Si è tenuto online giovedì 11 novembre il sedicesimo appuntamento del nostro programma di formazione e divulgazione scientifica 2021, il cui obiettivo è trasferire alle imprese e agli operatori del settore le innovazioni e i progetti di ricerca che SSIP ha messo in piedi per il triennio 2020-2022.
Utilizzo delle zeoliti nella depurazione delle acque
Un argomento di interesse rilevante nell’ultimo periodo è l’utilizzo delle zeoliti nell’ambito conciario. Ho fatto un salto indietro nel tempo, fino al 2003, anno in cui mi sono laureata. In quel periodo mi sono dedicata, per la stesura della mia tesi, all’utilizzo delle zeoliti per la concia combinata cromo-zeoliti.
Nell’ambito del Programma di Formazione e Divulgazione Scientifica 2021 della Stazione Sperimentale, giovedì 28 ottobre ore 16:00 si svolgerà il webinar “Speciazione del COD recalcitrante ai sistemi di depurazione tradizionali”.
Si è tenuto online giovedì 30 settembre il tredicesimo appuntamento del nostro programma di formazione e divulgazione scientifica 2021, il cui obiettivo è trasferire alle imprese e agli operatori del settore le innovazioni e i progetti di ricerca che SSIP ha messo in piedi per il triennio 2020-2022.
Trattamento innovativo dei reflui attraverso l’applicazione del processo a fanghi aerobici granulari
Senza voler ripercorrere tutte le fasi che coinvolgono un’acqua reflua durante il processo depurativo, sappiamo che uno degli aspetti più critici del processo a fanghi attivi è da sempre la separazione della biomassa dall’acqua trattata.
Il REACh è il Regolamento dell’Unione Europea n.1907/2006, adottato per migliorare la protezione della salute dell’uomo e dell’ambiente dai rischi delle sostanze chimiche (art.1) e che ha armonizzato la legislazione europea.
Il 1° giugno 2007 è entrato in vigore il Regolamento Europeo 1907/2006/CE per la registrazione, la valutazione e l’autorizzazione delle sostanze chimiche (REACH), che stabilisce una serie di obblighi per i produttori, gli importatori e gli utilizzatori di sostanze chimiche in Europa.
L’Istituto Superiore di Sanità in data 3 aprile 2020 ha pubblicato il Rapporto ISS COVID-19 n.9/2020 con le ‘Indicazioni ad interim sulla gestione dei fanghi di depurazione per la prevenzione della diffusione del virus SARS-CoV-2.
Il documento descrive le modalità operative per la gestione dei fanghi di depurazione, dal recupero al trattamento, smaltimento o riutilizzo, è indirizzato sia ai gestori del servizio idrico integrato, inclusi gli operatori degli impianti di depurazione, sia alle autorità ambientali e sanitarie che operano su tutto il territorio nazionale. Vengono fornite raccomandazioni relative alle modalità di smaltimento dei fanghi trattati, nel rispetto delle prescrizioni normative di riferimento e limitatamente alle circostanze contingenti di emergenza della pandemia COVID-19 in corso.
I principali destinatari di questo documento sono i gestori del servizio idrico integrato, inclusi gli operatori degli impianti di depurazione, le autorità ambientali e sanitarie che a livello nazionale, regionale e locale (province, comuni e altri enti territoriali) sono preposte alla tutela della salute e alla salvaguardia ambientale e sono coinvolte nella prevenzione e gestione di rischi correlati alla contaminazione delle acque.
Non risultano in letteratura, ad oggi, linee guida o valutazioni di rischio specifiche per il virus SARS-CoV-2 in relazione a fanghi di depurazione. È stata comunque di recente diffusa dall’OMS una nota informativa sui rischi da coronavirus nelle acque, incluse le acque reflue di cui i fanghi sono i materiali di risulta.
Per quanto riguarda specificatamente il SARS-CoV-2 in reflui urbani, tracce di RNA virale sono state di recente identificate in Olanda in uno studio effettuato dal RIVM nelle acque reflue di diversi centri urbani, tra cui Amsterdam. Non è invece stata dimostrata la presenza del virus in fanghi di depurazione.
In tale contesto risulta essenziale valutare le condizioni di trattamento dei fanghi in relazione alla plausibilità di persistenza e virulenza del SARS-CoV-2 in questa matrice.
Il trattamento dei fanghi costituisce l’ultima fase funzionale del trattamento di depurazione dei reflui urbani e i prodotti di risulta che ne derivano tendono a concentrare gli inquinanti presenti delle acque reflue trattate. Il processo di trattamento dei fanghi, per essere ritenuto efficace deve garantire una sostanziale riduzione di densità dei patogeni presenti e l’assenza di fenomeni di ricrescita microbica. La riduzione microbica conseguita dal trattamento dipende da fattori intrinseci del processo quali la temperatura, disponibilità di acqua libera e il pH. Per i virus, ad esempio, i fattori che maggiormente influenzano la sopravvivenza sono l’esposizione al calore, il livello di disidratazione, l’antagonismo microbico, l’irraggiamento e il pH. Pertanto, per l’inattivazione del materiale virale infetto, sono particolarmente efficaci trattamenti quali la digestione termofila, la pastorizzazione, il trattamento con calce, il trattamento termico e il lagunaggio. Peraltro, generalmente i trattamenti che consentono il raggiungimento dei migliori risultati relativi alla limitazione dei disagi di tipo olfattivo non sono tuttavia i più efficaci in termini di riduzione microbica.
I fanghi da trattare derivano dai processi di sedimentazione primaria (fanghi primari), di ossidazione biologica (fanghi secondari, biologici o attivi) e di chiariflocculazione (fanghi chimici). Il fango che si origina, dopo parziale riutilizzo lungo la linea di trattamento delle acque, segue una serie di processi (trattamento dei fanghi di risulta o linea fanghi) atti alla riduzione del contenuto di sostanze organiche, della carica microbica e del contenuto di acqua.
L’obiettivo finale è quello di rendere migliori le caratteristiche del fango prima dell’avvio allo smaltimento finale (in discariche o inceneritori) o, tramite un abbattimento sostanziale dei patogeni, al riutilizzo in particolari ambiti (principalmente l’agricoltura).
le temperature che si raggiungono con i trattamenti termofili sono letali per tutti i patogeni se mantenute per un periodo di tempo sufficiente: 30 minuti a 65°C o 4 ore a 55°C durante il processo di digestione. L’essiccamento al calore, a temperature superiori a 80°C, se il contenuto finale di acqua è meno del 10% è un mezzo efficace per abbattere il carico microbico.
Nel caso quindi di fanghi provenienti dal trattamento dei reflui dell’industria conciaria, già di per sé provenienti da reti fognarie industriali dedicate, subendo un trattamento termico finale con temperature superiori a 80°C con contenuti di umidità pari al 9÷10% in peso, si può affermare che le probabilità di presenza del virus SARS-CoV-2 sono quasi pari a zero.
Daniela Caracciolo
Dipartimento tecnologie per l’ambiente
Pubblicato il: 5 Giu 2020 alle 09:29
La Stazione Sperimentale per l’Industria delle Pelli di Napoli (SSIP) è attualmente al lavoro su un innovativo progetto per la depurazione delle acque reflue. “Quello al vaglio è un sistema fotocatalitico che consiste nell’utilizzo di un catalizzatore che viene attivato dalla luce” spiega Daniela Caracciolo, responsabile, insieme a Tiziana Gambicorti, del progetto di ricerca del trattamento di acque reflue e del laboratorio di analisi chimiche di SSIP. Il catalizzatore testato non necessita di grandi quantità di energia per attivarsi, quindi sarebbe sufficiente la luce per innescare il processo di depurazione. “L’energia fa passare gli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione. Questa coppia buca-elettrone può reagire con una specie accettore o donatore di elettroni attraverso reazioni di ossidazione o riduzione e fa quindi sì che le sostanze organiche si degradino, abbattendo il COD nelle acque reflue” aggiunge ancora la Caracciolo. Nel corso della fase sperimentale questo nuovo sistema di depurazione ha dato “ottimi risultati”, sottolinea la responsabile del laboratorio di SSIP, aggiungendo poi che “questo fotocatalizzatore non è influenzato dal range di concentrazione”. Come illustra la Caracciolo, gli esperimenti sono stati svolti con l’impiego di acque da depurare con concentrazioni di COD basse, del tipo 80 milligrammi per litro, ottenendo un abbattimento superiori al 50%; in seguito, le prove hanno riguardato le acque di rifinizione e di tintura, con le prime che avevano una concentrazione di COD pari a 1.200 milligrammi per litro ottenendo il medesimo risultato.
Ma quali possono essere i possibili sviluppi di questo interessante progetto di ricerca? Ecco che cosa spiega la Ing. Daniela Caracciolo:
Al momento il reattore studiato è un reattore Batch, vuol dire che è un reattore che discontinuo ovvero si carica, si fa avvenire la reazione tra catalizzatore, sostanze da degradare e la luce UV, poi si scarica. Si sta studiando la possibilità di rendere tale sistema in continuo utilizzando un reattore PFR. Inoltre, si vuole continuare la ricerca sostituendo la luce UV con la luce solare utilizzando dei pannelli solari.