Il processo di macerazione delle pelli, nell’ambito dei processi di riviera propedeutici alla preparazione alla concia vera e propria ha l’obiettivo di eliminare impurità, pigmenti e parte dei grassi naturali, tessuti indesiderati ancora presenti nella pelle, quali l’elastina, con conseguente allentamento della struttura fibrosa che risulta anch’esso fondamentale per consentire l’ottimale penetrazione delle sostanze concianti, finalizzata a produrre pelli soffici e morbide.

Dal punto di vista tecnologico la macerazione è da definirsi una vera e propria digestione enzimatica, che agendo sulle fibre di elastina, provoca il rilassamento della struttura della pelle in trippa, rendendola flaccida e sgonfia.

L’applicazione di questa fase ha origini antiche, e fino all’inizio del secolo scorso era effettuata tramite l’utilizzo di sterco di cane o escrementi di uccelli; lo sviluppo di tecniche biotecnologiche ha consentito, fin dai primi anni del 1900, di sostituire completamente tale pratica rischiosa dal punto di vista batteriologico e di difficile controllo di processo, tramite l’uso di maceranti artificiali derivati a seguito dell’individuazione degli enzimi attivi nei prodotti sopra citati e progettati in considerazione delle caratteristiche delle sostanze da rimuovere. Ad esempio l’elastina resiste all’acqua bollente ed alle soluzioni fredde acide ed alcaline, ma è intaccata da enzimi proteolitici quali la tripsina o la pepsina (maceranti pancreatici), o anche da enzimi di analoga attività derivanti da colture batteriche; per le pelli ovine, caratterizzate da un più elevato contenuto di grasso naturale, sono da utilizzarsi indicati maceranti lipolitici contenenti lipasi, la cui presenza nello sterco di cane, unitamente a enzimi pancreatici, ne giustificava l’efficacia nel trattamento di tali pelli per guanteria.

In ragione del fatto che i maceranti più efficaci, ovvero i pancreatici, presentano il massimo di attività a pH compresi tra 8 e 8,5, nella pratica conciaria si è consolidato l’utilizzo di tali prodotti a valle della fase di decalcinazione, senza necessità di scaricare il bagno. Nel contempo si può regolare l’attività enzimatica anche agendo sulla temperatura che, solitamente è mantenuta tra 30 e 37 °C al fine di prevenire eventuali danni al fiore o anche alla struttura della pelle in trippa. L’azione enzimatica è ulteriormente regolata tramite l’aggiunta di sali di ammonio e altri prodotti di supporto come bentonite e/o derivati di legno. I tempi di processo, combinati con la regolazione del pH interno della pelle, consentono ulteriormente di modulare l’effetto desiderato sull’articolo: ad esempio una leggera decalcinazione e tempi di trattamento breve, fino ad 1 ora, sono finalizzati ad agire principalmente sul fiore, appiattendone la grana ed aumentandone la flessibilità.

La possibilità di regolare l’attività del macerante ed i conseguenti effetti sul fiore e sulla struttura della pelle in trippa, rende la macerazione una fase fondamentale per impartire le proprietà merceologiche desiderate del pellame finito. Solo nel caso della produzione di pellami rigidi per suole non è da effettuarsi e a parità di materiale di partenza, il processo di macerazione da eseguire per produrre pelli per differenti destinazioni (pelletteria pesante o guanteria) è differente. D’altro canto, le stesse motivazioni rendono il processo delicato e da verificare con attenzione sia per il rischio che non si possano successivamente impartire le proprietà desiderate, che per le irreversibili alterazioni del fiore che potrebbero incorrere dalla non corretta gestione operativa, tenuto anche conto che piccole variazioni di temperatura e pH agiscono drasticamente sull’attività del macerante.

A ciò si aggiunga che non esistono, ad oggi, metodi chimico-fisici di controllo dell’avanzamento del processo, ma unicamente qualitativi e/o empirici. Ad esempio, è prassi verificare la completa macerazione del pellame osservando la permanenza dell’impronta lasciata sulla pelle dalla pressione esercitata da un dito, oppure la fuoriuscita d’aria attraverso la pelle una volta formato un sacco con la stessa pelle e comprimendo l’aria all’interno. La fine del processo è effettuata per aggiunta di acqua fredda che blocca l’attività enzimatica abbassando temperatura e pH del bagno.

Lo sviluppo di biotecnologie ha consentito di mettere a disposizione del conciatore ulteriori prodotti ad azione macerante che operano in condizioni diverse da quanto sopra esposto. E’ il caso ad esempio dei maceranti di origine fungina che sono in grado di operare a pH 4-5 o le proteasi acide, che, idrolizzando le proteine a un pH basso compreso tra 2 e 4, possono trovare applicazione nel trattamento di pelli piclate o conciate, ad esempio allo stato wet-blue[1]. Nel caso di pelli importate, ad esempio, può nascere la necessità di ulteriore trattamento in quanto la struttura fibrosa del materiale in ingresso non è ben dispersa a causa di anomalie nelle fasi di riviera o di condizioni di stoccaggio o essiccazione inadeguate; ciò ostacola la rapida penetrazione e l’uniforme distribuzione uniforme dei successivi agenti post-concianti, pregiudicando la qualità della pelle finale. In questo caso non si tratta di una vera e propria macerazione, essendo l’azione comunque più blanda se paragonata agli altri tipi di enzimi, ma si può definire come rinverdimento enzimatico, effettuandosi il trattamento nelle fasi iniziali della lavorazione di pelli già piclate o conciate.

 

[1] Effect of the surface charge of the acid protease on leather bating performance, Bi Shi et al., Process Biochemistry Volume 121, October 2022, Pages 330-338

 

A cura del dott. Gianluigi Calvanese

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