentrate le principali sfide del momento, secondo la crescente esigenza di innovazione tecnologica, sostenibilità e qualità del prodotto.

In tal senso, i cuoi chiari, con particolare riferimento agli articoli bianchi, ricorrono frequentemente nelle produzioni destinate ei mercati di alta gamma. Per questa tipologia di articoli, l’uniformità del colore e la gradevolezza dell’aspetto superficiale complessivo sono requisiti fondamentali per i marchi nazionali e internazionali della moda e del lusso.

 

Uno dei difetti più comuni di questa tipologia di articoli è l’alterazione del colore, con particolare riferimento agli effetti localizzati o diffusi di ingiallimento della superficie del materiale. Diverse sono le cause in grado di contribuire all’insorgenza di questo tipo di difetti, in ragione della complessità della matrice e della variabilità dei processi produttivi tradizionali o innovativi utilizzati: dalla fragilità intrinseca, fotosensibilità e termosensibilità dei polimeri di rifinizione, all’instabilità chimica di alcune componenti dei pigmenti, alla presenza di additivi chimici fotosensibili, alla migrazione di componenti interni alla pelle o componenti di assemblaggio dei manufatti (grassi, riempitivi, plastificanti, colle, ecc.), fino all’indiretto contributo di fattori ambientali e termo-climatici in grado di influenzare negativamente le prestazioni del materiale.

La SSIP, da sempre impegnata in attività di ricerca per l’industria del cuoio, in materia di monitoraggio dei difetti ha svolto approfondimenti volti ad offrire una panoramica di tutti i principali strumenti per la diagnostica avanzata per l’identificazione delle cause dell’ingiallimento, oltre che per l’individuazione di soluzioni innovative per la risoluzione e/o minimizzazione della problematica.

 

Le cause più comuni di ingiallimento sono note in letteratura; tuttavia, il fenomeno appare generalmente piuttosto complesso, per i seguenti principali motivi:

 

– Oltre ai tradizionali componenti presenti all’interno della pelle e della rifinizione, altre sostanze utilizzate come additivi possono causare il difetto;

– In alcuni casi, le sostanze responsabili derivano da materiali di assemblaggio utilizzati per la produzione degli articoli finiti;

– Più di un componente chimico può essere coinvolto nel problema;

– Alcuni agenti chimici potenzialmente coinvolti sono di origine ambientale (e possono accidentalmente causare la problematica);

– Altri fattori ambientali/esterni possono essere coinvolti nella causa del problema (come l’esposizione alla luce o al calore dei campioni);

– Il difetto può derivare da un insieme di precedenti fattori elencati, diretti e indiretti, che concorrono a causare il difetto;

– La problematica può insorgere dopo la commercializzazione dell’articolo, in quanto non si manifesta immediatamente, rientrando quindi tra i difetti occulti.

 

Nell’ambito di uno studio effettuato dalla SSIP (Florio C., et al., – Advanced diagnostics and innovative solutions for leather defects: the problem of yellowing. JSLTC – Journal- Society of Leather Technologists and Chemists – December 2019. 103(6):296-304) è stata svolta una indagine su 32 casi di ingiallimento; l’indagine è stata svolta su campioni di cuoio, articoli in cuoio e prodotti chimici. L’indagine complessiva ha prodotto risultati interessanti, i più rilevanti dei quali verranno discussi di seguito.

In primo luogo, indipendentemente dalla destinazione d’uso delle pelli, la principale causa di ingiallimento è risultata correlata alla natura della rifinizione (14 casi); in particolare, è stata riscontrata la ricorrente presenza di poliuretani aromatici nell’ultimo strato di rifinizione per i campioni difettati (Figura 1). In tutti i campioni difettati analizzati è stato inoltre riscontrato un aggravio del difetto in seguito all’esposizione al calore (soprattutto a secco) e/o alla luce.

 

Il secondo fattore coinvolto nell’insorgenza del difetto è risultato essere correlato alla presenza di sostanze derivanti dall’interno della matrice del cuoio (8 casi), con particolare riferimento ai grassi; nella maggior parte dei casi esaminati, la quantità di grassi è risultata maggiore per i campioni difettati, che presentavano anche una tipologia di grassi con un elevato grado di insaturazione. Per quanto riguarda l’origine dei grassi, le prove strumentali effettuate, hanno evidenziato che un ruolo determinante può essere attribuito alla natura dei prodotti di ingrasso utilizzati. Tuttavia, in un caso, è stata trovata la possibile correlazione del difetto con i grassi naturali della pelle; il caso ha riguardato un articolo per arredamento, costituito da pelli assemblate di diversa provenienza (Figura 2): le parti non difettate, di vitello, sono risultate caratterizzate da un contenuto di sostanza solubile in diclorometano del 2,7%, mentre le parti difettate (derivati da pelli di bufalo lavorate dalla stessa conceria), sono risultate caratterizzate da un contenuto di sostanza solubile in diclorometano del 10,5%; in questo caso, la natura particolarmente grassa delle pelli di bufalo è stata correlata all’insorgenza del difetto.

 

 

Nei restanti 10 casi la problematica è stata correlata agli additivi utilizzati nel processo produttivo, come plastificanti, antiossidanti, ecc. (Figure 3 e 4), nonché agli agenti esterni derivanti dai materiali di assemblaggio (adesivi, solventi, tessuti colorati).

 

 

Le indagini svolte hanno evidenziato che la problematica dell’ingiallimento può essere determinata da fattori disparati, rivelando una notevole complessità dei fenomeni potenzialmente coinvolti, e richiedendo quindi strumenti diagnostici avanzati per identificare alcuni dei possibili agenti ingiallenti. Tuttavia, alcune cause del difetto tradizionalmente note sono state confermate, come quelle in grado di incidere maggiormente sulla problematica: la più frequente causa di ingiallimento è stata infatti ricondotta alla natura chimica della rifinizione. L’uso di poliuretani aromatici in campioni difettati è risultato essere difatti particolarmente ricorrente. Anche la presenza di sostanze grasse ad alto contenuto di insaturazione si è rivelato un fattore determinante nell’insorgenza del difetto.

In tutti gli altri casi è stata invece riscontrata una dinamica più complessa dei fenomeni alla base del difetto, dove è stata ipotizzata la responsabilità contestuale di più fattori, con particolare riferimento ai fattori di invecchiamento termico e termo-ossidativo, associati a fenomeni di migrazione e alle caratteristiche di reattività di agenti potenzialmente ingiallenti, utilizzati come ausiliari o presenti nei materiali di assemblaggio. Esempi in tal senso si riferiscono ad adesivi, plastificanti, antiossidanti e fungicidi, la cui presenza è stata riscontrata trasversalmente nei campioni difettati, indipendentemente dalla natura della pelle di provenienza e dalla destinazione d’uso del materiale. Sono state anche esplorate strategie di minimizzazione della problematica, che sono state ulteriormente sviluppate in seguito, comprendenti approcci per l’impiego di nanotecnologie applicate.

 

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A cura di Claudia Florio

Coordinatore Dipartimento Biotecnologie Conciarie

Pubblicato il: 16 Nov 2022 alle 11:09

 

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