Coating a base di esteri inorganici della cellulosa – Parte 2

 

Le lacche a base di nitrato di cellulosa comportano l’utilizzo di una materia prima già necessariamente co-formulata, ovvero additivata. Questo si rende necessario sia per rispondere ai requisiti tecnico-applicativi, sia per permettere una manipolazione in sicurezza e in accordo agli obblighi di legge, in termini di classificazione di pericolo, in quanto si tratta di nitrati di cellulosa (immagine 1) con nitro-gruppi medio alta.

 

Immagine 1

 

È pertanto necessario associare al polimero naturale modificato aliquote non trascurabili di miscele plastificanti, che sono costituite da combinazioni di plastificanti con differenti solubilità per l’estere cellulosico stesso.

Nello specifico, si utilizzano plastificanti definiti “solventi” verso il derivato di cellulosa, che vi risulta solubile e plastificanti “non solventi”, ovvero privi di capacità solvente verso il nitroderivato, come descritto nella parte 1, a cui si rimanda per i dettagli inerenti alle classi chimiche di queste due categorie di plastificanti.

Una caratteristica negativa dei plastificanti “non-solventi” risiede nell’essudazione per trattamento a caldo, fenomeno limitabile con opportuna combinazione con plastificanti solventi.

 

Si pone il quesito se eventuali squilibri nella combinazione di plastificanti e nella loro migrazione possano originare anomalie del finish superficiale e si porta ad esempio il seguente caso.

Per esempio, in un campione di pelle per arredamento avente un finish di natura nitro-cellulosica, come confermato da analisi FT-IR/ATR, che presenta una apparente patina, ma che da un esame più attento, si rivela essere costituita da una serie di piccole macchie grigiastre di dimensioni variabili (Ø 0,01÷ 0,20 mm).

 

 

Per verificare se si possa trattare di un affioramento di sostanze di natura esterea, un procedimento per la rimozione delle macchie con tampone imbevuto con un idrocarburo alifatico (n-esano), non in grado di intaccare il finish nitro-cellulosico, si è dimostrato efficace.

Non si evidenzia, infatti, alcuna rimozione, ma un’amplificazione del fenomeno, come da immagine seguente.

 

 

Attraverso un confronto spettrale tra aree contenenti una macchia (traccia blu), un’area detersa (traccia nera) ed un’area priva di macchie (traccia rosa), si evidenzia come la differenza, indicata dal picco il cui numero d’onda è riferibile al carbonile, è correlato alla presenza di plastificante.

 

 

L’ipotesi è che si siano utilizzate formulazioni con rapporti di plastificanti solventi/non solventi al limite, la cui rimozione / estrazione si rende immediatamente visibile come sbiancamento.

Il trattamento con emulsione di cere/olii o attraverso riscaldamento di un’area di un secondo campione con il medesimo difetto, evidenzia che il fenomeno risulta reversibile, sebbene temporaneamente con il trattamento termico, e si potrebbe ipotizzare un recupero dell’aspetto del film superficiale, direttamente attraverso agenti esterni o per migrazione/diffusione di sostanze dagli strati sottostanti (area scura nell’immagine seguente).

 

 

Queste valutazioni sperimentali sono sempre da ritenersi indicative e non esaustive sulla risoluzione della problematica in oggetto; tuttavia, è verosimile ritenere che il difetto derivi dal finish superficiale piuttosto che da una migrazione di grassi (repousse).

Infine, va sottolineato come post-trattamenti con formulati per after-care possano essere risolutivi ed efficaci per la ritenzione dei componenti con azione plastificante e la scomparsa del fenomeno.

 

 

Referenze

[1] Walsroder®Nitrocellulose  Technical Bullettin

 

 

Fai click qui per leggere la parte 1

 

A cura di 

Francesco De Laurentiis, Tecnologo di Ricerca SSIP

 

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