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Intervista a Daniela Caracciolo, Dipartimento tecnologie per l’ambiente SSIP
Intervista a Daniela Caracciolo, Dipartimento tecnologie per l’ambiente SSIP

Daniela Caracciolo, ha in tasca una laurea in ingegneria chimica con voto 110/110 presso l’Università degli Studi di Salerno, oggi è Coordinatore del Dipartimento tecnologie per l’ambiente della SSIP.

In SSIP arriva nel 1999 vincendo una borsa di studio e, da quel momento, si è occupata di caratterizzazione di acque reflue, rifiuti e fanghi. Con la forma mentis dell’ingegnere chimico, Daniela Caracciolo ha sempre affrontato nuove sfide interessandosi non solo della parte analitica del settore ambientale, ma anche degli aspetti legislativi, sia per poter seguire gli aspetti autorizzativi ambientali che per le assegnazioni del Codice CER ai rifiuti.

 

Come continua e cambia il ruolo della SSIP alla luce degli interventi legislativi e delle nuove sfide?

 

Le leggi in ambito ambientale sono in continua evoluzione ed aggiornamento; dietro la spinta della Comunità Europea vi sono modifiche continue di varia natura e importanza. Solo per citarne alcune abbiamo:

  • in tema di gestione dei rifiuti – dalla soppressione del Sistri, alle varie disposizioni inserite nella legge europea per il 2018, a nuovi interventi sulla questione della cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste) fino alla gestione dei rifiuti con il D. Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.
  • l’evoluzione in materia di autorizzazioni e valutazioni ambientali, a esito del restyling normativo del 2017 e 2020;
  • aggiornamenti in materia di emissioni (idriche e gassose), bonifiche, gestione dei materiali di scavo;
  • aggiornamenti su “altre forme di inquinamento”, in particolare, inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso nonché sui temi delle emissioni odorigene e dei gas ad effetto serra.

Il dipartimento di tecnologie per l’ambiente pone molta attenzione agli aspetti normativi ed ai suoi continui aggiornamenti, in modo da poter affiancare le industrie conciarie, considerando che trattandosi di piccole e medie imprese spesso non hanno internamente una figura dedicata a tali attività, mission che la Stazione Sperimentale ha sempre tenuto a cuore.

 

Il dipartimento che lei guida è centrale. Perché lo sarà sempre di più?

 

Gli aspetti ambientali insieme alla sostenibilità e all’economia circolare, intesa come recupero dei materiali, oggi stanno assumendo un interesse sempre maggiore.

I principali obiettivi del Dipartimento Tecnologie per l’Ambiente sono la messa a punto e lo sviluppo di sistemi innovativi di trattamenti finalizzati al recupero energetico e al recupero delle acque all’interno dei distretti industriali conciari. L’utilizzo di tecnologie innovative grazie alla presenza di nano-agenti modificati e di tecnologie che sfruttano l’ossidazione avanzata, in grado di degradare gli inquinanti recalcitranti presenti nelle acque e trasformare i fanghi conciari in energia e sostanze inerti.

Argomenti di forte interesse per molti settori industriali, come quello conciario, che risultano essere energivori ed utilizzano grandi quantità di acqua.

Nasce l’esigenza di ottimizzare la struttura produttiva per ottenere una più elevata qualità con un minor costo di materie prime, di energia e di impatto ambientale; e allo stesso tempo sono fondamentali la capacità di monitoraggio dei processi energivori e potenzialmente dannosi, e una più accurata e completa gestione dei rifiuti, degli scarti di lavorazione e delle acque di processo e di fognatura, da trasformare in risorsa piuttosto che in un costo socio-economico.

È comunemente riconosciuta l’esigenza di un cambiamento dei modi produttivi e di consumo per renderli più adeguati ad una sostenibilità globale, ambientale e sociale. Ad oggi vi è una diffusa consapevolezza della necessità di processi produttivi competitivi dal punto di vista qualitativo ed economico, ma al tempo stesso praticabili dal punto di vista di un benessere e di una salute visti in modo globale.

 

Sostenibilità e sviluppo. Negli anni passati sembravano temi in antitesi. Oggi non c’è sviluppo senza sostenibilità. Le imprese, a suo giudizio, sono sintonizzate con questa missione?

 

L’accresciuta consapevolezza che lo sviluppo economico stabile e durevole passa attraverso l’incremento della competitività ispirata a criteri di minore impatto ambientale ed utilizzo sostenibile delle risorse, determina la spinta dello sviluppo industriale.

Il mondo dell’alta moda è particolarmente sensibile all’argomento sostenibilità, via motu proprio, o sotto la spinta di associazioni ambientaliste; per questo motivo sono nate associazioni di brand importanti interessate allo sviluppo di programmi per la sostenibilità dei loro prodotti.

Le aziende sanno che per poter essere competitive e rivestire un ruolo leader nel settore di interesse, devono occuparsi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Le imprese sanno anche che oggi riveste un ruolo importante la comunicazione e l’informazione al cliente di quanto impegno si mette in campo per la produzione di un prodotto.

Ciò avviene non solo attraverso le certificazioni ambientali come sistemi, metodologie e strumenti di gestione ambientale (ISO 14001, EMAS, etc.) ma anche di etichette ambientali di prodotto come la PEF (Product Environmental Footprint).

Per poter affermare che un prodotto è sostenibile è necessario analizzarlo con strumenti di valutazione ambientale e socio-economica che ne quantifichino gli impatti sull’ambiente e sui diversi attori della filiera, inclusi i lavoratori, le comunità locali, i consumatori. Riuscire a modellare filiere, spesso complesse e globali, nelle loro relazioni tecnologiche, di mercato e socio-economiche permette di identificare dove è prioritario intervenire e come farlo senza causare trasferimenti di impatto lungo la catena di fornitura e fra comparti ambientali diversi. L’LCA, Life Cycle Assessment, oggi è affiancata dalla Life Cycle Costing e Social-LCA che integrano gli aspetti sociali ed economici.

 

Gaetano Amatruda

Ufficio Stampa SSIP

 

 

Gambicorti: “Il settore normazione è strategico. I metodi standardizzati sono una garanzia di affidabilità”
Gambicorti: “Il settore normazione è strategico. I metodi standardizzati sono una garanzia di affidabilità”

Tiziana Gambicorti, una laurea in chimica indirizzo organico-biologico voto, alla Università di Pisa è, oggi, la responsabile e Ufficio Normazione SSIP, all’interno della Stazione ha maturato diverse competenze dopo significative esperienze nelle multinazionali di settore.

Con le nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini “cuoio”, “pelle” e “pelliccia” e di quelli da essi derivati o loro sinonimi e la relativa disciplina sanzionatoria ai sensi dell’articolo 7 della legge 3 maggio 2019, n. 37 – Legge europea 2018, come cambia il ruolo della SSIP?

 

In realtà la Stazione Sperimentale è stata sempre considerata un’autorità nel campo dell’identificazione del materiale cuoio, così come nell’attribuire l’origine del pelo animale, e Il Decreto 68/2020 ufficializza questo espertise. L’avere questa specifica esperienza si riflette anche sul contribuire ad avere metodi standardizzati adeguati ed aggiornati. Ad esempio, nel maggio del 2020 si è conclusa la revisione del metodo UNI EN ISO 17131, che utilizza il microscopio per identificare il cuoio e distinguerlo da altri materiali. Questa revisione è stata proposta dal nostro laboratorio di microscopia ottica ed elettronica allo scopo di ampliare il tipo di microscopi con cui fare questa importante determinazione ed il nostro ufficio normazione ne ha curato l’iter nelle varie fasi della revisione all’interno della commissione CEN/TC289, dove siamo presenti come esperti italiani.

 

In questo contesto ed alla luce delle attività di sempre, quali le sfide del settore ‘normazione’

 

Il settore della normazione è strategico per la filiera conciaria perché contare su metodi standardizzati è una garanzia di affidabilità sui risultati delle analisi effettuate. Al settore conciario viene richiesto sia per la legislazione cogente, il Reach innanzitutto, ma anche da capitolati privati ed etichette ecologiche, un controllo stringente sulla eco-sostenibilità del prodotto e del processo.

 

Infatti, alle concerie vengono sottoposti sempre più frequentemente MRSL (Manufacturing Restricted Substances List) da rispettare, ovvero viene richiesto che all’interno della catena produttiva certe sostanze o non vengano utilizzate o che vengano utilizzate al di sotto di una certa concentrazione massima. Quindi ciò sposta il controllo analitico dal Product (pellame) a tutti i prodotti utilizzati per conciarlo, ed alle acque di scarico: mentre per il pellame sono molti i metodi che nel corso del tempo sono stati normati e rappresentano ad oggi una sicurezza, per quanto riguarda i chemicals utilizzati in produzione, e quindi le MRSL, esistono pochissimi metodi di analisi ufficiali (ISO/EN) e specifici, qualche metodo del cuoio utilizzabile ufficialmente per i prodotti e tutto il resto dei metodi ancora non normato. Quindi una delle sfide principali della normazione è andare a colmare questo gap: è a tale scopo che come sistema Italia guidato da UNI, abbiamo chiesto alla commissione CEN/TC 289 Leather di attivare un nuovo gruppo di lavoro dedicato proprio alla standardizzazione dei metodi analitici per i prodotti chimici per il settore conciario. Sono stata incaricata, attraverso la creazione di un Ad Hoc Group, di verificare se sussistono le condizioni e sto lavorando attivamente su questo.

 

Un settore in continua evoluzione?

 

A livello di legislazione europea non dobbiamo dimenticare che il Reach è un regolamento in continua evoluzione e che nuove restrizioni che coinvolgono il settore pelle devono essere affrontate anche con lo sviluppo di metodi analitici adeguati. Mi riferisco specificatamente alla proposta franco-svedese di restrizione sulle sostanze sensibilizzanti cutanei nel settore abbigliamento (quindi tessile e pelle) presentata nel 2019. Al momento la richiesta ha superato tutti gli step previsti e si attende, a brevissimo, la decisione finale della commissione europea. Se la richiesta verrà approvata, come si suppone, dovranno essere messi a punto, e standardizzati, una grande quantità di metodi analitici per andare a verificarne, e quantificarne, l’eventuale presenza. Di questo compito sarà investita la commissione CEN/TC 289 Leather, di cui faccio parte: un enorme lavoro, senza dubbio, ma che servirà comunque a tutelare e qualificare il prodotto made in Italy, considerando che più del 60% del pellame prodotto in Europa è fatto in Italia.

 

 

Depurazione 4.0: studio del COD recalcitrante ai sistemi depurativi tradizionali
Depurazione 4.0: studio del COD recalcitrante ai sistemi depurativi tradizionali

Gli impianti di depurazione consortili negli ultimi anni hanno assistito al fenomeno dell’aumento del valore di COD all’uscita del trattamento terziario dei reflui industriali; in questo caso si parla di COD Recalcitrante, ossia resistente ai tradizionali metodi di depurazione.

 

Da studi di letteratura si evince che la causa di questo fenomeno è la presenza, nei reflui in entrata agli impianti di depurazione, di sostanze che non vengono degradate da parte delle colonie di microorganismi presenti nelle vasche di ossidazione, passando, senza subire alcun tipo di degradazione, nel refluo finale scaricato. 

 

Da numerosi studi presenti in letteratura, si è scoperto che moltissime sostanze comunemente utilizzate nelle attività civili, agricole, industriali, risultano essere recalcitranti ai tradizionali metodi di depurazione; 

si tende a suddividerle principalmente in due gruppi: 

POPs (Persistent Organic Pollutants/ Inquinanti Organici Persistenti) 

ECDs (Endocrine Disrupting Chemicals/ Interferenti Chimici endocrini)

 

Le sostanze che fanno parte di questi due gruppi sono: pesticidi, prodotti farmaceutici e per la cura della persona, fragranze, composti ad alto peso molecolare (polisaccaridi, polimeri a basso peso molecolare, polifenoli) e prodotti industriali (solventi, conservanti, ritardanti di fiamma, fungicidi, ecc.). 

Il progetto mira a caratterizzare le sostanze presenti nelle acque provenienti dagli impianti di depurazione consortili e responsabili del COD recalcitrante.La conoscenza di tali componenti può consentire alle aziende conciarie di sostituire i prodotti chimici scarsamente biodegradabili con prodotti adatti alle stesse fasi conciarie ma con una maggiore sostenibilità ambientale e biodegradabilità.

 

In collaborazione con il prof. Trifuoggi dell’Università degli studi di Napoli, Dipartimento di Scienze Chimiche, sono state analizzate le acque in uscita dalla linea di trattamento acque industriali degli impianti di depurazione consortili conciari.

 

Particolare attenzione è stata posta all’analisi degli alchilfenoli etossilati (OPEO ottilfenoli polietossilati e NPEO nonilfenoli polietossilati) in acque reflue.

Per la determinazione analitica degli alchilfenoli etossilati, si può fare riferimento a due metodiche di seguito riportate:

– UNI EN ISO 18857-2;

– ASTM D7742-11. 

Il metodo ISO 18857-2 consiste nell’estrazione su fase solida (cartuccia SPE copolimero stirene-divinilbenzene) del campione acquoso, successiva eluizione utilizzando acetone, derivatizzazione dell’eluato e analisi in gascromatografo massa. 

 

La metodica ASTM D7742-11 consiste nell’analisi diretta del campione acquoso (previa filtrazione su cartuccia 0.45 µm) mediante HPLC, cromatografo liquido ad alta pressione, equipaggiato con rivelatore MS/MS utilizzando la tecnica spettroscopica SRM (Single Reaction Monitoring). 

 

La scelta della metodica da utilizzare può dipendere da vari fattori; la tecnica gascromatografica risulta essere più sensibile ma molto più laboriosa per quanto riguarda il trattamento del campione e permette di analizzare un numero minore di analiti (OPnEO 0 < n < 2, NPnEO 0 < n < 2). Si raggiungono in questo caso limiti di rivelabilità dell’ordine dei ppt (parti per trilione).

 

L’utilizzo della cromatografia liquida risulta meno laboriosa per quanto riguarda la preparazione del campione e permette di analizzare tutta la famiglia degli alchilfenoli etossilati (OPnEO 2 < n < 12, NPnEO 3 < n < 18). In questo caso i limiti di rivelabilità sono dell’ordine di grandezza delle ppb (parti per miliardo).

 

 

a cura di Daniela Caracciolo

Coordinatore Dipartimento Tecnologie per l’Ambiente presso SSIP

 

Pubblicato il: 20 Nov 2020 

Aggiornamenti normazione 2020 sui metodi chimici per il settore cuoio
Aggiornamenti normazione 2020 sui metodi chimici per il settore cuoio

Anche nel corso del 2020 i lavori del WG1 “Metodi chimici” della commissione europea di Normazione “CEN/TC 289 Leather”, connesso tramite il Vienna Agreement alla commissione IUC di IULTCS, hanno permesso di mettere mano a numerosi metodi standardizzati, al fine di renderli maggiormente rispondenti ai progressi in campo analitico.

 

Per quanto riguarda i metodi chimici, nel corso del 2020 sono stati pubblicati i seguenti metodi a conclusione del processo di revisione o di messa a punto. Ognuno di questi sarà oggetto, o lo è già stato, di focus specifici di approfondimento da parte della SSIP.

 

  • EN ISO 14088 (Ed.2) / IUC 32 (Ed. 2) Leather – Chemical tests Quantitative analysis of tanning agents by filter method

 

  • EN ISO 13365-1 / IUC 29-1 Leather – Chemical determination of the preservative (TCMTB, PCMC, OPP, OIT) content in leather by liquid chromatography – Part 1: Acetonitrile extraction method

 

  • EN ISO 13365-2 / IUC 29-2 Leather – Chemical determination of the preservative (TCMTB, PCMC, OPP, OIT) content in leather by liquid chromatography – Part 2: Artificial perspiration extraction method

 

  • EN ISO 17234-1 (Ed.3) / IUC 20-1 Leather – Chemical tests for the determination of certain azo colorants in dyed leathers — Part 1: Determination of certain aromatic amines derived from azo colorants

 

  • EN ISO 20136 (Ed.2) / IUC 37 Leather – Determination of degradation by microorganisms

 

Per quanto riguarda le Norme attualmente in revisione che sono al Formal Vote, ultimo step dell’iter normativo (quindi suscettibili solo di variazioni non tecniche) ricordiamo:

 

  • FprEN ISO/FDIS 17226-1:2018 / IUC 19-1 (Revision of EN ISO 17226-1:2017) Leather

 

Chemical determination of formaldehyde content — Part 1: Method using high performance liquid Chromatography

 

  • FprEN ISO/FDIS 18219-1 / IUC 30-1 (Revision of EN ISO 18219) Leather –

 

Determination of chlorinated hydrocarbons in leather — Part 2: Chromatographic method for short chain chlorinated paraffins (SCCP)

 

  • FprEN ISO/FDIS 18219-2 / IUC 30-2 Leather – Determination of chlorinated hydrocarbons in leather — Part 2: Chromatographic method for middle chain chlorinated paraffins (MCCP)

 

  • FprEN ISO/FDIS 27587 / IUC 26 (Revision of EN ISO 27587:2009) Leather –

 

Chemical tests – Determination of free formaldehyde in process auxiliaries

 

Norme suscettibili di entrare o già in fase di revisione tecnica, su cui si sta lavorando:

 

  • Revision of EN ISO 17072-2:2019 / IUC 27-2 Leather — Chemical determination of metal content — Part 2: Total metal content

 

Non si è ancora deciso se mandare in revisione la norma. Al momento si sta valutando se il metodo è sufficientemente dettagliato nella parte che riguarda la composizione del mix da utilizzare per mineralizzare campioni di pelle particolarmente refrattari alla dissoluzione.

 

  • Revision of EN ISO 23702-1:2018 / IUC 39-1 Leather – Organic fluorine – Part 1: Determination of non-volatile compounds by extraction method using liquid chromatography

 

Sono stati fatti meeting congiunti CEN/TC 289/WG1, TC 309/WG2 (calzature) e TC 248/WG26 (tessile) per stilare una lista unitaria di PFCs da determinare. La parte del lavoro da mettere a punto è quella di identificare le migliori tecniche analitiche a seconda delle caratteristiche chimico-fisiche del PFCs.

 

  • Revision of ISO 17070:2015 / IUC 25 Leather — Chemical tests — Determination of

 

tetrachlorophenol-, trichlorophenol-, dichlorophenol-, monochlorophenol-isomers and pentachlorophenol content

 

La Germania ha preparato un draft con aggiustamenti della norma del 2015, ma durante il meeting si è deciso di rivalutare se il sistema di estrazione (in corrente di vapore) dei clorofenoli da cuoio possa essere sostituito con qualche alternativa più funzionale e che permetta di processare più campioni in parallelo.

 
 
 

Dott.ssa Tiziana Gambicorti

 

Responsabile Ufficio Normazione Esperto commissioni Cuoio UNI, CEN e ISO-IULTCS

 
 
 

CEN/TC 289 Leather: nasce l’Ad Hoc Group sui prodotti chimici per conceria
CEN/TC 289 Leather: nasce l’Ad Hoc Group sui prodotti chimici per conceria

Il 6 e 7 ottobre 2020 si è tenuta la riunione della Commissione di Normazione Europea CEN/TC 289 Leather in modalità web, come ormai avviene dall’inizio della pandemia. La commissione svolge i propri lavori in collaborazione con la commissione internazionale ISO-IULTCS e si occupa di normazione e linee guida (EN, ISO) per tutto ciò che riguarda il settore cuoio; al suo interno sono rappresentati tutti i paesi attraverso i propri esperti nei quattro gruppi di lavoro in cui è articolata (WG1 metodi chimici, WG2 metodi fisici, WG3 metodi solidità, WG4 specifiche tecniche sull’uso del cuoio e terminologia).

 

Gli argomenti trattati nel meeting sono stati numerosi, soprattutto per ciò che riguarda I metodi chimici.

 

La novità più rilevante, da questo punto di vista, è stata la creazione di un Ad Hoc Group che si occuperà della standardizzazione dei metodi per i prodotti chimici per conceria.

 

La nascita di questo nuovo Gruppo scaturisce dall’evoluzione del panorama dei controlli analitici che interessano la filiera conciaria: infatti, tradizionalmente, la verifica della conformità rispetto alle sostanze chimiche indesiderate, identificate da regolamenti comunitari od internazionali (es. Reach, CPSIA) o capitolati privati (tipicamente sviluppati dai brand), si è sempre concentrata sul prodotto finito, ovvero sul pellame prodotto in conceria o sul manufatto in cui viene trasformato. L’attività di standardizzazione ha ben supportato questa necessità di robustezza del dato analitico, ed infatti ad oggi i metodi normati che riguardano le analisi chimiche sul cuoio sono circa quaranta.

 

Negli ultimi anni si è palesata una nuova esigenza: infatti alle concerie vengono sottoposti sempre più frequentemente MRSL (Manufacturing Restricted Substances List) da rispettare, ovvero viene loro richiesto che all’interno della catena produttiva certe sostanze o non vengano utilizzate del tutto o che la loro concentrazione rimanga sotto una soglia massima. Quindi ciò sposta il controllo analitico da Product (pellame) a tutti i prodotti utilizzati per realizzarlo: in questo campo, però, esistono solo due metodi di analisi ufficiali (ISO/EN) e specifici, qualche metodo del cuoio utilizzabile ufficialmente per i prodotti, mentre tutto il resto dei metodi non è ancora normato.

 

Con l’obbiettivo di colmare questo gap è stato creato nel corso del 2017 il gruppo “GL01 Prodotti chimici” all’interno della Commissione di normazione italiana UNI CT/013 “Cuoio, pelli e pelletteria”. A fronte del lavoro cominciato da questo gruppo di lavoro, da parte italiana è nata l’esigenza, e quindi la proposta, di creare un analogo gruppo a livello europeo focalizzato su questa tipologia di metodi a cui sottoporre le proprie proposte, in modo da portare a livello globale il processo di normazione. Un gruppo di questo tipo necessita, come quello italiano, sia dell’espertise di tecnici dei laboratori che siano in grado di sfruttare al meglio le potenzialità degli strumenti analitici, sia quello di esperti dei prodotti chimici che conoscano bene i prodotti nella loro composizione e caratteristiche chimico-fisiche, e che quindi siano in grado di suggerire i migliori approcci analitici nella fase di estrazione dell’analita dalla matrice, prevedibilmente estremamente complessa e diversificata.

 

Quindi, durante la riunione plenaria, da parte dell’Italia (UNI) è stata fatta formale richiesta di costituzione di un nuovo gruppo di lavoro all’interno della CEN/TC 289 specificatamente dedicato allo sviluppo dei metodi analitici per i prodotti chimici per conceria. Considerando che la mole del lavoro da fare è notevolissima – vista anche la richiesta di restrizione Reach pendente sui sensibilizzanti nel tessile/cuoio che allungherebbe ulteriormente la lista di metodi da standardizzare sia sul cuoio che sui prodotti – la richiesta italiana è stata quella di creare un gruppo scisso dal WG1 (chemical methods) considerando che già con i soli metodi per cuoio il WG1 è sovraccarico di lavoro.

 

Nel corso della discussione su questa proposta si sono delineate anche posizioni contrarie da parte di alcuni colleghi europei che hanno sostenuto che WG1 può farsi carico anche di questa incombenza, e che, in ogni caso, sarà piuttosto difficile fare iscrivere nuovi esperti alla commissione di normazione.

 

Si è infine arrivati ad una soluzione di compromesso, ovvero verrà costituito, per un anno, un Ad Hoc Group all’interno del WG1, di cui la Dott.ssa Tiziana Gambicorti della Stazione Sperimentale sarà Project Leader.

 

Durante questo periodo l’AdHoc si dovrà organizzare e tra un anno, al prossimo meeting plenario, si valuterà se dovrà rimanere un sottogruppo del WG1 o si potrà organizzare come WG a sé stante.

 

L’ Ad Hoc Group ha, ufficialmente, questo scopo:

 

  • Arruolare esperti specifici sui chemicals
  • Definire la connessione con IULTCS per usufruire del Vienna Agreement, in caso sia creato un WG specifico
  • Definire uno scopo distinto, responsabilità e programma di lavoro sui metodi per i chemicals per l’industria conciaria da elaborare

 

La Chairman del WG1 riporterà nel prossimo meeting plenario di ottobre 2021 i risultati raggiunti per valutare l’eventuale formazione di un nuovo Working Group.

 

Tutti gli esperti che non facciano già parte delle commissioni di normazione, ed interessati a partecipare, possono mettersi in contatto con il Servizio Normazione (t.gambicorti@ssip.it) per ulteriori dettagli.

 

Dott.ssa Tiziana Gambicorti

 

Responsabile Ufficio Normazione Esperto commissioni Cuoio UNI, CEN e ISO-IULTCS

 
 

Soluzioni tradizionali e innovative per il monitoraggio, la prevenzione e il contrasto allo sviluppo microbico nei cuoi
Soluzioni tradizionali e innovative per il monitoraggio, la prevenzione e il contrasto allo sviluppo microbico nei cuoi

Sebbene il processo conciario abbia tra i principali scopi quello di rendere il materiale imputrescibile, stabile, resistente nel tempo, tuttavia le proteine della pelle in condizioni favorevoli di temperatura, pH e umidità rappresentano un potenziale terreno fertile per la crescita di microrganismi durante tutto il processo di produzione, dalla fase di conservazione della pelle grezza fino all’ottenimento del cuoio finito.

 

Numerose sono le specie microbiche che possono svilupparsi nell’ambito delle produzioni conciarie, con conseguenze che vanno dall’insorgenza di difetti o danni talvolta irreversibili dei manufatti, fino alla possibilità di rappresentare un potenziale rischio per i consumatori di articoli che ne vengano in contatto diretto. Tra i microrganismi maggiormente in grado di rappresentare una minaccia per le produzioni conciarie, ritroviamo batteri, funghi filamentosi e lieviti, che possono essere isolati durante tutte le fasi del processo industriale conciario, fino all’ottenimento del prodotto finito, ed il cui sviluppo può essere condizionato da fattori come, pH e temperatura.

 

In particolare, è possibile riscontrare la presenza di microrganismi appartenenti al regno dei Funghi o Miceti (in particolare alla Divisione degli Ascomiceti), dei generi Cladosporium, Aspergillus e Penicillium, che normalmente si sviluppano ad un pH acido (dal piclaggio al wet-blue, fino al prodotto finito); a pH più alcalini è invece possibile riscontrare la presenza di batteri  aerobi, dei generi Micrococcus, Bacillus, Staphylococcus, Enterobacteriacea, Alkaligens ed anaerobi, ad esempio del genere Clostridium, che sono in grado di danneggiare più profondamente le fibre proteiche in ragione della specifica attività enzimatica.

 

Il controllo dell’attività microbiologica si può eseguire non solo variando alcune condizioni fisiche di lavorazione (temperatura, pH, ecc.), ma più efficacemente tramite l’impiego di agenti chimici battericidi e fungicidi; l’utilizzo di biocidi se da un lato implica benefici per la produzione, dall’altro può rappresentare un potenziale rischio per la salute e per l’ambiente che è necessario controllare e/o minimizzare.

 

I biocidi della cosiddetta “vecchia generazione” erano basati prevalentemente sui composti fenolici come ad esempio il pentaclorofenolo (PCP); questo prodotto, così come anche altri tipi di biocidi a base fenolica, a causa dell’elevata tossicità e per la difficile biodegradazione, è stato sottoposto a severe restrizioni legislative.

 

Attualmente i principi attivi maggiormente utilizzati nella produzione dei principali biocidi dell’ambito conciario sono il 4-cloro-3-metilfenolo (PCMC), il 2-fenilfenolo (OPP), il 2-octil-1,2-tiazol-3-one (OIT) e il 2-(Tiocianometiltio)Benzotiazolo (TCMTB); biocidi misti a base TCMTB e MBT (metilenebistiocianato) forniscono uno spettro di efficacia molto più vasto grazie alla combinazione dell’attività antibatterica del MBT con quella fungicida del TCMTB, rendendo possibile una riduzione della concentrazione d’uso rispetto alle formulazioni tradizionali e un aumento della performance per azione sinergica.

 

Sebbene per tali categorie di biocidi non siano attualmente previsti limiti di utilizzo secondo i vigenti regolamenti in materia, di fatto numerosi capitolati tecnici impongono ugualmente limiti di concentrazione residua nella pelle.

 

In ragione di tali criticità correlate all’utilizzo di biocidi, un importante fabbisogno di innovazione della filiera conciaria può essere identificato con la messa a punto di strategie per la minimizzazione dell’utilizzo di tali sostanze; in questa direzione vanno lette tutte le attuali strategie volte all’impiego di trattamenti antimicrobici dei cuoi, con particolare riferimento ai trattamenti di superficie. Su questo importante topic, la Stazione Sperimentale ha recentemente profuso un impegno crescente, sia nell’ambito delle attività di ricerca interne, che attraverso la partecipazione a Progetti di Ricerca di rilevanza nazionale.

 

Le attività che si muovono in tale direzione, promosse particolarmente nell’ambito di interesse scientifico del Dipartimento di Biotecnologie Conciarie dell’Istituto, vanno dall’implementazione delle attività di monitoraggio dello sviluppo microbico, passando per un rafforzamento del Know How dei tecnici e dei ricercatori in materia di caratterizzazione e riconoscimento delle specie microbiche, prevalentemente mediante Tecniche di Microscopia Ottica ed Elettronica, al trattamento dei cuoi mediante  tecnologie innovative: in tal senso, sono attualmente in fase di studio, soluzioni che prevedono l’impiego nano-agenti, come di nano-particelle d’argento, per la valutazione della relativa attività antimicrobica sui cuoi, nell’ambito del Progetto SINAPSI, cofinanziato dal MISE, in collaborazione con rilevanti imprese di settore, oltre che con il CRF (Centro Ricerche Fiat) e con NANO-MATES (Research Centre for Nanomaterials and Nanotechnology at the University of Salerno).

 

Sono inoltre in programma rafforzamenti di partenariato con altri soggetti, come ISASI-CNR (Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti), al fine di sperimentare ulteriori trattamenti sostenibili, Zero-Chemicals, mediante processi innovativi basati sull’effetto piroelettrico, per sviluppare rifinizioni con proprietà anti-microbiche. In via di implementazione anche la parte di rafforzamento di attrezzature ed infrastrutture funzionali alle attività di controllo e verifica dell’efficacia dei trattamenti, secondo approcci attualmente ispirati agli standard per la determinazione dell’effetto dei trattamenti antibatterici applicati a tessuti (come ad esempio, EN ISO 20743:2013 ed EN ISO 20645:2005), con la prospettiva di intervenire, ove necessario, anche con la messa a punto di metodi ad hoc per il settore.

 

Dott. ssa Claudia Florio 

Responsabile Dipartimento Biotecnologie Conciarie

Coordinatore Didattico – Politecnico del Cuoio

 

Pubblicato il: 30 Ott 2020 

 

Flessione continua (ISO 5402-1): la Germania propone la sostituzione del flessimetro Bally
Flessione continua (ISO 5402-1): la Germania propone la sostituzione del flessimetro Bally

Lo scorso 6 ottobre 2020, dopo un anno di interruzione dei lavori, si è tenuto il virtual meeting della commissione europea di normazione sul cuoio “CEN/TC 289 Leather”.

 

Nell’ambito del Working Group 2 “Prove fisiche e meccaniche” è stata discussa la revisione della norma ISO 5402-1 sulla resistenza alla flessione continua del cuoio. La norma è già stata oggetto di revisione nel 2017 da parte di membri tedeschi rappresentanti del DIN, ma è stata ritirata dopo poco più di un anno a seguito della rilevazione di un errore nella sezione descrittiva del dispositivo di prova che ha determinato problemi non solo ai costruttori, ma anche ai laboratori di analisi accreditati.

 

La proposta tedesca oltre a contenere una errata descrizione della macchina, infatti, definisce una modifica sostanziale della geometria dei morsetti di prova rispetto a quelli tradizionali “Bally”. La motivazione per questo cambiamento è stata la richiesta da parte di alcuni laboratori in Germania che vorrebbero un unico dispositivo utile per la caratterizzazione di tutti i materiali da rivestimento (calzature, calzature di sicurezza, supporti rivestiti e cuoio). Questa motivazione è ovviamente inaccettabile, vista l’elevata diffusione dei tradizionali dispositivi con morsetto “Bally” che diventerebbero da un giorno all’altro del tutto obsoleti, obbligando tutti gli operatori del settore a nuovi ed inutili investimenti in asset di laboratorio.

 

Giuliani Tecnologie di Torino, il principale costruttore italiano di macchine per prove fisiche e meccaniche su cuoio, contattato dalla Stazione Sperimentale ha fornito i propri dati di vendita, informando che sugli oltre 2.000 apparecchi presenti nel mondo, negli ultimi 3 anni non ha ricevuto alcuna richiesta di macchine con i morsetti proposti dai tedeschi.

 

Quanto sopra, rende ancora più debole la richiesta di modifica della norma.

 

Per risolvere la questione la Stazione Sperimentale ha proposto di effettuare una serie di prove interconfronto utilizzando entrambi i morsetti di prova. Soltanto a seguito della raccolta dati e del confronto degli stessi si potrà decidere o meno se considerare quelli proposti nella nuova norma come “alternativi” a quelli tradizionali.

 

Le prove saranno effettuate a livello europeo coinvolgendo aziende costruttrici ed alcuni dei laboratori di prova membri del CEN. Il tutto sarà coordinato dalla Stazione Sperimentale con il supporto di Giuliani Tecnologie e del Gruppo Mastrotto di Arzignano che fornirà il materiale da analizzare.

 

Il report delle prove sarà presentato in un meeting ristretto a fine novembre nel quale di finalizzerà la bozza di norma da proporre al CEN/TC 289 previsto per marzo 2021.

 
 

Dipartimento sviluppo prodotto

 

Ing. Rosario Mascolo

 
 

Nuovi sviluppi di concia sostenibile ed economia circolare
Nuovi sviluppi di concia sostenibile ed economia circolare

Re.Al.Color azienda produttrice di chemicals per il settore conciario e capofila del progetto Ri-Leather in collaborazione con la SSIP presenta alcuni risultati di performance della nuova concia organica I-Tan.

 

Il sistema I-TAN è stato progettato per esaltare le funzioni di un polimero innovativo in grado di formare legami tra catene peptidiche adiacenti del collagene, tale da poter stabilizzare e conciare la pelle.

 

Il sistema I-TAN permette, inoltre, di ottenere pelli esenti da metalli e aldeidi nel rispetto delle normative REACH, ottenendo caratteristiche chimico fisiche in grado di rispettare i capitolati più restrittivi dell’industria manifatturiera nel settore della calzatura, pelletteria, abbigliamento, arredamento e automotive.

 

Il target principale del nuovo conciante è orientato alla realizzazione di pelli METAL FREE ovvero pelli che rispettano la normativa UNI EN 15987:2015, ovvero pelli la cui somma di metalli concianti è inferiore a 1000 ppm 0.1%.

 

 

Caratteristica peculiare delle nuove pelli conciate sono rivolte all’impatto ambientale e allo sviluppo di un’economia circolare; in particolare alla possibilità di recupero o riciclo degli scarti e delle pelli a fine vita.

 

Le pelli conciate I-TAN risultano essere facilmente biodegradabili raggiungendo una biodegradabilità relativa (ISO 20136:2017) pari all’ 80% circa mentre gli scarti provenienti della lavorazione, la rasatura la rifilatura della concia e del crust sono facilmente idrolizzabili per ottenere dei prodotti proteici in grado di avere effetti riconcianti da utilizzare nella stessa produzione di pelli wet white.

 

Al fine di ottenere la biodegradabilità secondo la norma ISO 20136:2017 – leather. Le prove sono state condotte con la collaborazione con SSIP e i laboratori di igiene del dipartimento di Biologia dell’università degli studi di Napoli Federico II.

 

Per il campione di concia ITAN, il grafico evidenzia un raggiungimento di una fase di plateau intorno al giorno 35, in corrispondenza di una percentuale di biodegradabilità pari al 77.9%.

 

 

Lo studio ha, inoltre, interessato la classificazione e smaltibilità secondo i limiti previsti secondo D.M. 27 settembre 2010; dalle analisi sui campioni di campione in esame risulta come rifiuto non pericoloso con codice CER 160306.

 

Marco Nogarole

 

Responsabile Tecnico e dei Servizi alle imprese del Distretto di Arzignano

 Pubblicato il: 12 Ott 2020

 

Glove, Percorsi e storie di guanti a Napoli: alla Fondazione Banco di Napoli la mostra organizzata dalla SSIP. Inaugurazione Mercoledì 22 Gennaio 2025 ore 10.30.

La mostra sarà visitabile sino al 21 febbraio 2025. Info e prenotazioni c.grosso@ssip.it

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