L’uso di coloranti nei processi conciari risale a migliaia di anni fa; i documenti storici mostrano che le antiche civiltà attingevano a fonti naturali come radici, fiori, foglie ed insetti per estrarre i pigmenti per la tintura di cuoio e tessuti.
La Stazione Sperimentale per l’Industria delle Pelli partecipa alla VII edizione del programma Reversed Incubation promosso dall’Università degli Studi di Napoli Parthenope. Per la SSIP è intervenuto Edoardo Imperiale, Direttore generale:
“Siamo orgogliosi di contribuire con le nostre competenze scientifiche e tecnologiche sui temi della circolarità, dell’eco-innovazione e della sostenibilità industriale, mettendo a disposizione know-how e best practices nei processi a basso impatto ambientale, nella valorizzazione dei sottoprodotti della filiera conciaria e nello sviluppo di modelli di simbiosi industriale, in linea con gli obiettivi europei di economia circolare”.
In un sistema manifatturiero in continua evoluzione, il nostro impegno è quello di supportare start-up, giovani innovatori e imprese nella creazione di soluzioni concrete per la transizione green, contribuendo alla nascita di un ecosistema produttivo più resiliente e sostenibile.
Come afferma Edoardo Imperiale:
“Il sapere tecnico e scientifico applicato all’innovazione rappresenta un fattore abilitante per rigenerare le filiere produttive tradizionali: il nostro impegno è orientato a mettere la conoscenza al servizio del cambiamento”.
Durante l’intervento, Imperiale ha ribadito l’impegno della SSIP nella formazione e nella ricerca applicata, offrendo la disponibilità – accolta con entusiasmo dagli organizzatori – ad accogliere studenti e giovani talenti nei nostri laboratori per confrontarsi su nuove idee, prodotti e processi innovativi.
Gli enzimi sono macromolecole che fungono da catalizzatori: accelerano, senza essere consumati, reazioni chimiche in una varietà di processi biologici. Per questa caratteristica, sono ampiamente utilizzati anche in ambito conciario.
In questa terza parte del lavoro è presentata una panoramica dei metodi continui per la determinazione dell’attività enzimatica e dei vantaggi nella speciazione delle attività specifiche degli enzimi.
La necessità di alternative sostenibili ai metodi di concia e finitura. Con l’aumento della domanda di prodotti ecologici, la necessità di alternative sostenibili ai tradizionali metodi di concia e finitura è diventata più che mai urgente. Le innovazioni nel campo dei tannini bio-derivati stanno aumentando, portando a trattamenti interessanti con enzimi proteolitici (Lasoń-Rydel, 2024), peptidi e aminoacidi (Wu, 2020), estratti vegetali (Maier, 2017) e oli vegetali (Covington, 2020). D’altra parte, anche i polisaccaridi, come i derivati cellulosici, l’amido, la gomma di xantano, l’alginato di sodio e il chitosano, sono in fase di studio (Bastanian, 2024). Di fatto, la cellulosa migliora le proprietà della pelle, come la levigatezza della grana, dimostrando che le fonti rinnovabili basate sulla cellulosa possono trovare applicazione in diversi processi di finitura. Anche altre sostanze come nitrocellulosa, metilcellulosa, carbossimetilcellulosa ed etil-cellulosa trovano applicazione nel processi di finitura (Mazotto, 2022). In questo scenario, l’utilizzo dei materiali di scarto per ottenere prodotti di concia e finitura sta diventando sempre più interessante. Ad esempio, il collagene estratto dagli scarti della pelle conciata attraverso un trattamento enzimatico e poi reticolato sulla superficie della pelle (Hao, 2023), o la cellulosa estratta dalla bagassa della canna da zucchero e dai gusci di arachidi (Tamilselvi, 2019), rappresentano due esempi di valorizzazione dei rifiuti, provenienti rispettivamente, dallo stesso settore industriale o da uno diverso. In entrambi i casi, offrono soluzioni promettenti che riducono l’impronta ambientale del settore e promuovono la circolarità del processo. La simbiosi industriale come strumento per ottenere agenti concianti e di finitura dai rifiuti. La simbiosi industriale sta emergendo come una potente strategia per migliorare
la sostenibilità e la circolarità nelle industrie, facilitando l’uso condiviso e il riutilizzo delle risorse. Promuovendo la collaborazione tra diversi settori, questo approccio aumenta l’efficienza delle risorse, riduce al minimo i residui che altrimenti verrebbero smaltiti negli inceneritori o nelle discariche e riduce
l’impatto ambientale. Tuttavia, nonostante i suoi potenziali benefici, la simbiosi industriale rimane sottoutilizzata, a causa delle difficoltà nell’individuare partnership ottimali, nel garantire la compatibilità tra i processi industriali e nel risolvere questioni legate alla logistica. Riutilizzando i materiali di scarto, come fibre, tessuti e prodotti agricoli, i produttori possono ridurre l’impatto ambientale e i costi delle materie prime. Un approccio significativo prevede la lavorazione di residui agricoli come le bucce della frutta, i gusci di noci e le cortecce degli alberi, che possono essere scomposti e trasformati chimicamente in estratti ricchi di tannini adatti alla concia delle pelli. Esempi interessanti di residui agricoli sono i seguenti:
Gli estratti della corteccia di pino, soprattutto se lavorati con etanolo, hanno dimostrato un certo potenziale come agenti concianti ecologici, grazie al loro elevato contenuto fenolico e alle proprietà chimiche adatte alla concia delle pelli (Seabra, 2018).
La sansa umida di oliva, un sottoprodotto della produzione di olio d’oliva, contiene una quantità significativa di tannini ed è stata proposta come agente conciante alternativo (Solé, 2021).
Gli estratti dei fondi di caffè usati sono stati valutati per le loro proprietà concianti e hanno mostrato risultati promettenti in termini di resistenza alla trazione e temperatura di restringimento della pelle conciata (Nasr, 2023).
Questo approccio non solo riduce la dipendenza da materiali vergini, ma si allinea anche ai principi dell’economia circolare, promuovendo l’efficienza delle risorse e la riduzione al minimo dei rifiuti. La biomassa di scarto rappresenta un’alternativa promettente per i processi di finitura ecologica della pelle. Le finiture tradizionali si basano spesso su polimeri sintetici e sostanze chimiche pericolose, ma i progressi della biotecnologia oggi consentono di estrarre composti a base biologica in grado di sostituire queste sostanze. Ad esempio, le proteine e i polisaccaridi derivati da sottoprodotti alimentari, come la crusca del grano, la pectina della frutta e gli amidi vegetali, possono essere incorporati in rivestimenti che migliorano la durata, la consistenza e le ca-
ratteristiche della pelle, promuovendone al contempo la sostenibilità. Allo stesso modo, i residui di fibre naturali, come il cotone e la canapa, possono trasformarsi in agenti di concia e finitura per l’industria della pelle. In questo contesto, i progressi delle tecnologie di riciclo dei tessuti, rivolti a migliorare sia l’efficienza che la scalabilità, possono promuovere ulteriormente questo approccio, generando prodotti di valore dai rifiuti tessili post-industriali e post-consumo. Integrando gli scarti tessili nella produzione della pelle, i produttori possono creare sistemi a ciclo chiuso che riducono l’impatto ambientale
dell’industria tessile, ottimizzano l’utilizzo dei materiali e promuovono iniziative di sostenibilità. Nanocellulosa (NC) derivata da biomassa e tessuti. La nanocellulosa (NC) è un materiale promettente per la lavorazione di pelli e può essere ricavata da varie fonti, tra cui rifiuti alimentari e agricoli ricchi di lignina, emicellulosa e cellulosa (Phanthong, 2018). Inoltre, è possibile ottenerla a partire da tessuti a base di cotone attraverso trattamenti chimici con
acidi o basi, che reagiscono con la cellulosa per indurre l’idrolisi nelle regioni amorfe, con conseguente formazione di nanocristalli di cellulosa (Sathasivam, 2024). Sebbene studi recenti abbiano mostrato risultati promettenti utilizzando l’idrolisi enzimatica e i trattamenti meccanici per la produzione di NC, i processi più comuni richiedono in genere fasi di pretrattamento, come la rimozione di contaminanti con sostanze pericolose, l’uso di acidi corrosivi e tempi di reazione prolungati, che possono portare a basse rese e a un elevato consumo energetico. Nel caso della biomassa lignocellulosica, spesso il pretrattamento prevede soluzioni alcaline, sistemi acido-clorito o agenti ossidanti per rimuovere la lignina e l’emicellulosa. Analogamente, la produzione di NC a base tessile segue percorsi di pretrattamento simili per degradare i coloranti e altri additivi. Alla luce di queste sfide, la ricerca di metodi più sostenibili e rispettosi dellambiente per la produzione di NC da materie prime di scarto è un’area di studio molto importante. Utilizzo di DES come solventi per l’estrazione di NC. In quest’ottica, sono emerse due classi principali di solventi ecologici: i liquidi ionici (IL) e i solventi eutettici profondi (DES) (Verdía Barbará, 2023). Questi solventi condividono proprietà chiave come la bassa volatilità, la stabilità termica e una struttura stabile basata su legami a idrogeno, che consente interazioni con i gruppi funzionali della cellulosa, facilitando la dissoluzione del polimero e migliorando la produzione di NC.
La differenza principale tra DES e IL risiede nella loro composizione. Gli IL sono composti ionici puri che rimangono liquidi a basse temperature (<100 °C), mentre i DES sono miscele di composti che presentano un punto di fusione significativamente inferiore a quello dei loro singoli componenti (in genere <100 °C). Rispetto agli IL, i DES offrono diversi vantaggi, tra cui costi inferiori e una preparazione più semplice, infatti si ottengono mescolando gli ingredienti e scaldando. Inoltre, i DES possono essere formulati utilizzando composti di origine naturale, come gli acidi organici, che agiscono come catalizzatori nell’idrolisi della cellulosa, favorendo ulteriormente la produzione di NC. Queste caratteristiche rendono i DES un’alternativa più sostenibile ed economica
per l’estrazione di NC, rispetto agli IL. Nell’ambito del progetto Waste-End (MICS Extended Partnership – Circular and Sustainable Made in Italy), è stato sviluppato un metodo innovativo per la generazione di NC. Questo metodo impiega un approccio semplice ma efficace per sciogliere i tessuti di cotone, compresi i tessuti di cotone standard e i denim post-consumo, in formulazioni di DES contenenti uno o due acidi organici, miscelati con cloruro di colina o un cloruro metallico. Applicando il riscaldamento controllato e la sonicazione, seguiti dalla precipitazione mediante l’aggiunta di un non-solvente (acqua/ etanolo), è stato possibile recuperare con successo la NC con rese fino all’85% (Karimian, 2025). Il prodotto risultante, che non mostra alcuna
modifica chimica da parte dei componenti del DES, presenta dimensioni dei cristalli su scala nanometrica (Fig. 1a e 1b) e soddisfa i requisiti per le applicazioni nei processi legati alla lavorazione della pelle.
Figura 1: a) Spettri FT-IR di NC prodotte con DES ternario a partire da cotone idrofilo e blue jeans usati. b) Immagine TEM di NC da blue jeans.
Sebbene il processo sia risultato altamente efficiente con i tessuti post-industriali, anche l’uso di policotone post-consumo sembra
promettente. Funzionalizzazione delle NC per la concia. Recenti pubblicazioni accademiche hanno riportato risultati promettenti nelle reazioni di concia su pelle/pellame o substrati di collagene utilizzando vari polisaccaridi. In genere l’efficacia di queste reazioni viene valutata attraverso analisi spettroscopiche, test di stabilità termica e valutazioni antibatteriche (Ding, 2020). Ad esempio, spesso l’alginato di sodio e la cellulosa vengono modificati per reazione con ossidanti, come il periodato di sodio, o con molecole organiche, come gli epossidi ammino-funzionalizzati, per aumentare la loro reattività nei confronti dei gruppi funzionali del collagene o per migliorare le loro proprietà antibatteriche. Nell’ambito di un progetto parallelo del MICS (4.01 SOLARIS – Sustainable Options for Leather Advances and Recycling Innovative Solutions), la derivatizzazione di NC prodotta da scarti tessili è stata ottenuta con successo utilizzando molecole bifunzionali. Anidridi organiche o acidi carbossilici con gruppi aldeidici sono stati usati per collegare la nanocellulosa con le catene peptidiche del collagene, scelte come substrato di riferimento per il pellame. Oltre a queste soluzioni, è stato prodotto anche il nanochitosano attraverso la lavorazione del chitosano in DES. In questo caso, il nanochitosano interagisce direttamente con i peptidi di collagene. È interessante notare che le misurazioni DSC mostrano una migliore stabilità termica per tutte le pelli ottenute rispetto a quella dei peptidi di collagene non trattati (Fig. 2).
Figura 2: Termogrammi in calorimetria differenziale a scansione (DSC) delle pelli ottenute con NC funzionalizzata
Conclusioni. In conclusione, la simbiosi industriale emerge come un driver fondamentale per rafforzare i principi dell’economia circolare estendendo i cicli di vita delle risorse. In questo quadro, diventa auspicabile potenziare il riciclo dei tessuti, attualmente ancora limitato, a sostegno di una lavorazione della
pelle più sostenibile. Questo studio propone un percorso ottimizzato di utilizzo dei rifiuti che integra le proprietà ecologiche e sostenibili della nanocellulosa (NC) per ottenere una valida alternativa ai processi convenzionali di concia e finitura. Utilizzando gli scarti tessili per la produzione di NC, questo approccio offre una soluzione ecologica che si allinea agli obiettivi dell’economia circolare, mitigando al contempo gli impatti negativi dei metodi tradizionali di lavorazione della pelle. Ringraziamenti Questo lavoro fa parte delle attività svolte all’interno del Partenariato esteso MICS (Made in Italy – Circolare e Sostenibile) e ha ricevuto un finanziamento dall’Unione Europea: Next-Generation EU (PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR) – MISSIONE 4 COMPONENTE 2, INVESTIMENTO 1.3 – D.D. 1551.11-10-2022, PE00000004). Questo manoscritto riflette solo le opinioni e i punti
di vista degli autori; né l’Unione Europea né la Commissione Europea possono essere considerate responsabili. Ringraziamo Samuele Lovato per aver fornito alcuni dati preliminari.
La qualità dei prodotti in cuoio è da sempre sostenuta da un elevato livello di competenze tecniche altamente specialistiche e da una contestuale attitudine ad avvalersi di “conoscenze tramandate” secondo una logica artigianale della produzione, che in molti casi caratterizza anche le imprese di dimensioni industriali. Tale approccio qualifica significativamente le produzioni, valorizzando le buone prassi lungo tutto il ciclo produttivo, dalla cura nella selezione delle materie prime, all’analisi puntuale e qualificata delle criticità di ogni singola fase di processo; tuttavia, proprio tale attitudine delle imprese produttrici ad adottare un modello a forte vocazione di tradizione, può talvolta rappresentare un elemento di criticità rispetto all’introduzione di discontinuità dettate da esigenze di innovazione. Da tale premessa emerge la necessità di prevedere un cambio di paradigma, al fine di valorizzare tutti gli aspetti caratterizzanti le produzioni, compresi quelli immateriali, fondati su un patrimonio di conoscenza che consente agli operatori di esprimere una creatività consapevole sul piano della sostenibilità e di far fronte, nel contempo, alle incessanti sfide di innovazione. Ed è proprio su tali aspetti che sono state avviate illuminanti riflessioni, all’alba del terzo anno delle attività del Partenariato Esteso MICS Made in Italy Circolare e Sostenibile, per delineare le prospettive future dei settori produttivi più rappresentativi del Paese e per veicolarne l’evoluzione verso una transizione green e circolare, anche in un’ottica di Simbiosi Industriale, che sottenda un sostanziale cambio di paradigma, come recita il focus di questo numero della rivista: valorizzare la tradizione, senza temere le sfide del futuro; un impegno che sottende una transizione del concetto di “Made in” in quello di “Will make in”. Il Partenariato è pronto, in tal senso, a trovare sempre nuove forme per accompagnare le filiere di riferimento verso questa svolta epocale, attraverso approcci trasversali, multidisciplinari e nel contempo verticali, che assicurino una risposta solida alle più complesse sfide; un percorso che vede tra i protagonisti il settore conciario, che può contare su un numero crescente di infrastrutture scientifiche e reti di competenze dei partner della SSIP, che stanno accompagnando la filiera in una
prospettiva di rilancio di ampio respiro. Nei due primi anni di attività, si sono difatti consolidate, in ambito MICS, collaborazioni che hanno reso possibile affrontare le tematiche più disparate, in grado di concorrere ad un rilancio sistemico dell’intera filiera. I frutti di tale sodalizio scientifico sono stati parti-
colarmente tangibili nell’ambito del Progetto 4.01 SOLARIS – Sustainable Options for Leather Advances and Recycling Innovative Solutions, che ha come capofila SSIP, e che vede come partner l’Università degli Studi di Napoli Federico II, il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino, l’Università degli Studi di Padova, Università degli Studi di Brescia, CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche (Fig. 1).
Fig. 1: graphical abstract del Progetto 4.01 SOLARIS | Fig. 1: graphical abstract of Project 4.01 SOLARIS
Come evidenziano i numerosi studi già pubblicati o presentati a congressi nei primi due anni, riportati nelle tabelle 1 e 2, la nutrita compagine scientifica che ha collaborato al progetto, ha lavorato nei campi più trasversali: dalla progettazione, sviluppo e sperimentazione di nuove molecole per le fasi umido e di rifinizione, derivanti da biomasse da scarti di altri settori, secondo i principi della Simbiosi Industriale; allo sviluppo e sperimentazione di molecole per il conferimento di funzioni aggiuntive alla pelle; alla ricerca e sperimentazione nuovi materiali circolari da scarti di pelle, da utilizzare sia nel settore conciario
che in altre filiere (packaging, aerospace, ecc.); ai nuovi approcci per la diagnostica avanzata e non distruttiva del cuoio, nonché allo studio e sperimentazione di soluzioni per il monitoraggio e la minimizzazione degli impatti, con particolare riferimento al tracciamento di inquinanti mediante sensori nei reflui e nei bagni di concia. Le tipologie di attività portate avanti hanno consentito di ottenere sia risultati di natura immateriale, con riferimento ad un’implementazione del livello di conoscenza sul settore e sulle relative caratteristiche di natura tecnica, che risultati pratici, fino al raggiungimento di proof of concepts (nuove generazioni di pelli realizzate con le nuove molecole di concia, riconcia, ingrasso, rifinizione e nuovi materiali circolari da scarti).
Fig. 2: principali Proof of Concepts del Progetto 4.01 SOLARIS | Fig. 2: main Proof of Concepts of Project 4.01 SOLARIS
Va citato, in tal senso, sul piano dell’implementazione del livello di conoscenza, un imponente impegno congiunto tra i partner sul fronte dello studio dui soluzioni per il trattamento delle acque reflue conciarie, particolarmente mediante impiego di materiali nano-adsorbenti, oltre che medinte impiego di tecnologie membrane-based, come testimoniato da lavori pubblicati, non solo su riviste peer review internazionali (Application of zeolites for efficient tannery wastewater remediation – Environmental Science and Pollution Research, – Volume 32, pages 1073–1094, 2025), ma anche nell’ambito di interi capitoli di libri censiti a livello internazionale (Recovery of valuable material from tannery wastewater- Book Chapter, in Advanced Technologies in Wastewater Treatment – Waste Water Treatment of Leather Industry, Elsevier, Amsterdam, Netherlands, Chapter 2, pp. 125-178, 2025; Chromium recovery from tannery wastewater by zeolite-based materials: A circular and sustainable approach – Book Chapter, in Advanced Technologies in Wastewater Treatment – Waste Water Treatment of Leather Industry, Elsevier, Amsterdam, Netherlands, Chapter 8, pp. 243-262, 2025; Treatment of leather industry effluents by membrane-based technologies -Book Chapter, in Advanced Technologies in Waste-water Treatment – Waste Water Treatment of Leather Industry, Elsevier, Amsterdam, Netherlands, Chapter 5, pp. 29-62, 2025) (Tab.1). Ulteriori approfondimenti verticali, che hanno contribuito ad elevare il livello di conoscenza sulla cultura scientifica conciaria, hanno riguardato studi, comprendenti lavori di tesi di laurea e di dottorato, svolti nell’ambito del
progetto, con focus sulla valorizzazione di biomasse da scarti di altre filiere per l’impiego in ambito conciario, oltre che l’impiego di strumenti per la diagnostica avanzata e per il trattamento superficiale dei cuoi. Sempre in materia di contributo al miglioramento della comprensione di specifici aspetti di tecnologia conciaria, vale la pena inoltre di citare gli studi incentrati sulla caratterizzazione comparativa di intermedi di lavorazione processati con diversi sistemi di concia (al cromo, chrome-free, metal free, con sistemi tradizionali e innovativi), particolarmente, nell’ambito delle collaborazioni tra SSIP e diversi gruppi di ricerca del Politecnico di Torino, rispetto agli aspetti di analisi comparativa microstrutturale e determinazione del potenziale zeta di superficie, nell’ottica di verificare gli impatti dei diversi sistemi di concia, anche non tradizionali sulla reattività della pelle e sulla conseguente efficacia o esigenza di ottimizzazione delle fasi post concia (Ferraris, S., 2023, Florio C. 2023, Gamna F., 2024, Gamna F., 2025 – tabelle 1 e 2). Va inoltre citato l’impegno del partenariato, particolarmente nell’ambito delle collaborazioni tra SSIP e diversi gruppi di ricerca dell’Università degli Studi di Napoli Federico
II, rispetto agli approfondimenti sui processi di film-forming, nell’ottica di studiare soluzioni per l’ottimizzazione dello sviluppo di film a base di chitosano e idrolizzati proteici ottenuti da scarti solidi conciati, previa purificazione e recupero del cromo con materiali nanoassorbenti (attività in collaborazione con il progetto 4.08 SPACE – Sustainable Packaging in a Circular Economy). Numerosi altri approfondimenti verticali investono attività di caratterizzazione e valutazione di caratteristiche di sostenibilità dei nuovi cuoi e materiali circolari ottenuti dagli scarti; va citato in tal senso la sinergia con l’Università degli Studi di Padova e particolarmente con il progetto 4.05 WE-WASTE END, nell’ambito degli studi congiunti sulla messa punto e sviluppo di metodi per la determinazione della biodegradabilità dei nuovi materiali circolari ottenuti da scarti conciari. A questa ingente mole di attività di studi e ricerche, vanno ad aggiungersi le numerose attività finalizzate alla sperimentazione ed allottenimento di proof of concepts (figura 2), particolarmente riguardo allo sviluppo e sperimentazione di molecole come, lignine, nanocellulosa, ed ulteriori concianti e ingrassanti alternativi, oltre che molecole per la rifinizione ottenuti da scarti delle filiere tessile ed agri-food; tali molecole sono state testate nel processo conciario e sono attualmente in corso attività di caratterizzazione per verificare l’efficacia nel conferimento di performance e caratteristiche di sostenibilità, oltre che per testarne la capacità di conferimento di proprietà aggiunte (antiossidanti, idrorepellenti, antimicrobiche, ecc.). Altrettante sperimentazioni hanno riguardato lo sviluppo di materiali compositi da scarti conciarie da scarti di altre filiere, da impiegare nella realizzazione di prodotti per diversi segmenti industriali. Se tali risultati costituiscono già di per sé una solida base scientifica per favorire levoluzione della filiera, sotto molteplici aspetti di innovazione sostenibile e circolare di prodotto e processo, un ulteriore valore aggiunto offerto dal Partenariato Esteso MICS, viene dall’implementazione del livello di sinergia tra un numero maggiore di progetti. Tali collabora-
zioni su tematiche multidisciplinari, consentono di promuovere ulteriori prospettive di sviluppo per i settori di riferimento; a titolo esemplificativo, va citata la recente sinergia attivata tra il Progetto 4.01 SOLARIS ed i Progetti 4.07 ROOTS: gReen sOft rOboTicS e 4.09 AURORA: sustAinable aUgmented pRoducts for spORts and sAfety, una collaborazione finalizzata ad esplorare l’applicazione al cuoio di elementi di sensoristica, in grado di conferire ai prodotti proprietà aumentate, capacità adattive o di rilevamento di dati ambientali e/o biometrici, oltre che l’applicazione di approcci di soft-robotics, per la realizzazione di prodotti in grado di espletare specifiche funzioni, anche in ambiente di lavoro. Gli scenari di sviluppo su tale fronte costituiscono una straordinaria occasione di maturazione tecnologica per il settore conciario, attraverso cui potranno essere esplorati altri segmenti di mercato, oltre a quelli tipicamente connessi ai settori moda, interior design e automotive, che includono il campo biomedicale, quello trasversale dei dispositivi di sicurezza per i lavoratori, fino ad arrivare alla realizzazione di prodotti hi-tech per applicazioni in campo sportivo, militare e aero-space. Tale attività di collaborazione, si innesta peraltro sulla tematica di uno dei Progetti Flasgship di MICS, riguardante “PRODOTTI INTELLIGENTI PERSONALIZZATI A IMPATTO ZERO”, progetti attorno ai quali collaborano in maniera trasversale tutti i partener di MICS potenzialmente in grado di apportare un solido contributo alla tematica.
Un ulteriore livello di sinergia si innesta nell’ambito delle attività di collaborazione tra gli Spoke di MICS (che rappresentano le diverse specializzazioni tematiche del Partenariato). Particolarmente significative, per la filiera del cuoio, le sinergie attive tra lo Spoke 4 – Materiali intelligenti e sostenibili per prodotti e processi industriali circolari e aumentati, su cui si innesta il progetto 4.01 SOLARIS, lo Spoke 3 – Prodotti e materiali green e sostenibili da fonti non critiche e secondarie, lo Spoke 7 – Modelli di business innovativi e orientati al consumatore per catene di approvvigionamento resilienti e circolari e lo Spoke 8 – Progettazione e gestione della fabbrica orientata al digitale attraverso l’Intelligenza Artificiale e gli approcci basati sull’analisi dati. Proprio grazie all’integrazione di competenze e conoscenze innestate nell’ambito di tali aree di ricerca, è possibile attualmente promuovere lo sviluppo della filiera su più livelli: non solo negli aspetti scientifici e tecnologici, in materia di impiego di approcci di green chemistry e tecnologie avanzate per lo sviluppo di nuove generazioni di cuoi e materiali circolari, ma anche nel favorire l’adozione di nuovi modelli di business, per promuovere buone prassi, in un’ottica di Simbiosi Industriale, oltre che in un’ottica di adozione di soluzioni digitali e di intelligenza artificiale per assicurare una gestione sempre più razionale, consapevole e sostenibile delle risorse produttive.
Siamo al terzo anno di MICS. Rispetto al quadro iniziale delle aspettative, quali considerazioni possono essere tratte? Ci sono stati risultati inattesi o nuovi stimoli emersi in corso d’opera?
Un risultato importante, che non definirei inatteso ma che è andato certamente oltre le aspettative, riguarda la capacità di cross-fertilizzazione tra settori. Gli ambiti della moda e del tessile, del legno e dell’arredo, della meccanica e dell’automazione – non avvezzi a collaborare tra loro in maniera strutturale – hanno trovato in MICS un luogo di circolazione trasversale delle idee. Ciò rappresenta indubbiamente un valore, sia per la qualità della ricerca, che si nutre di sollecitazioni differenziate, sia per la possibilità di individuare e adottare soluzioni industriali particolarmente incisive, in quanto applicabili a più contesti. In questo senso, un partenariato esteso come MICS ha saputo essere un catalizzatore di competenze, da un lato, e uno snodo di distribuzione dei progressi di ricerca, dall’altro, agendo a ogni livello della catena dell’innovazione. Non è un caso che il TRL dei nostri progetti, inizialmente basso per non porre limiti all’attività scientifica, sia rapidamente cresciuto, procedendo rapidamente verso uno sguardo di mercato. È il frutto di quell’accelerazione che solo il dialogo continuativo tra esperienze di ricerca e d’impresa può garantire.
MICS racchiude quindi più anime, con Partner di diverse dimensioni, attivi nei tre settori ai quali accennava. In che modo il Partenariato potrà contribuire, anche in futuro, a promuovere azioni di sistema per tutto il “Made in”? Può davvero esistere una visione complessiva, in un contesto così multisettoriale?
Certamente. L’essere un “contenitore” che abbraccia più ambiti – dall’università all’industria, dal pubblico al privato, dalla sostenibilità alla competitività, dallo studio dei materiali a quello dei processi di produzione – è un modello che ci permette di affrontare le sfide a cui è esposto il Made in Italy con un approccio integrato. Non si tratta di standardizzare le risposte, né di far propria una visione dirigista, quanto di perseguire una convergenza di intenti, che
permetta di valorizzare le specificità di ciascun settore avendo però una bussola comune: l’innovazione. In quest’ottica, MICS ha l’ambizione di diventare un punto di riferimento per l’intero ecosistema produttivo italiano, mettendo a disposizione soluzioni tecnologiche e gestionali che rispondano alle esigenze di un mercato sempre più attento a qualità, green e hi-tech. Con il rafforzamento di alleanze e il coordinamento delle azioni, possiamo contribuire a creare un ambiente di ricerca per le imprese solido e coeso, capace di promuovere con efficacia il Made in Italy, a livello internazionale. La nostra struttura coincide con quel fare sistema di cui si è parlato per troppo tempo, senza però attuarlo. I Partenariati Estesi sono un modello interessante e funzionale per dare concretezza a questo giusto principio.
Per restare in tema: come si è evoluto il concetto di “Made in”, anche grazie alle riflessioni alimentate dal Partenariato? Qual è l’eredità concettuale che MICS ha seminato, in questi tre anni di attività?
Il concetto di Made in Italy continuerà a essere un pilastro fondamentale della nostra economia, e in particolare delle nostre esportazioni. Ma non può essere concepito in modo statico. Il mondo cambia, si muove: se non si segue il suo ritmo, si è destinati al declino. Le riflessioni alimentate da MICS, in
questi anni, hanno evidenziato come il “Made in” non riguardi solo l’origine geografica del prodotto, in quanto tale, ma soprattutto la riconoscibilità della sua qualità, che è anche qualità tecnologica: la sua capacità di rispondere alle esigenze di un mercato globale sempre più esigente. La visione che ci guida è
quella di costruire un sistema produttivo che sia competitivo anche in questi termini, che possa valorizzare il nostro patrimonio culturale e artigianale – che resta imprescindibile – attraverso l’adozione di tecnologie avanzate, che diano nuova linfa anche alle produzioni più legate alla tradizione. Il Made in Italy, per continuare ad affermarsi, può solo essere questo: un “Made in” in costante evoluzione. Un “Made in” pensato per il futuro.
Il territorio vicentino vanta un’antica e solida tradizione manifatturiera in diversi ambiti: la concia, ma anche la meccanica e meccatronica, l’oreficeria, il tessile-abbigliamento, l’agroalimentare; e ancora il legno-arredo e la ceramica. Produzioni diverse, che tuttavia hanno un comune denominatore nella necessità di guardare al futuro con un nuovo slancio. Oggi davvero chi si ferma è perduto. I cambiamenti intervenuti negli ultimi anni e quelli tuttora in corso sono stati troppo grandi per pensare di vivere grazie a rendite di posizione. Oggi replicare i prodotti e i modelli di business del passato quasi sempre non può che portare a rimanere sempre più ai margini. Semmai la tradizione va interpretata come esperienza, che questa sì rappresenta un valore strategico. Non dimentichiamo che siamo nell’economia della conoscenza e quando parliamo dei distretti produttivi la conoscenza: è data dal saper fare, ma anche da un tessuto di relazioni, dalla capacità di inventiva… Cose che non si possono ottenere semplicemente analizzando i big data. Tutto questo rimane un vantaggio competitivo strategico per le nostre imprese e per i nostri distretti produttivi.
Come utilizzare questo know how dunque?
Per governare in modo più efficace quel processo di evoluzione continua che oggi deve caratterizzare le imprese se vogliono avere successo. Sotto tutti i punti di vista. Il saper fare, inteso come competenze produttive, conoscenza dei materiali, design, ma anche il padroneggiare la rete dei fornitori, oggi deve
essere visto soprattutto come un vantaggio competitivo nell’innovazione e sviluppo di nuovi prodotti. Dunque non una condizione statica, ma un punto di continua ripartenza per proporre al mercato prodotti e soluzioni sempre nuovi. Analogamente, la conoscenza del mercato deve essere una bussola per orientare questo cambiamento, indirizzando l’evoluzione di prodotto verso le nuove esigenze dei clienti e i gusti emergenti, e quando possibile anticipandoli.
È sufficiente l’innovazione di prodotto per garantire la continuità futura del Made in Italy?
Sicuramente è strategica, ma non è più sufficiente nemmeno questa: oggi le imprese devono affrontare una revisione critica anche dei loro processi organizzativi interni, nell’ottica di migliorare l’efficienza, perché la qualità da sola non basta più, in quanto è cresciuto anche il livello dei competitors. E occorre imparare padroneggiare e applicare strumenti che fino a oggi molte imprese, soprattutto le PMI, hanno guardato con un certo distacco: penso alla digitalizzazione, che non significa avere il sito Internet, ma anche agli strumenti finanziari, perché questa capacità di innovazione continua implica anche investimenti costanti e dunque una rinnovata attenzione all’equilibrio finanziario e al mondo del credito.
Gli enzimi sono macromolecole che fungono da catalizzatori: accelerano, senza essere consumati, reazioni chimiche in una varietà di processi biologici. Per questa caratteristica, sono ampiamente utilizzati anche in ambito conciario.
In questa seconda parte del lavoro è presentata una panoramica dei metodi discontinui per la determinazione dell’attività enzimatica.
◊ Letture presso la Biblioteca della Stazione Sperimentale Pelli ◊
Rivista tecnica: Journal of American Leather Chemists Association – JALCA
JALCA è una rivista storica di notevole impatto scientifico per il settore della chimica conciaria, che pubblica ricerche su tutti gli aspetti della scienza, ingegneria,