La digital couture tra innovazione e sostenibilità
Intervento a cura del prof. Luigi Nicolais, Consigliere SSIP
Articolo comparso su CPMC 1/2023
Tutte le mode sono, secondo il loro concetto, mutevoli maniere di vivere. In un mondo caratterizzato dalla transizione al digitale e dall’interdisciplinarità tra le economie, la moda si nutre e si mescola alimentando il continuo rinnovamento di segni e produzione di senso all’insegna di un’industria 4.0 La moda rappresenta l’espressione più evidente di una cultura fluida, connubio tra materiale e immateriale, un laboratorio attivo di sperimentazione, un’interfaccia connettiva. Qui viene rivisto il classico concetto di Habitus che assume una connotazione sociale, una cultura che si fa veste, dove le identità non si riconoscono più nella prefigurazione di stili di vita dati, ma diventano multi-layer. In particolare, la forza del nostro Made in Italy non deriva solo dalla creatività, bensì dal legame con la filiera di eccellenza dell’artigianato e della manifattura che nessun altro Paese al mondo ha nel mondo del design.
Per rafforzare questo primato il nostro Paese sta investendo su altri due tasselli fondamentali, la digitalizzazione e la sostenibilità, alimentando un circolo virtuoso che serve anche ad attrarre talenti e competenze. Si deve puntare sempre di più ad un modello capace di mixare l’attività di ricerca di sperimentazione con il saper fare che ruota attorno a grandi processi di trasformazione basati su nuovi paradigmi distributivi. Si tratta di un nuovo approccio alla Digital Couture basato su digitale e tecnologia applicata da una parte e storia, bellezza e manualità del passato dall’altra.
La moda oggi interpreta bene le necessità del nostro tempo: il crescente mondo digitale, per affrontare le sfide future, viene integrato con la manualità, il forgiare artigianale che non si spegne con il progresso tecnologico. Tante professioni stanno passando al digitale. Ma quest’ultimo da solo non basta se un prodotto non comunica quel linguaggio genuino che anche le aziende attive sul mercato possono capire.
In questo ambito, la diffusione del Computational Fashion Design basata sulla prototipazione rapida attraverso la stampa 3D e l’evoluzione dei software per la modellazione digitale verso metodi parametrici, ha suscitato un grande interesse da parte del mondo della moda.
La stampa 3D è una tecnica di manifattura additiva, ovvero permette di realizzare elementi tridimensionali aggiungendo materiale ad altro materiale, differenziandosi dalle tecniche produttive inventate in precedenza, le quali procedono per sottrazione di materia da un blocco iniziale di materiale.
I vantaggi di questo metodo sono la velocità e di esecuzione di un prototipo di un nuovo prodotto e la maggiore economicità di questa operazione perché non è necessario realizzare degli stampi e viene quasi azzerato lo spreco di materiale.
Con le nuove tecniche per progettare un oggetto da produrre con un sistema di prototipazione additiva è sempre necessario tradurre l’idea di partenza in un modello digitale e poi rendere tale modello comprensibile alla stampante 3D. Questa operazione di traduzione del pensiero creativo attraverso l’uso del computer, fa riferimento al concetto di Computational Design e sottintende un nuovo modo di concepire il design delle forme.
Siamo in presenza di una rivoluzione disruptive, come la definiscono gli americani, una rivoluzione che cambierà il modo di progettare e di produrre e che va oltre l’industria 4.0. Sono convinto che il benchmark tra i vari settori della moda potrà portare un grosso vantaggio a tutti i pionieri dell’innovazione, contribuendo ad accelerare i tempi di creazione e sviluppo di start-up made in Italy altamente competitive. La moda è cultura, è arte ma, soprattutto, ricerca continua.
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