Il territorio vicentino vanta un’antica e solida tradizione manifatturiera in diversi ambiti: la concia, ma anche la meccanica e meccatronica, l’oreficeria, il tessile-abbigliamento, l’agroalimentare; e ancora il legno-arredo e la ceramica. Produzioni diverse, che tuttavia hanno un comune denominatore nella necessità di guardare al futuro con un nuovo slancio. Oggi davvero chi si ferma è perduto. I cambiamenti intervenuti negli ultimi anni e quelli tuttora in corso sono stati troppo grandi per pensare di vivere grazie a rendite di posizione. Oggi replicare i prodotti e i modelli di business del passato quasi sempre non può che portare a rimanere sempre più ai margini. Semmai la tradizione va interpretata come esperienza, che questa sì rappresenta un valore strategico. Non dimentichiamo che siamo nell’economia della conoscenza e quando parliamo dei distretti produttivi la conoscenza: è data dal saper fare, ma anche da un tessuto di relazioni, dalla capacità di inventiva… Cose che non si possono ottenere semplicemente analizzando i big data. Tutto questo rimane un vantaggio competitivo strategico per le nostre imprese e per i nostri distretti produttivi.

Come utilizzare questo know how dunque?

Per governare in modo più efficace quel processo di evoluzione continua che oggi deve caratterizzare le imprese se vogliono avere successo. Sotto tutti i punti di vista. Il saper fare, inteso come competenze produttive, conoscenza dei materiali, design, ma anche il padroneggiare la rete dei fornitori, oggi deve
essere visto soprattutto come un vantaggio competitivo nell’innovazione e sviluppo di nuovi prodotti. Dunque non una condizione statica, ma un punto di continua ripartenza per proporre al mercato prodotti e soluzioni sempre nuovi. Analogamente, la conoscenza del mercato deve essere una bussola per orientare questo cambiamento, indirizzando l’evoluzione di prodotto verso le nuove esigenze dei clienti e i gusti emergenti, e quando possibile anticipandoli.

È sufficiente l’innovazione di prodotto per garantire la continuità futura del Made in Italy?

Sicuramente è strategica, ma non è più sufficiente nemmeno questa: oggi le imprese devono affrontare una revisione critica anche dei loro processi organizzativi interni, nell’ottica di migliorare l’efficienza, perché la qualità da sola non basta più, in quanto è cresciuto anche il livello dei competitors. E occorre imparare padroneggiare e applicare strumenti che fino a oggi molte imprese, soprattutto le PMI, hanno guardato con un certo distacco: penso alla digitalizzazione, che non significa avere il sito Internet, ma anche agli strumenti finanziari, perché questa capacità di innovazione continua implica anche investimenti costanti e dunque una rinnovata attenzione all’equilibrio finanziario e al mondo del credito.

 

 

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