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FOCUS SCIENTIFICO: La “bronzatura” sui cuoi scuri: analisi delle cause e possibili rimedi
FOCUS SCIENTIFICO: La “bronzatura” sui cuoi scuri: analisi delle cause e possibili rimedi

Uno dei più diffusi ed indesiderati difetti dei cuoi scuri, in particolare quelli di colore nero e testa di moro, è costituito dall’alterazione della colorazione, con particolare riferimento agli effetti localizzati o diffusi di una colorazione superficiale definita con il termine “bronzatura” per il suo aspetto metallico. Numerose sono le cause che possono concorrere alla produzione di questa tipologia di difetto, in ragione della complessità della matrice e della variabilità dei processi produttivi tradizionali o innovativi utilizzati, fino al contributo indiretto di fattori ambientali e termo-climatici in grado di impattare negativamente sulle prestazioni del materiale.

I settori maggiormente interessati da questo tipo di problematiche sono quello calzaturiero e della pelletteria.

 

Per questa tipologia di articoli, l’uniformità della colorazione e la gradevolezza dell’aspetto superficiale complessivo, costituiscono requisiti fondamentali richiesti dai principali brand moda e lusso nazionali e internazionali.

Nella maggior parte dei casi la causa è da attribuire alla scarsa solidità del colorante nei confronti del pellame, e la conseguente migrazione in superficie dello stesso colorante o di componenti più o meno attive.

Il fenomeno di migrazione superficiale di componenti interni alla pelle è dovuto ad un processo di diffusione chimico – fisico, che spontaneamente veicola la fase apolare verso la superficie per effetto di incompatibilità con le fibre conciate e tinte della pelle che possiedono, invece, una carica nettamente elettrostatica interna. Trattandosi di un processo di diffusione allo stato solido, esso è naturalmente lento, cioè viene osservato nei suoi effetti solo dopo diverso tempo. Infatti, risulta di difficile riproduzione anche attraverso prove di laboratorio.

Pertanto i coloranti, apportati nelle tinture in botte e/o nelle pigmentazioni superficiali, essendo nella maggior parte dei casi costituiti da miscele di più componenti diverse possono tendere, se non adeguatamente fissati in tintura, a spostarsi col tempo differenzialmente nella sezione del cuoio.

Questo aspetto è tipico di certe pelli tipo anilina, soprattutto di colore scuro, tinte in botte con un eccesso di colorante, ovvero di rimonte che prevedono, ad esempio, l’utilizzo di coloranti cationici intermedi non ben bilanciati all’interno della miscela.

In qualche caso anche rifinizioni pigmentate possono mostrare questo tipo di problema, quando si utilizzano pigmenti organici, il cui eventuale eccesso è da riferirsi rispetto alle proprietà leganti della miscela.

 

In altri casi, il fenomeno può dipendere dalla presenza di materiali accoppiati al pellame che mostrano un’eventuale tendenza alla cessione di colore, che manifesterà incompatibilità con la pelle già tinta.

 

A ciò si aggiungono fattori/componenti secondari che possono provocare fenomeni di migrazione dei coloranti verso la superficie; ad esempio, alcuni componenti normalmente presenti nei pellami quali plastificanti e solventi, fungono da veicolo verso la superficie della sostanza responsabile della bronzatura.

In alcuni casi anche la microanalisi con sonda a raggi X dei coloranti utilizzati può rilevarsi utile nell’intercettazione del difetto. Nello specifico si riportano di seguito i risultati di una microanalisi condotta su due coloranti utilizzati per un pellame che ha manifestato successivamente il fenomeno di bronzatura.

 

 

La microanalisi con sonda a raggi X dei coloranti ha evidenziato una consistente presenza di solfato di sodio nei due coloranti.

Ciò comporta come conseguenza un’azione meno efficace da parte della parte attiva del colorante e quindi una minore penetrazione dello stesso oltre che una disuniforme distribuzione.

Le prove più adatte a prevenire questo tipo di problematiche sono:

  • le prove di solidità del colore, in particolare allo strofinio a secco e ad umido, atte ad evidenziare le caratteristiche di solidità del colorante.
  • le prove di invecchiamento che consistono in test effettuati in camera climatica in determinate condizioni di temperatura ed umidità. Questo tipo di test non sempre riproduce il difetto, se non dopo svariati giorni anche più di una settimana.

Sull’articolo finito, è possibile verificare la tendenza allo scarico del colore già semplicemente trattando il manufatto con un tessuto imbibito d’acqua, valutando l’eventuale presenza di macchie sull’articolo o di aloni colorati sul tessuto.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi il fenomeno della bronzatura è irreversibile, ovvero non esistono trattamenti definitivi che possano rimuovere la problematica dall’articolo finito, senza che essa possa ripresentarsi o che l’articolo stesso possa perdere una qualche caratteristica merceologica.

A cura della dr.ssa Roberta Aveta

17-10-2024

 

Focus Scientifico – Esame microscopico: uno studio comparativo delle pelli bovine
Focus Scientifico – Esame microscopico: uno studio comparativo delle pelli bovine

 

Il laboratorio di microscopia della SSIP oltre ad offrire un supporto specialistico finalizzato alla verifica e certificazione di autenticità di pelle, cuoio e pellicce nell’ambito del Decreto Legislativo n. 68/2020, consente anche di studiare la morfologia di varie zone della stessa pelle e come si configura l’orientamento delle fibre sulla pelle, ciò risulta utile sia per la caratterizzazione delle varie specie animali più in uso, sia per effettuare valutazioni merceologiche della pelle favorendone un migliore utilizzo per le varie applicazioni a cui essa è destinata.

Le tipologie di pelli bovine più utilizzate nell’industria conciaria sono principalmente vitelli, vitelloni, vacche e bufali. 

Ogni tipologia presenta caratteristiche merceologiche differenti, quindi è importante poterle distinguere tra loro sulla base delle esigenze specifiche richieste per il prodotto finale. 

I primi requisiti distintivi si basano sul peso, lo spessore e la superficie totale ma tali valutazioni sono fattibili quando si ha a disposizione il pellame intero, altrimenti si ricorre ad altri metodi diagnostici come la microscopia.

Il vitello è un bovino maschio/femmina, con un’età inferiore agli 8 mesi quando viene macellato. Il vitellone è un bovino più grande, con un’età inferiore ai 24 mesi al momento della macellazione. La vacca è la femmina adulta dei bovini. 

Le pelli di vitellone e vacca a parte la differenza di peso per il resto presentano caratteristiche strutturali assimilabili ad un generico bovino adulto:

  • lo strato papillare (fiore) è allentato ed è circa il 10-20% del derma.
  • lo strato reticolare è compatto ed è circa il 70-80% del derma.

L’aspetto del fiore al microscopio si presenta con follicoli distribuiti uniformemente sulla superficie del fiore con dimensione e profondità differenti a seconda dell’età (foto 1)

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Foto 1 – superficie pelle bovino adulto 

In molti casi le pelli sono rivestite da uno strato polimerico che ricrea il tipico disegno del fiore della pelle. Con una semplice prova, utilizzando un batuffolo di ovatta imbibito con alcol etilico o acetone, è possibile asportare lo strato polimerico e quindi osservare la superficie naturale della pelle.

Tali prove merceologiche permettono di poter valutare anche ulteriori caratteristiche del pellame che consentono anche di classificare il prodotto sulla base della norma UNI EN 15987:2015 “Leather – Key definitions for leather trade” che fornisce alcune definizioni chiave per il commercio del cuoio. La norma classifica i “termini” in: termini chiave, qualificanti, termini specifici ed altri.

La foto 2 mostra l’immagine ottenuta al microscopio di una pelle bovina NUBUCK – Cuoio abraso dal lato fiore in modo da ottenere un effetto vellutato e con grana ancora visibile

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Foto 2 – pelle bovina nubuck

La pelle di vitello ha una struttura che si distingue da quella dei bovini adulti

Lo strato papillare è circa il 25-30% della pelle

Lo strato reticolare è compatto ed è circa il 50-60% della pelle

Le pelli di vitello proprio per le caratteristiche uniche del fiore sono i pellami più pregiati e preferiti nella produzione di articoli di qualità; infatti, vengono molto utilizzate nell’industria della moda anche per la morbidezza, la resistenza e la flessibilità che le rendono ideali per la produzione di borse, portafogli, giacche, calzature e abbigliamento. La pelle di vitello nonostante sia costituita da fibre molto sottili mostra una notevole pienezza che ne conferisce una buona resistenza anche alle abrasioni oltre ad una buona capacità di mantenere inalterate le sue caratteristiche nel tempo. 

L’aspetto del fiore al microscopio si presenta con follicoli molto fitti ed una grana molto fine (foto 3)

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Foto 3 – superficie pelle di vitello

La pelle di bufalo proviene generalmente dall’ Asia o dall’ Africa e viene molto utilizzata nel settore dell’arredamento, ma anche della pelletteria.

Durante il processo di concia si cerca di non allungare molto la pelle per preservare il particolare aspetto granuloso; inoltre, le pelli di bufalo presentano una buona flessibilità ed una buona resistenza alla bagnatura, tali requisiti presumibilmente sono dovuti alla considerevole quantità di grasso naturale che caratterizza questa tipologia di pelli.

I bufali presentano al microcopio una superficie con follicoli a punta di spillo meno fitti rispetto ad altri bovini e praticamente equidistanti tra loro. Lo strato papillare è molto compatto (foto 4)

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Foto 4 – superficie pelle di bufalo

Laddove risultasse complicato asportare rifinizioni troppo coprenti è possibile valutare la morfologia in sezione al microscopio in trasmissione, poiché anche in questo caso la struttura fibrosa presenta delle caratteristiche distintive che consentono di distinguere diverse specie tra loro.

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Sezione pelle bovina Sezione pelle bufalo

 

1 Agosto 2024

A cura di 

Dott.ssa Roberta Aveta – Tecnico di microscopia/servizi di diagnostica avanzata

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