Dec 10 2025
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DA CPMC – AA VV “Anticipare la sostenibilità nel manifatturiero: sinergie e risultati della survey Solaris – ReStart”
Tra i progetti afferenti alle attività del partenariato esteso PNRR MICS – Made in Italy Circolare e Sostenibile, lo Spoke 7, il progetto 7.02 – ReStart, coordinato dall’Università di Firenze e attivo da gennaio 2023 a dicembre 2025, si distingue per il suo focus applicativo sulle filiere del tessile e della pelle, settori cardine del Made in Italy ma anche particolarmente esposti alle trasformazioni richieste dalla transizione ecologica e digitale. Il progetto è sviluppato in collaborazione con l’Università di Bergamo, l’Università di Brescia e l’Istituto CNR-STIIMA, con un forte coinvolgimento di stakeholder industriali e territoriali. L’obiettivo di ReStart è promuovere l’evoluzione delle supply chain verso configurazioni più resilienti e circolari, attivando modelli predittivi e strumenti analitici validati scientifica- mente. Il progetto mira non solo a ottimizzare processi esistenti, ma a rigenerare le strutture organizzative e le logiche relazionali lungo le filiere, rafforzando la coesione territoriale, la capacità innovativa e l’allineamento con gli obiettivi europei di neutralità climatica, inclusione sociale e trasparenza informativa.
Una filiera sotto pressione: criticità ambientali e strutturali nella filiera della pelle
La filiera conciaria italiana si trova al crocevia tra tradizione artigianale e pressioni trasformative. L’Italia è il primo produttore europeo di pelle lavorata, con oltre il 60% della produzione UE e circa il 20% di quella mondiale. Tuttavia, il comparto è anche tra i più impattanti dal punto di vista ambientale: secondo UNI- DO, la produzione di una tonnellata di pelle può richiedere consumi d’acqua consistenti e generare quantità rilevanti di fanghi e scarti solidi. I processi implicano l’uso di sostanze regolamentate come cromo esavalente, formaldeide e altri composti organici volatili, al- cuni dei quali soggetti a restrizione secondo il Regolamento REACH. Sul piano organizzativo invece, la filiera è frammentata, con nu- merose micro e piccole imprese che operano in condizioni di scarsa digitalizzazione, bassa integrazione verticale e difficoltà di accesso a strumenti di monitoraggio e rendicontazione ambientale. La pressione crescente esercitata dalle normative europee e dai protocolli volontari promossi dai brand (LWG, ZDHC) si scontra con un sistema produttivo che spesso non dispone delle capacità tecniche per rispondere in modo efficiente e tempestivo.
Il modello ReStart: predizione, simulazione e governance
Per affrontare queste sfide, il progetto ReStart ha sviluppato un framework metodologico basato su modellazione predittiva, simulazione multi-agente e raccolta dati empirica, integrando valutazioni legate alla circolarità, indicatori di resilienza e strumenti di supporto decisionale (DSS). Uno dei tratti distintivi del progetto è l’attenzione all’interazione tra fattori ambientali (emissioni, consumo idrico), strutturali (modularità, outsourcing), e terri- toriali (disponibilità infrastrutturale, reti con- sortili). Questa visione consente di superare l’approccio lineare all’efficienza produttiva, abilitando approcci integrati che includano una visione ad ampio spettro sulle filiere pro- duttive.
L’evidenza emersa dalla survey Solaris – Re- Start: la maturità sostenibile delle imprese
Nel quadro del partenariato esteso MICS, i progetti afferenti allo Spoke 4 Solaris e allo Spoke 7 – ReStart hanno avviato un’azione congiunta finalizzata a valutare lo stato del- la sostenibilità nella filiera manifatturiera del settore pelle italiana. La collaborazione, costruita sulla complementarità tra le competenze di Solaris nella digitalizzazione e quelle di ReStart nella riconfigurazione di filiera, si è concretizzata nella progettazione e analisi di una survey strutturata rivolta a un ampio campione di imprese.
Il questionario è stato articolato in cinque sezioni tematiche: strategia aziendale e governance; ecodesign e ciclo di vita del prodotto; tecnologie digitali per la sostenibilità; gestione delle risorse ed emissioni; cultura organizzativa e coinvolgimento degli stakeholder. Le domande, sia qualitative che quantitative, sono state sviluppate con riferimento a framework europei consolidati (tra cui gli indicatori CEI dell’ISO/TC 323 e la tassonomia verde della Commissione UE), permettendo un’analisi robusta e confrontabile tra settori. Circa 50 casi sono stati raccolti per un’analisi approfondita mediante la metodologia fsQCA (fuzzy-set Qualitative Comparative Analysis). Il metodo QCA combina analisi qua- litativa e quantitativa per analizzare configu- razioni causali complesse esplorando come diverse combinazioni di fattori possano con- durre a uno stesso risultato (congiunturalità ed equifinalità). Si tratta inoltre di una tecnica particolarmente utile per campioni di piccole dimensioni e relazioni non lineari.
Questa analisi ha permesso di identificare un set di configurazioni che portano a performance elevate in termini di sostenibilità percepita. La circolarità di prodotto è emersa come condizione necessaria, da affiancare all’impiego di strumenti digitali, quali il Digital Product Passport (DPP) e il Life Cycle Assessment (LCA), all’adozione di modelli di simbiosi industriale e alla presenza di governance robuste e inclusive.
I dati raccolti mostrano come le imprese sia- no consapevoli dell’importanza della transizione sostenibile, ma si trovino in fasi diverse del percorso, a seconda della loro dimensione, delle risorse disponibili e delle strategie adottate. In generale, le aziende di medie dimensioni risultano le più avanzate, grazie a una maggiore disponibilità di capitali e strutture organizzative. Tuttavia, anche alcune microimprese dimostrano buone pratiche, spesso collegate a collaborazioni esterne con università o centri tecnologici. L’analisi delle configurazioni causali emerse dall’indagine sulle imprese della filiera conciaria italiana ha permesso di individuare cinque percorsi distinti attraverso i quali è possibile raggiungere elevati livelli di sostenibilità e circolarità. Queste configurazioni rappresentano modalità alternative, ma ugualmente efficaci, di adattamento alle sfide ambientali, normative e di mercato.

L’analisi delle configurazioni ha evidenziato la presenza di cinque profili aziendali distinti, ciascuno rappresentativo di un diverso approccio alla transizione circolare nella filiera conciaria, riassunti in Figura 1. Le organizzazioni più avanzate (AO) risultano quelle più coerenti con il modello analitico proposto, distinguendosi per un’elevata propensione all’innovazione, un forte orientamento alla sostenibilità del prodotto e l’adozione diffusa di tecnologie avanzate, sostenute da una leadership solida, sebbene ostacolate da costi e rischi tecnologici. Le imprese conoscitive (KC), pur non avendo sempre accesso alle tecnologie più evolute, valorizzano il capitale umano, puntando su formazione e innovazione di prodotto per attuare strategie sostenibili. Le grandi aziende circolari (LSC) uniscono capacità innovativa, forza lavoro strutturata e investimenti in formazione, potendo contare su infrastrutture adeguate per diffondere pratiche sostenibili su larga scala. Le piccole imprese circolari (SC) compensano la limitata dimensione e la ridotta disponibilità di risorse con un forte impegno nell’innovazione e nella circolarità di prodotto, dove il ruolo della leadership è cruciale nel guidare il cambiamento. Infine, le organizzazioni controverse (CO) operano con livelli tecnologici contenuti, ma adottano pratiche alternative come l’efficienza energetica e il risparmio idrico, soprattutto in contesti tradizionali della filiera come con- cerie o calzaturifici artigianali, dove la circolarità emerge da esigenze operative più che da strategie sistemiche.
Evidenze e sviluppi
In generale, tra le strategie per la circolarità più adottate emerse dall’indagine, spiccano l’efficienza energetica, la riduzione dell’uso di sostanze chimiche e il risparmio idrico. Al contrario, risultano ancora limitate le azioni legate al riuso dei rifiuti e alla valorizzazione del prodotto a fine vita, probabilmente a causa della maggiore complessità tecnica e logistica che esse comportano.
Un elemento trasversale emerso è l’attenzione al prodotto: le aziende tendono a focalizzarsi sul rendere più sostenibile il prodotto finito, ad esempio riducendo i chimici pericolosi o migliorando la tracciabilità ambientale, piuttosto che sull’intero ciclo produttivo. Questo orientamento è particolarmente evidente nei risultati dell’analisi comparativa qualitativa (fsQCA), che ha identificato l’interesse verso la circolarità di prodotto come condizione necessaria per il successo in termini di sostenibilità.
Le configurazioni più efficaci identificate suggeriscono che esistono percorsi alternativi per raggiungere elevati livelli di sostenibilità. Alcune imprese si distinguono per l’adozione

di tecnologie avanzate, altre per un forte investimento in formazione e cultura aziendale. In particolare, si è osservato che anche imprese di piccole dimensioni possono ottenere ottimi risultati se adottano pratiche focalizzate e coerenti con le proprie capacità operative. Tuttavia, l’indagine ha anche evidenziato limiti strutturali, tra cui una scarsa diffusione della formazione interna: solo una minoranza di aziende coinvolge sistematicamente il personale nei temi della sostenibilità. Inoltre, persistono difficoltà nella gestione dei rifiuti, in particolare nel settore calzaturiero, dove le trasformazioni multiple dei materiali rendono più difficile il recupero.
Nel complesso, lo studio suggerisce che la filiera italiana della pelle si trovi in una fase di transizione intermedia: se da un lato vi è un buon livello di consapevolezza e alcune pratiche virtuose già diffuse, dall’altro emergono ritardi nell’adozione di approcci sistemici e nell’accesso a strumenti avanzati di governance ambientale.
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