The exhibition entitled “The Glove School of the Italian Leather Research Institute. A heritage that embraces tradition, education and innovation (1952-1975)” was inaugurated on April 17th 2023 at the headquarter of SSIP, located in the Adriano Olivetti Technology Park in Pozzuoli (Napoli).
The event is part of the initiatives for the centenary of “Cuoio Pelli Materie Concianti – CPMC”, the official magazine of the Institute whose first issue was published on August 6th 1923, as bouletin of the Royal Italian Leather Research Institute, founded in the year 1885. The first issue of CPMC in the current year, has a focus dedicated to “Leather and Made in Italy: the new tools for the sustainability and circularity of productions”.
During the last period, was launched a project to valorize the cultural heritage of the “Glove school” hosted at SSIP during more than 20 years (1952-1975) in the heart of Naples. As well known, the finest Italian gloves are crafted by Neapolitan designer and artisans since the 18th Century and the aim of the exhibition is to experience the magic of glove-making in order to preserve tradition and a precious Italian heritage. The design of the project was set up in collaboration with the University of Campania Luigi Vanvitelli Department of Architecture and industrial design, that realized the layout design and the arrangement of visual elements within the glove making items. As part of the exhibition, photos from the SSIP archive will be illustrated for the first time, narrating the development of the training courses and glove production steps, some of which items donated by the decommissioned company Sandro Temin glovemaker. The last section of the exhibition has been dedicated to the glove as an accessory and fashion language in the fashion system between the 50s and 70s. Educational visits are organized with schools and universities offering study courses related to design, fashion and craftsmanship. The way of made gloves always remained the same, but the shapes, colours, folds and finishes of each glove reflect the changes in taste, techniques and design that move the progressive style changes and movements influenced by the global fashion scene.
The initiative was presented for SSIP by the general manager Edoardo Imperiale, Serena Iossa (Head of Polytechnic of Leather) and Carmelina Grosso (Head of the Library), coordinators of the exhibition. To follow, the speeches by Patrizia Ranzo (Department of Architecture and Industrial Design and Head of the Vanvitelli Officina, University of Campania Luigi Vanvitelli), Graziano Balducci (President of SSIP), Fulvia Bacchi (General Manager of UNIC – National Union of the Tanning Industry), Armida Filippelli (Councillor for Vocational Training of the Campania Region), Lise Moutoumalaya (General Consul of France in Naples), Sandro Temin (representative of a historic family of glove makers), Carlo Palmieri (President of the Moda Campania Foundation – Mia and Vice President of Sistema Moda Italia) and Gianni Russo (Russo di Casandrino and President LineaPelle, former president of Unic). The director of Mann – National Archaeological Museum of Naples Paolo Giulierini spoke via video connection.
The Minister of Enterprise and Made in Italy Adolfo Urso, in a letter sent for the occasion to the Director Edoardo Imperiale, underlined: “The leather glove is an accessory in which the essence of Made in Italy is concentrated: craftsmanship, originality, elegance and exclusivity. A sector that continues to preserve, with unchanged passion, the know-how of our craftsmen and which over the years has been able to evolve to preserve its competitiveness. Protection of traditional values and ever greater attention to innovation: a combination at the basis of the renewed success of Made in Italy, well summarized by your sector, and which sees the Ministry of Enterprise and Made in Italy actively engaged alongside businesses. The exhibition also offers the opportunity to enhance the charm of a craft handed down for decades, giving substance to a cultural operation that will characterize the next few months of government action. With the next bill on Made in Italy we will push forward initiatives to promote and valorize the heritage of our country, intervening significantly in the process of training skills. The message must pass that even the manual and creative work, which characterizes the glove like any other Made in Italy product, is art”.
For Information please contact: c.grosso@ssip.it – Tel. +39 081 5979112
Dr. Ms Carmelina Grosso
Head of Library and Documentation Service, Stazione Sperimentale per l’Industria delle Pelli e delle materie concianti (SSIP) /
Scientific coordinator and critical historical research of the exhibition “House of glove”
Click per ascoltare l’audioguida
Nelle forme, nei colori, nelle pieghe e nelle finiture di ogni guanto si rispecchiano i cambiamenti del gusto, delle tecniche e dei comportamenti che muovono complessivamente il progressivo fluire della moda. La varietà di modelli e materiali disponibili alla metà del Novecento ne è la prova più eclatante e misura l’attenzione che allora i sarti rivolgevano a questo ancora indispensabile accessorio, coordinandolo con l’abito e l’occasione per cui era pensato.
Per promuoverne la produzione e l’esportazione all’estero, aziende napoletane e non, collaboravano con i principali atelier e fotografi nazionali, anche nell’ambito dell’Associazione Nazionale Guantai Italiani e de La rivista del guanto italiano, creata dalla stessa Associazione nel 1963.
In questa pubblicazione specialistica, edita fino al 1973, si ritrovano i modi con cui la stampa dal decennio post-bellico stava sostenendo la moda e tutti i settori in essa coinvolti, nella consapevolezza che il suo successo era fortemente basato sul grande serbatoio di competenze e sulla grande qualità dei manufatti artigianali creati nella rete di laboratori diffusa sull’intero territorio nazionale. In tal senso, la comunicazione affida alla fotografia e alla grafica il compito di promuovere anche fabbricanti di guanti in pelle, in tessuto e a maglia, produttori ed esportatori di pelli grezze, conciate e tinte, tra i quali appaiono quasi esclusivamente nomi di aziende attive tra Napoli e provincia (Ariston, L. Bertona, Ciotola, Esposito, Etma, Gita, A. Portolano, Romanguanti, Giorgio Russo, Umberto Russo, Saici, Samia, Sogip, Rita Squillace, Tevason, Franco Vergona e molti altri), protagoniste nel loro insieme di una produzione di eccellenza della manifattura italiana.
Gli articoli e l’iconografia dimostrano che, all’inizio degli anni Sessanta, dopo il grande successo dei guanti lisci o ricamati in scamosciato nero e capretto bianco, adatti a occasioni eleganti, prendono sempre più spazio quelli corti, concepiti soprattutto per un impiego sportivo. In questa gamma, che evidenzia la sensibilità dei fabbricanti nei confronti del mutamento dei gusti e delle pratiche quotidiane del pubblico, aumenta il numero di guarnizioni e di colori e si dà spazio a combinazioni insolite. Ora, se le scarpe femminili si aprono sul tallone affidando la chiusura a un cinturino, anche i guanti prevedono aperture sul dorso della mano, chiuse da fibbie, bottoni e ganci di vari materiali. La libertà espressiva della moda negli anni del boom economico e delle rivoluzioni giovanili fa sì che questi accessori possano essere sempre più slegati dall’abito e dalle calzature, conservando, invece, criteri più rigorosi e classici per quelli inclusi nei rituali dell’alta moda. Una conversione di usi e indirizzi estetici che impegna fabbricanti e maestranze a successive modifiche tecniche; e porta ad aggiornare le modalità operative pure da parte dei fotografi, i quali non ritraggono più le modelle in scenari urbani o in suggestive ambientazioni interne, ma su fondali anonimi, privi di riferimenti a contesti geografici o architettonici precisi: sul finire del decennio, infatti, l’attenzione delle riprese viene concentrata sui nuovi dettagli e sui sofisticati accostamenti cromatici e materici.
Tuttavia, nei tempi a seguire il cambiamento degli stili di vita fa passare nell’oblio l’utilizzo di questo accessorio, offrendo all’industria della calzatura una pregiata e numerosa manodopera che, infatti, alla chiusura di molti guantifici, venne assorbita nel settore che fortunatamente per Napoli continuò ad essere di notevole consistenza e successo.
(Ornella Cirillo)
SCENARI & STRATEGIE GREEN – Pubblicato su CPMC 1/2021
La filiera conciaria sta investendo molto nella sostenibilità
Intervista a: Federico Testa, Presidente ENEA
Prima in Europa per indice complessivo di circolarità, l’Italia deve dotarsi al più presto di un piano nazionale e di risorse adeguate per
non perdere terreno. La bioeconomia è il traino di ogni economia sostenibile. Ne parliamo con Federico Testa, presidente dell’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, che nel
2018 ha firmato con la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Pelli un protocollo di intesa. L’obiettivo è promuovere ricerche sui
nuovi materiali e ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi nella prospettiva dell’economia circolare.
L’ENEA coordina la Piattaforma Italiana per l’Economia Circolare, l’Icesp, che nel corso della recente conferenza annuale ha indicato le priorità di un piano di azione volto alla definizione di una strategia nazionale per l’economia circolare. Ce le potrebbe indicare?
Le nove priorità nascono per promuovere l’economia circolare come motore per la ripresa e spaziano dalla necessità di una
governance multilivello a un approccio trasversale alla formazione, dall’adeguamento del sistema infrastrutturale all’introduzione di
strumenti economici e strumenti normativi. Prioritari sono anche l’introduzione di strumenti di misurazione, quali indicatori di circolarità, l’ecoprogettazione e la creazione di un mercato dei sottoprodotti riciclati e recuperati. E poi sono essenziali processi decisionali con la partecipazione attiva di tutti gli stakeholder, iniziative di citizen engagement e citizen science.
In Italia le attività connesse alla bioeconomia valgono circa il 20% del Pil, oltre 312 miliardi per 1,9 milioni di occupati. Naturalmente non tutte le attività che appartengono a questo settore hanno lo stesso significato dal punto di vista della sostenibilità. Quali sono le più virtuose e quali le criticità da superare?
Non tutte le filiere della bioeconomia hanno lo stesso valore economico, sociale ed ambientale, così come ogni settore produttivo presenta punti di forza e di debolezza. Sono noti, ad esempio, la competitività e qualità dei sistemi agricolo, forestale e marino, che da soli rappresentano oltre il 60% del fatturato ed oltre il 70% dell’occupazione del comparto della bioeconomia a livello nazionale. Si tratta di settori che tuttavia hanno la necessità di adeguarsi a metodologie produttive che conducano a una più spinta riduzione degli scarti e dei sottoprodotti, oltre che a sfruttarne le potenzialità in termini di nuovi prodotti biobased attraverso l’utilizzo mirato delle Key Enabling Technologies. Tra le criticità, segnalo l’esigenza di raggiungere un’adeguata massa critica nei processi produttivi e di aggiornare alcune barriere normative che impediscono il reale sfruttamento industriale di diversi prodotti bio-based.
Dal rapporto sull’Economia Circolare 2020 curato da ENEA in collaborazione con il Circular Economy Network emerge la prima posizione dell’Italia nel panorama europeo per “indice complessivo di circolarità”, davanti a Paesi solitamente considerati più sensibili, come Germania e Francia.
Il Rapporto 2020 conferma che siamo ai primi posti in Europa in molti settori
dell’economia circolare. Tuttavia, l’andamento temporale degli indicatori mostra che stiamo pericolosamente rallentando e se continuiamo così, corriamo il rischio è di essere superati da altri Paesi. Servono una governance efficace, infrastrutture e impianti, maggiori investimenti nell’innovazione e, soprattutto, una Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, un Piano d’Azione e un’Agenzia Nazionale per l’Economia Circolare. Tutti strumenti che possono essere utilizzati come leve di un percorso di rilancio e
ripresa, soprattutto in questo momento in cui si deve definire il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Il sistema nazionale delle concerie destina più del 4% del fatturato alla sostenibilità confermandosi uno dei settori produttivi più attenti sia sul fronte del riutilizzo dei materiali sia come su quello della neutralizzazione dell’impatto ambientale. Anche per questo nel 2020 si è nuovamente attestata al primo posto in Europa per creazione di valore, con una quota del 65% del totale della produzione. Lo si può considerare come un modello “esportabile” ad altri settori produttivi?
Il settore della conceria ha investito e investe molto in azioni per la sostenibilità ambientale, per il trattamento dei reflui, l’abbattimento delle emissioni, del consumo di acqua, il recupero dei rifiuti, l’utilizzo alternativo dei fanghi di depurazione nell’edilizia o come fertilizzanti. Certamente è un comparto che può essere da esempio per indicare come una strategia focalizzata sulla sostenibilità e sulla circolarità dei processi produttivi possa garantire il miglioramento delle prestazioni ambientali, della competitività e favorire ricadute in altri settori. In questo percorso verso la sostenibilità, ENEA collabora con la filiera conciaria per lo sviluppo di tecnologie innovative, anche attraverso progetti europei. Un esempio fra i più recenti è Lifetan per la sostituzione dei prodotti chimici con prodotti naturali e naturalizzati che consentono di ridurre l’uso di cloro e fino al 20% di acqua nelle lavorazioni.
A cura di Gaetano Amatruda, Ufficio Stampa SSIP
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Rivista di settore: Leather age
La rivista mensile nasce nel 1978 riportando notizie e servizi commerciali per il settore della concia, calzature, borse / scarpe e le industrie affini, offrendo anche accesso ad un portale web.
Attualmente è una delle riviste a maggior diffusione anche in occasione delle fiere, è media partner di IULTCS e del World Leather Congress, con collaborazioni con le più importanti associazioni indiane e il Central Leather Research Institute.
Editore: Y. K. Luthra – Editor & Publisher / 8-B, Paddapukur Road Calcutta, 700 020 INDIA
e-mail: leatherage1978@yahoo.com
Contents: Leather Age, Vol. 43, n.6 maggio 2021
Industria & Innovazione:
Processo di Scelta efficiente
White Leather & White pigments
Tecnologia:
Ottimizzazione del processo di ossidazione nel cuoio chamois utilizzando perossido di benzoile come agente ossidante
Punto di vista:
› L’industria calzaturiera sta tentando di realizzare un solido ecosistema ausiliario al fine di raggiungere economie importanti
› Il cuoio come materiale essenziale per la produzione di tomaia per le calzature dei bambini
Questa rivista e tutte le edizioni precedenti possono essere consultate presso la nostra Biblioteca
Sede Biblioteca
Stazione Sperimentale per I’Industria delle Pelli e delle Materie Concianti srl – c/o Comprensorio Olivetti
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Un percorso che parte da lontano, dal 1885, e che ha accompagnato il Paese in tutte le sue fasi. Il rilancio della Biblioteca, che contiene documenti straordinari, sarà l’occasione per riprendere un cammino antico
SCENARI & STRATEGIE GREEN – Pubblicato su CPMC 1/2021
Intervista a: Luigi Nicolais, Consigliere scientifico Stazione Sperimentale Pelli
“La chimica italiana sta rinascendo e lo sta facendo nel segno del verde”, Luigi Nicolais, emerito di scienza e tecnologia dei materiali all’Università Federico II di Napoli, Consigliere per le Politiche della Ricerca del Ministro Maria Cristina Messa, è tra i più autorevoli esperti al
mondo di innovazione legata alla ricerca applicata. Il suo giudizio sulle potenzialità della bioeconomia è di quelli che pesano. E proprio per questo inducono a spingere sull’acceleratore di una transizione che proprio perché ecologica sarà anche conveniente dal punto vista economico.
Sull’esempio di Francia e Spagna anche l’Italia si è dotata di un Ministero specifico dedicato alla “Transizione ecologica”. Come può incidere questa scelta nel percorso avviato dal sistema produttivo verso un’economia più sostenibile?
Se non c’è una spinta politica non si fa molta strada e quindi plaudo senz’altro all’iniziativa del Governo. Sapere che c’è un forte interesse politico su un settore vuol dire far sentire più sicure le aziende che, altrimenti, non si sentirebbero mai pronte a investire anche solo un centesimo in più in nuovi materiali e nuove tecnologie verdi. Ne ho un’esperienza diretta.
Quale?
Qualche anno fa ho brevettato un materiale assorbente in cellulosa totalmente biodegradabile. Era, ed è, adatto alla produzione di pannolini, quindi parliamo di un mercato molto grande e di conseguenza di un prodotto ad alto impatto ambientale. Bene, quel prodotto non venne usato perché non c’era un chiaro vantaggio economico. Ecco, non c’era una direzione politica. Oggi invece, con i governi nazionale ed europeo impegnati a creare condizioni di vantaggio per chi investe nel settore, le cose possono cambiare e in fretta.
A proposito di mercati, quello della moda è un altro settore molto importante che sta investendo sulla sostenibilità.
Sì e in questo quadro la filiera conciaria ha maturato un’esperienza molto significativa. Un lavoro di ricerca molto approfondito si sta facendo con il supporto della SSIP anche sull’eliminazione integrale dei metalli pesanti dal ciclo produttivo. Oltre agli interventi di recupero degli scarti, la svolta sta infatti nell’eliminare completamente questi prodotti dal ciclo. Una cosa impensabile fino a pochi anni fa e che invece la ricerca rende possibile. E non è un caso che molti di questi passi in avanti vengano dalla filiera conciaria, che per vocazione trasforma un rifiuto non utilizzabile in un prodotto utilizzabile e ad alto valore aggiunto.
La bioeconomia può considerarsi al centro di una nuova politica industriale?
Lo dovrebbe. Nel 2017, il totale delle attività ad essa riconducibili hanno generato un output in Italia di circa 328 miliardi di euro, occupando oltre due milioni di persone, vale a dire un decimo circa del totale dell’economia del nostro Paese. Ma non è solo questo, le faccio un esempio.
Prego.
Quando parliamo di polimeri biodegradabili possono generarsi delle ambiguità. Non tutti i polimeri sono biodegradabili in ogni condizione, molto lo sono a condizione controllata, e cioè a certe temperature, in presenza di acqua, e così via. Una biodegradabilità per sé è difficile accoppiata a una buona resa meccanica. Questo vuol dire che vanno create le aree di compost in grado di processare materiali biodegradabili a condizioni controllate, c’è un pezzo di filiera di economia circolare su cui investire e che promette grandi ritorni, economici e ecologici.
A cura di Gaetano Amatruda, Ufficio Stampa SSIP
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