Lo studio approfondisce in particolare la concia attraverso polimerizzazione in situ, ovvero la reticolazione che viene favorita da molecole che instaurano legami con il collagene attraverso la modulazione della loro lunghezza/grandezza o peso molecolare in funzione della distanza fra catene giustapposte da collegare. 

Il principio delle stabilizzazioni del collagene maggiormente efficienti si basa sulla possibilità di instaurare legami forti e stabili e/o di numero sufficientemente elevato fra le catene collageniche (ad esempio le fibrille). 

Considerando le strutture coinvolte nel derma vi sono le conformazioni o strutture supramolecolari laddove l’aggregazione di diverse triple eliche generano le fibrille che possiamo riassumere come le più intime e più importanti catene che vengono coinvolte nella reticolazione. 

Le sostanze concianti maggiormente in uso nel settore sono quelle minerali, come i sali di Cromo e le dialdeidi, come la Glutaraldeide, le quali esplicano un effetto stabilizzante o conciante grazie ad un ulteriore fattore, oltre a quello della forza e numero di legami, legato alla possibilità di raggiungere punti reattivi delle catene peptidiche diversamente lontane. Ovvero le sostanze concianti come il solfato di Cromo basico ha la possibilità di aumentare la propria capacità di collegare le fibre grazie all’opportunità di polimerizzare, attraverso l’aumento della sua basicità, ed aumentare la lunghezza della molecola con le sue braccia reattive terminali che possono raggiungere diverse distanze. 

Nel caso del Cromo è stato dimostrato che la reazione stabilizzante, prevalentemente, con i gruppi carbossilici delle catene laterali del polipeptide, avviene attraverso legame di coordinazione nella posizione trans del complesso di più atomi di Cromo collegati. 

Alzando il pH aumento la basicità del polimero complesso e la sua possibilità di aumentare dimensione nella forma solubile così da poter raggiungere all’occorrenza catene lontane più o meno lontane. 

Questa è un altro grande vantaggio della concia al Cromo, ossia di poter accrescere la sua dimensione fino a raggiungere gruppi carbossilici delle catene da reticolare, quindi di presentarsi molto versatile, in funzione del supporto da conciare, molto efficiente oltre che efficace. 

Si può notare nella figura 1 i diversi siti reticolabili delle catene in posizioni molto differenti. Tanto più si riesce a raggiungere posizioni lontane e diverse, senza causarne una contrazione, maggiore sarà l’effetto stabilizzante a parità di offerta di sostanza conciante. 

 

Analogamente la Glutaraldeide, come pure la formaldeide, possiede la succitata capacità di polimerizzazione in situ fino al raggiungimento dei gruppi reattivi, questa volta amminici, delle catene laterali basiche del polipeptide. 

Su questi presupposti si è basata la ricerca di altre sostanze reticolanti per il collagene, ossia sul principio di polimerizzazione in situ o nell’ambiente di trattamento di concia. 

Considerando un altro gruppo reattivo funzionale alla trattazione, come quello epossidico, esistono diverse esperienze legate alla reattività di sostanze polimeriche epossidiche. Tuttavia, nel caso del più promettente EGDGE-ethylene-glycol-diglycidyl-ether, si sono rivelati scarsi risultati in termini di efficacia (bassi Tg) ed efficienza (alte offerte e tempi di trattamento molto lunghi). La reattività degli epossidi verso i gruppi amminici, carbossilici e ossidrilici per esempio dei peptidi è nota e funzionale ma nella reticolazione con la pelle l’effetto non è confortante. Una via percorsa da altri ricercatori è quella di combinare la reattività degli epossidi con quelle dei gruppi carbossilici dei composti acrilici. 

In questa circostanza l’autore ha sottolineato come la sinergia con l’acrilato potesse innalzare le prestazioni di stabilizzazione, ottenendo temperature di contrazione finali superiore ai 100°C. La sperimentazione però non ha considerato il possibile effetto positivo, sulla reticolazione, di un composto ad alto contenuto e in molteplici posizioni di siti reattivi epossidici come il polimero realizzato nel lavoro, coadiuvato da funzionalizzazioni solubilizzanti carbossiliche piuttosto che reticolanti. Ovvero la funzione dei gruppi carbossilici volti più a fornire possibilità di diffusione all’interno delle fibre da reticolare, di un polimero complesso ma contenente molti siti reattivi. Quest’esempio non è propriamente una concia attraverso una polimerizzazione in situ ma fornisce uno spunto su altre alternative come quella dell’utilizzo dei funzionalità ibride organiche ed inorganiche. 

Nel caso del 3-Glycidyloxypropyl)trimethoxysilane la funzione epossidica può lavorare in condizioni favorevoli per collegarsi, con un forte legame covalente, ad un gruppo amminico di una catena peptidica mentre la funzione silossanica può polimerizzare e aumentare le sue dimensioni in modo favorevole a raggiungere altre catene differentemente lontane. 

Purtroppo, il legame che può instaurarsi fra l’ossigeno del silano ed un carbonio o azoto di un gruppo funzionale del peptide è raro, debole o reversibile nelle condizioni usuali in cui si può operare in fase di concia, sebbene sia riportata, in letteratura, alcune evidenze di legame come quello dell’esempio in figura 2 dove si riporta la formazione del legame Si-C evidenziata con tecniche IR. 

 

 

Ritornando, invece nel caso precedente con il glicidossi silano, si può sfruttare, in concomitanza con la polimerizzazione del silano, la chiusura della reticolazione con un altro epossido terminale del polimero su una funzionalità amminica di una seconda catena peptidica, come nell’esempio di figura 3, laddove un supporto è una matrice inorganica come la silica. Quest’ultima è infatti una tecnica utilizzata per l’immobilizzazione di proteine come gli enzimi su supporti solidi, come ad esempio il gel di silice, per reazioni enzimatiche con recupero dell’enzima. 

 

Altro metodo che si può sfruttare è quello di saturare la pelle da conciare con molti gruppi reattivi e in diverse posizioni del polimero solubile in acqua come l’esempio delle dialdeidi polisaccaridi. In questo caso il numero di gruppi aldeidici e molto maggiore di quello che può essere effettivamente coinvolto nella reticolazione, ma questo da una maggiore versatilità e possibilità di incontrare i gruppi amminici da legare. 

Infine, un esempio interessante di concia con i polimeri è dato dalla concia all’olio, dove tra le teorie sul meccanismo di stabilizzazione vi comprende quello di una formazione di una guaina protettiva attraverso l’instaurarsi di una polimerizzazione Dies Alder, oltre alle reazioni con formazione di Aldeidi e/o con formazioni di perossidi o epossidi reattivi come quello evidenziato sotto. 

Quest’ultima considerazione ha dato origine ad un nostro approfondimento sulla concia all’olio basata su sostanze e meccanismi di reazione diversi. 

Nella fattispecie si è provveduto a funzionalizzare un olio insaturo con anidride maleica attraverso una reazione di addizione Diels Alder per costruire una molecola reattiva in cui fosse possibile una modulazione del numero dei gruppi reattivi su un supporto ad alto peso molecolare. 

La reazione di attacco dell’anidride maleica all’olio contenente doppi legami può avvenire anche, con minor resa, per via radicalica se vengono coinvolti degli iniziatori come perossidi. In ogni caso l’anidride maleica mantiene il suo ciclo chiuso e la sua elevata intrinseca reattività verso alcoli e ammine ad esempio. Nell’esempio sotto si formula la particolare reazione Diels Alder di addizione su un alchene come i nostri oli polinsaturi. Successivamente si può provvedere allo sfruttamento della reattività dell’anidride verso i gruppi delle catene laterali peptidiche, per esempio i gruppi amminici, per reticolare il collagene. 

Questa reazione avviene facilmente a formare un legame ammidico stabilizzante anche a basse temperature. 

Tale processo e prodotto è stato sfruttato come alternativa agli oli marini per la produzione del pellame Chamois o conciato all’olio. 

La concia all’olio è nota già dagli anni ’50, nella nostra sperimentazione si è proceduti attraverso sostanzialmente le stesse fasi: 

  • stabilizzazione organica (Glutaraldeide) 
  • disidratazione 
  • Impregnazione con olio 
  • aggiunta di Alcali blandi, tensioattivi; acqua, temperatura 60 C° (in questo caso si differenzia dalla tradizionale laddove avviene un’ossidazione con aria calda) 
  • lavaggio 
  • recupero dell’olio in eccesso 

 

I vantaggi di questa concia rispetto a quella tradizionale sono: 

  • Possibilità di utilizzare un Olio non di origine marina costoso 
  • Si evita l’ossidazione dell’olio con aria calda e conseguenti origini di sostanze pericolose (acroleina) e reazioni esotermiche 
  • Evitare l’autocombustione o innalzamento pericoloso della temperatura, 
  • Diminuire i tempi di reazione. 
  • Viene facilitata la rimozione dell’olio in eccesso. 
  • Maggior crosslinking e Tg finali 

 

 

A cura di 

Marco Nogarole, Responsabile del Trasferimento Tecnologico della SSIP

 

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